Passa ai contenuti principali

Le Anguane, sirene del lago di Garda

Torna l’estate, con la speranza di poter ricominciare a spostarsi… e di rivedere il nostro lago. Un luogo che è segnato non solo dalle bellezze naturali, ma anche da alcune interessanti leggende. Quelle sulle Anguane, per esempio. Ne parla Simona Cremonini in: Fantastico Garda. Piccolo popolo, creature straordinarie e animali meravigliosi attorno al lago (2017, edito dall’Associazione Culturale PresentARTsì). 

anguane lago di garda

            Una delle prime menzioni di questi esseri fantastici risale alla seconda metà del XIII secolo ed è contenuta nel De Jerusalem celesti: un poemetto di Giacomino da Verona. Esso è un’immaginosa descrizione della Gerusalemme celeste, palesemente ispirata ai capitoli 21 e 22 dell’Apocalisse. Parlando del canto di lode quivi rivolto a Dio, afferma che esso non trova come paragone “né sirena né aiguana né altra consa ke sia” (v. 168). Dato l’accostamento, si può dedurre che il poeta avesse in mente una creatura femminile dal canto seducente.

Altre versioni del termine citate dalla Cremonini sono: “Agane”, “Aiguane”, “Aquane” (op. cit., p. 23). Tutte sembrerebbero derivare dal latino "aqua”, che non ha bisogno di traduzione; o dal termine popolare “aigua”, che ha lo stesso significato. Quest’ultima è l’interpretazione data da Bongianni Grattarolo nella sua Historia della Riviera di Salò (1599). Per l’appunto, le sue “Aiguane” del lago di Garda sono donne che cantano soavemente, addormentando così pescatori e viandanti. Grattarolo le paragona esplicitamente alle sirene di Omero. Sempre nella sua narrazione, le “Aiguane” sarebbero state preda di caccia da parte dei diavoli, impossibilitati però ad acciuffarle senza un appoggio umano. Una notte, un contadino, sentendo i rumori dell’inseguimento e credendo che si trattasse di normali cacciatori, lanciò grida di incoraggiamento. Il giorno dopo, l’uomo trovò inchiodata alla porta di casa “una mano come di donna”, ma palmata come una zampa d’anatra. Era l’arto di un’Anguana, lasciato come ringraziamento dai diavoli. (Dall’edizione elettronica della “Historia” disponibile a questo link. A Capolaterra di Desenzano del Garda, come racconta la Cremonini (op. cit., p. 24), venivano invece appese alle porte vere e proprie zampe d’anatra, nella Notte di S. Giovanni (24 giugno). Lo scopo era difendere i giovani figli maschi dagli incantesimi delle “Ninfe Tavine”, che avrebbero potuto sedurli. Le zampe d’anatra avrebbero avvisato le voluttuose creature d’acqua che i giovanotti di casa erano già fidanzati. Sempre a Capolaterra, la festa del patrono (S. Giovanni Decollato, appunto) era anche l’occasione per la Festa dell’Anatra (prima domenica di settembre): ogni famiglia era tenuta a procurarsi uno di questi volatili per il pranzo, o almeno le zampe da attaccare alla porta.  

            Insomma, abbiamo un identikit delle nostre Anguane gardesane: seducenti donne-uccello acquatiche dal canto irresistibile. Un’ipotesi riportata dalla Cremonini le ricollega alle “Adganae”, divinità celtiche plurime, che tutelavano proprio le acque alpine. Talora, sono simili alle “lavandaie fantasma” di cui abbiamo parlato nel numero del maggio 2019. Altrove (tra Lazise e Pacengo) cantavano e danzavano nude al chiaro di luna: un rituale?

Quel che è certo è che le Anguane hanno goduto di lunga e variegata fortuna. Oggigiorno, “Anguana” è una casa editrice. Anguane è un lungometraggio girato da Michele Zaupa (2019). In veste di donne-cigno carnivore, compaiono nel singolare manga bresciano Arcana Mundi (2009, vol. III): ideato da Paolo Linetti e stampato dalla Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori.

 

Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 154 (giugno 2020), p. 16.


Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio