Mauro Cesaretti…
Mauro Cesaretti nasce ad Ancona nel 1996.
All’età di 6 anni inizia a recitare grazie al teatro Stabile delle Marche; poi
studia pianoforte e canto con vari maestri, e all’età di 11 anni si avvicina al
mondo della poesia seguendo il festival anconetano “La punta della lingua”: di lì a poco dà il via alla sua produzione
poetica che vanta un gran numero di poesie.
Nell’autunno del 2013 pubblica, con la casa editrice Montag, il libro “Se è Vita, lo sarà per sempre”, il primo della trilogia “L’Infinito”, nel quale sono racchiuse
le prime liriche del poeta.
Con questo libro inizia il suo tour letterario in giro per
l’Italia insieme al pianista e cantautore Alessandro
Pellegrini e ad altri artisti, che si conclude, poi, nell’agosto del 2014 a
Filottrano (Ancona), nella serata di
beneficenza per la Siria
organizzata dall’associazione “Nati per
amare insieme”.
Nel gennaio del 2014 crea un’iniziativa tramite YouTube
chiamata “Body Poetry” che vede la
realizzazione di video con il ballerino Luca
Marchetti, esprimendo la poesia per mezzo del corpo.
Nell’agosto del 2014 registra il marchio della “Body
Poetry”, che diventerà una danza da
insegnare nelle scuole di ballo.
Usa come canale di lancio alcune delle sue presentazioni, ma
la prima ufficiale dedicata esclusivamente al progetto avviene nell’aprile del
2015, nell’ultimo giorno della settimana di AnconaCrea, usufruendo dello spazio gestito da ImmobiliArte.
Viene chiamato, inoltre, in alcuni eventi come ospite
d’onore, tra cui dal gruppo dei Feel
Like Home, vincitore della prima edizione del progetto “Impara ad intraprendere” della Confindustria di Ancona nell’aprile
del 2014.
Vanta varie recensioni, articoli e interviste su quotidiani,
blog, radio e televisioni nazionali.
Nel 2013, poco dopo l’uscita del libro, viene chiamato da Veronica My Radio per registrare
quattro pillole pubblicitarie.
Nel 2014 una recensione sulle sue opere viene pubblicata nel
n. 97/98 da l’Osservatorio Letterario, una rivista italo-ungherese; oltre
che un articolo con particolare riguardo al progetto Body Poetry, nel n. 9 della rivista Mondo Lavoro.
Nel 2014 le poesie “Piro”
e “Fine della notte” entrano a far
parte dell’antologia legata alla “XIIesima
edizione di Autori e amici di Marzia Carocci” il cui ricavato è stato
devoluto alla Lega del Filo d’Oro.
Nell’ottobre del 2014 viene chiamato a partecipare, come membro della giuria per la sezione
Giovani, al festival Cortodorico di Ancona.
Nel 2015 la poesia “La
forte bufera di un giorno buio”, inerente al secondo libro di “Se è Poesia,
lo sarà per sempre”, è stata selezionata dall’associazione Napoli Cultural Classic per la
sezione Giovani dell’antologia in merito alla X edizione del “Premio Internazionale
Artistico Letterario”.
Benvenuto Mauro…! Ma, secondo te, l’ambizione dell’essere moderno è
stare dappertutto? E s’è così, essa non ha a che vedere col metodo più
azzeccato per escludersi dal patrimonio sociale?
Se per “dappertutto”
si intende Cosmopolitismo, penso che non ci sia maggior verità di quella espressa
da Seneca: “La mia patria è il mondo intero”. Personalmente non penso ci si debba escludere dal patrimonio
sociale. La ricerca interiore è fondamentale al pari dello scambio
sociale.
Come e dove si scorge un valore qual è l’Amicizia ai giorni nostri?
L’amicizia è sempre
esistita e non ci sono metodi né luoghi dove poter asserire “questo è il
vero significato di Amicizia”. Basta
avere una persona che creda in te, che abbia rispetto di te; e questo già può
essere una buona base per un’amicizia duratura.
La semplicità paga?
Penso decisamente di
sì, però l’artificio ci permette di ricercare e quindi non saprei rispondere in
maniera lineare senza aprire una parentesi filosofica…!
Se per Sogno intendi
anche Utopia, credo che ce ne sia stata di “gente utopica” anche se non sono uno storico per avere
certezze o per argomentare bene tale discorso. Per quanto riguarda la prima
domanda, invece, beh non so se la
Politica sarà mai il sogno di nessuno. Non abbiamo gli stessi
ideali, né tanto meno visioni simili… quindi penso sia impossibile,
irrealizzabile.
Si scrive per rendere ingiuste le parole?
Il verso è
fondamentale nella poesia; però ogni verso può prendere vita sotto diverse
forme di Arte. Quella che mi è sembrata più adatta è la Body
Poetry , una danza che interpreta il testo con il
corpo.
Il successo letterario cos’anima? Quale opera non vedi l’ora di
rileggere e perché?
Il successo letterario
anima la Felicità
anche se, come dice Schopenhauer, “è solo un momento destinato a ritornare
tra il Dolore e la Noia ”. Di conseguenza non si può dormire sugli
allori! Non ci sono opere da rileggere; ma solo da leggere e continuare a leggere!
