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"La gioia avvenire": intervista con Stella Poli

Questa è un’intervista speciale, perché è dedicata a Stella Poli, amica e compagna d’università. È stata alunna del Collegio Ghislieri e della Scuola Superiore IUSS a Pavia. Attualmente, è assegnista di ricerca presso l’ateneo pavese. Ha pubblicato nientemeno che per i tipi di Mondadori il suo primo romanzo: La gioia avvenire (2023). Ovviamente, come avrei potuto non parlarne con lei? 

La scrittrice Stella Poli

 

1)    Da quanto tempo coltivi la passione della scrittura?

 

Ho imparato a leggere molto presto, da sola. Ho sempre amato leggere; mi manca, a tratti, il modo in cui leggevo da adolescente o da bambina, per ore, senza preclusioni. Ho anche sempre amato scrivere. Mi piacevano i temi in classe, scegliere le parole, quelle particolari, nei cui suoni ti impigliavi.

 

2)    Com'è nata l'idea di questo romanzo?

 

Ha avuto una lunga gestazione. Ha cambiato forma più volte, è passato per vari montaggi di voci. Mi interessava l’idea di intrecciare due piani, non solo temporali, ma anche linguistici.

 

3)    De La gioia avvenire, colpisce sicuramente lo stile. La narrazione procede in modo discontinuo, come seguendo le ondate dei ricordi della protagonista. Il lessico accoglie termini rari, immagini poetiche, turpiloquio (nei dialoghi). La paratassi e i periodi brevi che si susseguono suscitano quasi ansia, a tratti. Non è sicuramente uno stile "standard": mostra un'originalità artistica precoce in un'autrice esordiente. Come si è formato il tuo stile? 

 

Sono sempre stata affascinata dall’evoluzione del linguaggio: le trafile fonetiche, le ricostruzioni etimologiche. Fino alle negoziazioni delle varietà di prestigio o alle infrazioni del parlato. Ho tentato, come dici, di contemperare vari elementi senza mai arroccarmi nella preziosità dello stile: credo che serva sforzarsi sempre di portare il nostro (personalissimo) idioletto a trasparenza necessaria. Lo stile, scriveva Frasca, dovrebbe essere pane spezzato col fruitore.

 

4)    Leggere il tuo romanzo richiede una grande attenzione. Senza spoilerare, possiamo dire che il lettore si trova avvinto in un gioco di specchi che finisce per confonderlo o spiazzarlo. La psicoterapeuta parla della sua paziente, ma ha in mente anche un'altra persona... Possiamo dire che l'esperienza dello stupro ha una sua universalità? Nel senso che le vittime di questa forma di violenza hanno qualcosa che le accomuna, nel modo in cui vivono l'esperienza e la rielaborano?

 

Non so se si possa pensare di universalizzare il trauma, o la violenza. Ci sono forse delle incommensurabilità nelle reazioni singole o nelle condizioni particolari di ogni episodio. E, poi, nelle vicende di ricostruzione che ne seguono. Però, certo, i numeri (spesso approssimativi, perché il sommerso, gli episodi non denunciati, è amplissimo) sono sconvolgenti: ci si rende conto che pochissime passano indenni, fra violenze tentate o agite. 

 

5)     La gioia avvenire è anche il titolo di una poesia di Franco Fortini, alla quale ti sei dichiaratamente ispirata. È una lirica ricca di immagini fortissime, che esprime (appunto) la gioia di poter dire la verità su un dolore lacerante che ci si è portati dentro per troppo tempo. Intendi dire che il riconoscimento della verità è sempre un passo fondamentale per rielaborare un trauma?

 

Fortini parla di Resistenza partigiana, di guerra civile, di una frattura, storica in quel caso, etica, politica, che sembrerebbe più semplice dimenticare, ma, invece, attorno alla quale costruirsi, per non perderla, in qualche modo. Ma sì, sono d’accordo con quel che scrivi: riconoscere, guardare il trauma, è forse il primo passo per poterlo maneggiare, riplasmare.

 

Copertina del romanzo "La gioia avvenire" di Stella Poli

6)     Pensi che sugli abusi e le violenze sessuali esista ancora troppa omertà, in Italia?

 

Sì. Credo che influisca il racconto, collettivo, mediatico, che ne facciamo. E questa radicatissima, ancestrale, anche molto cattolica, interiorizzazione della vergogna e della colpa.

 

7)    Il contesto in cui viene consumato lo stupro narrato nel romanzo è un "mondo piccolo", in cui tutti si conoscono e sembra non esserci posto per "devianze" o minacce. Invece... È forse proprio l'ambito degli amici di famiglia e delle "persone perbene" quello che bisogna temere? E perché?

 

Visualizziamo la violenza attraverso proiezioni schematiche, quasi stereotipe: lo sconosciuto che esce dal buio e ti afferra mentre fai jogging da sola nel parco, ad esempio. Il che, naturalmente, non vuol dire che non esistano aggressioni violente, improvvise, anzi. Però quasi l’ottanta per cento dei casi è compiuto da persone conosciute, talvolta estremamente intime. Questa è la parte che guardiamo meno volentieri, un cono d’ombra funzionale, in qualche modo, a non minare la nostra fiducia nei rapporti.

 

8)    Quello che viene raccontato, a tratti, non sembra neppure (secondo il senso comune) un vero e proprio stupro, perché la vittima era affascinata dal suo "orco" e si è volontariamente appartata con lui più volte. Qual è dunque il discrimine tra violenza e consenso?

 

Questo è un punto importante: i meccanismi con cui visualizziamo lo stupro (lo sconosciuto nel parco buio) sono anche dei meccanismi che ci permettono di proiettare linee precise – l’assalitore, la vittima, il rapporto violento. La realtà, però, a volte è molto meno netta di così: ci sono avvicinamenti, manipolazioni, fiducia pregressa, pulsioni contraddittorie, tentennamenti, letture imprecise delle dinamiche. Nel caso del romanzo, l’età della protagonista è un elemento dirimente, che aggiunge all’elenco inesperienza e ingenuità.

Il consenso è una nozione problematica, anche se necessaria. Mi permetto di consigliare due saggi molto utili e interessanti a proposito: Il sesso che verrà. Donne e desiderio nell’era del consenso di Katherine Angel (Blackie edizioni, 2022) e Di cosa parliamo quando parliamo di consenso. Sesso e rapporti di potere di Manon Garcia (Einaudi, 2022).

 

9)    Naturalmente, non c'è alcun obbligo di fare rivelazioni, ma mi permetto un'ultima domanda: dopo questo notevole esordio, a quali progetti letterari intendi lavorare?

 

Al momento, sto scrivendo racconti molto brevi (la mia prima grande passione). Ma ho un’idea in testa, per ora molto fumosa, che vorrei inseguire nei prossimi mesi.

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