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Una CAUSTica commedia

La lettura del Faust di J. W. Goethe mi fu consigliata circa dieci anni or sono da un amico. Attesi d’imparare a masticare un po’ di tedesco –fatica tanto immane quanto pressoché vana- per poterlo leggere con testo originale a fronte. Senza traduzione, non avrei capito un granché; però, suonava bene.             Tra l’altro, nel frattempo, era anche giunta al punto di cottura la mia vocazione alla Goliardia. Perciò, leggendo il Faust, sono andata in brodo di giuggiole, davanti agli spaccati di vita studentesca. L’episodio della taverna di Auerbach (vv. 2073 ss), per esempio, è una chicca e mi ha fatto capire molte cose: che ho ancora tanto da imparare, giusto per dirne una. Il suddetto brodo di giuggiole ha sobbollito ulteriormente, davanti a espressioni gergali come Herr Bruder, “signor fratello” (v. 829) e Philisterhaft, “impaccio filisteo” (v. 6802), che non mi sarebbero risultate altrettanto familiari, un decennio fa...

Biglietto intimo per un nemico

Avrei preferito dirti queste cose poggiando la testa sul tuo petto, in uno di quegli abbracci schivi e fraterni a cui –palesemente- non sei abituato, ma che ti riescono senza sforzo. Non posso aspettare che la fortuna decida quando potrò parlarti, ora che sono così piena di parole spumose. Anche perché ho la sensazione che tutto ciò non riguardi solo noi –come una poesia, che può essere intimista, ma mai intima. Mi dici che sarebbe “violenza”, per te, dover credere giusto qualcosa che le tue impalcature filosofiche rifiutano. Il fatto è che la posta in gioco non sono affatto i tuoi convincimenti, ma le vite di persone che da essi sono (più o meno direttamente) toccate. Se si trattasse solo di te, della tua configurazione come persona… avrei paura di mutare anche solo una sfumatura. Sono folle nel compiacermi di te, della tua ruvida eleganza, del tuo cuore chiuso in uno scrigno di velluto. Sei un bacino conchiuso e comodo, pieno d’un’acqua calda che potrebbe soffocarmi me...

Lucy Westenra (1)

You die, you sleep: Perchance you dream. (2) There are dreadful charms In your fancies; You fall into Death’s arms Like onto a bed of roses. In your core there are fires And ignes fatui; You’re a pit of flames, An alcove of spirits. Descends, descends, lamentable victime, Descends le chemin de l’enfer éternel! (3) The sun won’t lighten Your dancing chasms And your fall will rise From the rose of your senses. Run through the night Like wolves and spasms And escape the Infinity You carry inside yourself! (1)     La prima vittima di Dracula nell’omonimo romanzo di Bram Stoker (1897). (2)     Cfr. William Shakespeare, Hamlet, III, 1. (3)     Cfr. Charles Baudelaire, Femmes damnées – Delphine et Hippolyte (1866), vv. 85-86 (e seguenti).

The Other Side of Darkness

I know, perhaps I’m not The right kind of monster; I don’t belong to your daily nightmare Of noise and chalk powder, Which you cross with your beauty. I come from Nothing And night drank my first cry; My cry called me by name And my name went lost in the wind. I’m the darkness hidden In your blue eyes, The call of the mermaid Who plays with your fair hair. Give up your daily monsters Made of dust and dumbness; If you overcome my lips As red as your fear, Perhaps you’ll discover That the other side of darkness Is Love.

El sueño de Maquiavelo

Vi una muchedumbre insensible y satisfecha. Me dijeron que vivían en el Paraíso. Vi un grupo de hombres discutiendo de política. Me dijeron que vivían en el Infierno. Si me preguntan cuál lugar prefiero, les diré que prefiero hablar de política a vivir en el Paraíso hecho un boludo. PEDRO SHIMOSE “Vidi una moltitudine insensibile e soddisfatta. Mi dissero che vivevano in Paradiso. Vidi un gruppo d’uomini che discutevano di politica. Mi dissero che vivevano all’Inferno. Se mi domandano quale posto preferisco, dirò che preferisco parlare di politica che vivere in Paradiso come un fesso.” (Traduzione di Claudio Cinti) Da: Pedro Shimose, Riflessioni machiavelliche, a cura di Claudio Cinti, prima edizione Sinopia, Venezia 2004. ( Poesia, Anno XXVII, Marzo 2014, N° 291, p. 65).

Riverire e aborrire la Parola di Dio

"Non vorrei vivere in un mondo senza cattedrali. Ho bisogno della loro bellezza e della loro sublimità. Ne ho bisogno di contro alla piattezza del mondo. Voglio levare lo sguardo verso le luminose vetrate e lasciarmi abbagliare dai loro colori soprannaturali. Ho bisogno del loro splendore. Ne ho bisogno di contro alla sporca monocromia delle uniformi. Voglio lasciarmi avvolgere dalla pungente frescura delle chiese. Ho bisogno del loro silenzio imperioso. Ne ho bisogno di contro alle insulse urla da caserma e alle spiritosaggini dei fiancheggiatori del regime. Voglio sentire lo scroscio dell'organo, questo diluvio di suoni ultraterreni. Ne ho bisogno di contro alle stridule, ridicole marcette militari. Amo le persone che pregano. Ho bisogno della loro vista. Ne ho bisogno di contro al perfido veleno della superficialità e della distrazione. Voglio leggere le parole potenti della Bibbia. Ho bisogno della forza irreale della loro poesia. Ne ho bisogno di contro alla devastazio...

Una sporcheria dolcissima

“Sui treni, per salvarsi, per fermare la perversa rotazione di quel mondo che li martellava di là dal vetro, e per schivare la paura, e per non farsi risucchiare dalla vertigine della velocità che certo doveva continuamente bussargli nel cervello quanto meno nella forma di quel mondo che strisciava di là dal vetro in forme mai viste prima, meravigliose certo, ma impossibili perché il solo concederglisi per un attimo istantaneamente rimetteva in corsa la paura, e di conseguenza quell’ansia densa e informe che cristallizzata in pensiero si rivelava a tutti gli effetti nient’altro che il sordo pensiero della morte –sui treni, per salvarsi, presero l’abitudine di consegnarsi a un gesto meticoloso, una prassi peraltro consigliata dagli stessi medici e da insigni studiosi, una minuscola strategia di difesa, ovvia ma geniale, un piccolo gesto esatto, e splendido.             Sui treni, per salvarsi, leggevano. […] Nel sen...