Il
film ripercorre i luoghi della vita di Hitler, cercando di separare la storia
dal “personaggio” e dal “mito”. Video d’epoca si alternano a spezzoni
cinematografici e persino a spettacoli di varietà. Si intravedono gli
acquerelli del giovane Adolf, artista deluso nelle proprie ambizioni. Allo
stesso tempo, si spazia nella contemporaneità: viene mostrata la foresta ove
sorgeva il campo di sterminio di Sobibór, avvolta in un silenzio totale. Riportare
alla luce i resti del campo è un lavoro delicato, al quale gli archeologi si
approcciano con cautela. Sempre nei boschi è la cosiddetta “Tana del Lupo”, uno
dei quartieri generali di Hitler, in Polonia. Si tocca con mano la sensazione
del nascondimento, nel cuore di una natura che fa il suo corso, durante
l’impazzare della storia umana. La morte nel cuore della vita, verrebbe da
dire. Ma non è questa la “magia” che portò decine di milioni di persone ad
affidarsi alla fede nazista.
Essa
consiste nella stessa natura del rapporto fra Hitler e le masse. Abilissimo
oratore e credente nelle abnormità che egli stesso creava, fu capace di
instillare negli altri i suoi stessi “sogni di grandezza” e di farli parere
possibili. Esattamente come celebrità pop quali i Beatles, Hitler si presentava
in pubblico nascondendo le proprie relazioni private, perché ognuno doveva
poter proiettare su di lui i propri sentimenti. Prima dell’ingresso nella
Seconda Guerra Mondiale, l’ “incantesimo” hitleriano diede alla Germania la
sensazione di vivere una “luna di miele” (o un’orgia?).
Quanti
erano al corrente del prezzo di tutto questo? Quanti conoscevano il lato
macabro di quella “grande Germania” in cui pensavano di vivere? Buona parte dell’Olocausto fu nascosta sia durante la sua esecuzione, che in seguito. Ma
c’era qualcuno che sapeva. E già era forte la tentazione di negare, sminuire,
giustificare. Come nella più classica delle relazioni narcisistiche, era
difficilissimo vedere l’orribile realtà dietro lo splendido personaggio
fittizio, dietro il sogno.
Hitler
fu capace di proporsi come Messia che portava parole forti, il Vangelo di una
“illustre nazione capace di qualsiasi conquista”. Dall’altro lato, c’erano
decine di milioni di persone bisognose di sentirsi rivolgere quei discorsi, di
credere in quelle fantasie. Si aggiunga l’umano “istinto del branco”, che (da
sempre e in ogni luogo) ci spinge a unirci ai “nostri”, dando la caccia agli
“altri”. Il nazismo non è solo un fenomeno storico. Ha radici nella nostra
stessa natura e che può svilupparsi (in una forma o in un’altra) non appena
trova terreno fertile e senza ostacoli.
Ancora
oggi, ci sono storici, movimenti politici e youtuber affascinati dal Führer.
L’irrealtà e l’assenza di limiti della rete rende ancora più facile proporre
versioni pop e accattivanti del personaggio. Le manifestazioni ispirate alla
sua ideologia si svolgono alla luce delle torce, nello stesso mix di
romanticismo e orrore in cui consiste la “magia” del nazismo. Una “magia” che
rischia di sfuggire di mano, se non si tocca finalmente la terra, la verità
putrescente su cui si sviluppa il fuoco fatuo dell’illusione. La verità
seppellita a Sobibór.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 174 (febbraio 2022), pag. 9.
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