Come prendi appunti? L’abbreviazione più simpatica e antipatica che ti
capita a tiro?
Non faccio
abbreviazioni. I miei appunti sono schematici anche se talvolta sembrano
appartenere al caos della pagina.
Se tu fossi una ricetta di cucina?
Sono un “buongustaio cosmo-piatto”!
In conclusione, le persone come ti devono stringere la mano?
Forte! Odio le mani
mosce.
… S’è Poesia, lo sarà
per sempre (ed. Montag)
E’ animando
unicamente per il desiderio di mutare il destino nel marasma quotidiano, con la
leggiadria aleggiante verso la bestialità di ambire al precariato, che si
riapre il più forte gesto d’intesa.
Annaspiamo nella goffaggine scaturita dagli attuali
ostacoli, risultando ogni volta costernati e piegati, tanto da non verificare
il percorso di qualsiasi idea da cogliere, da non comprendere il bel limite da
varcare per immergersi nell’oltre, con la solitudine per riflettere su ciò che
non ci riguarda.
La disintegrante miseria dipende da una farsa come da una
ragionevole trappola, facendo sì che la positività si complichi innalzando l’umanità
in maniera tutt’altro che disattesa e col tempo di maturare.
Questo giovane poeta
scorge alcune flebili curanze, donandosi a un profondo lamento compensabile con
l’istantanea da intraprendere usufruendo del meccanismo opportuno.
L’incanto a fronte della disonestà, di un paesaggio
bizzarro, ci relega alla sottoveste delle memorie da rendere eterne; eppure in
fondo esistiamo nel retropalco di uno show che procede con indifferenza.
Secondo Cesaretti, possiamo essere consci d’indirizzarci
sommessamente a un traguardo, ma ora, a scanso dell’ignoto rimuovibile avendo
appurato delle opinioni dure da ritenere improprie, tra le fragilità oscurabili
con l’eccesso di quiete a fine giornata; dentro confezioni spente, sistemazioni
sancite dalla spontanea decadenza.
Assoggettati a un
passato instabile, Mauro cerca il piacere terreno sfoderando le sue capacità,
fermo sotto la copertura di quel vivere che implica la percezione di un’assenza
non identificata.
Passivamente
aspettiamo all’entrata, dura da mirare, di una realtà composta da azzardi
impenetrabili, col jolly che non si evidenzia, paragonabile all’imbrattamento
di quello che siamo, ovvero al dubbio circa ciò che ci apprestiamo a fare.
Sprofondiamo nel buio delle rievocazioni, come se per
emergere dovessimo imprigionarci insolitamente, ripulirci crudelmente per mezzo
di un dolore che sfugge.
Con la consapevolezza
in costante movimento smarriamo dunque l’ampiezza dell’oggetto in questione,
perciò col rancore si forma il vuoto affianco, e peraltro non essendo
all’altezza di motivare uno stato d’emergenza, non riuscendo a individuare la
sincerità nascosta tra le osservazioni, seppur chiunque sia certo d’inquadrare
l’essere che decretò il nefasto frantumandolo.
Ci aspetta quindi una
fine taciturna e nient’affatto appariscente, somigliante a noi specie quando
proviamo il Sentimento.
Occorre scatenare l’emozione con calma, promettendo di non
essere cervellotici quando non avremo più tempo, filando con parsimonia e
lungimiranza un concetto di vita parallelamente all’affetto realizzato.
Col candore da impugnare per aggraziarlo maggiormente, come
a festeggiare in prossimità dell’agghiacciante tramonto.
Nella società
sconvolta, che si fa notare imponendo quasi d’inginocchiarci a seguito dell’irragionevolezza;
senza che si riesca ad aiutare chi sta male.
Ci accomodiamo, una volta serviti e riveriti, a trattare coi
sovrani un bel niente, per poi scuotere magari l’armonia di un nuovo giorno con
il rumore di un paio di pietre che non si sbriciolano, non avendo più modo di
voltarci, dovendo rispettare quella
rigida norma che inverte le esistenze, assistere a una sofferenza di sicura
apatia.
V’è una forza di
volontà incalcolabile, che inabissa mischiando le sorti in trasparenza; che
miriamo amabilmente manco stesse volando in forma celestiale, mentre i peccati
si appesantiscono in definitiva.
Infatti, appena si pronunciò il sonno eterno, illuminante,
uscimmo fuori con tutta la contentezza, volgemmo al silenzio bello che
abbandonato, per dare retta all’amore che sboccia, finalmente.
Cesaretti si rifà vivo in versi, perché è sacrosanto
prendere una corretta decisione, qual è stare svegli oltre l’infinito, spingersi
all’insù, quasi a costo di essere travolto da una corrente, indotto a scendere
e scontare l’onta gravitazionale, la memoria su cui meditare.
Mauro s’immagina paterno, riempie col condizionale l’obbligo
di cambiare, di avere il piacere, assoluto, di cominciare a girovagare per
stare insieme tutti quanti nuovamente, con l’intelletto da sfigurare
saggiamente; di lasciarsi rapire dalle cose che se ne vanno via.
In mancanza di luce viene per forza meno la Morte , ci s’identifica in
combattenti costretti a passare sopra l’anima, con tutte le debolezze che
insorgono, che inteneriscono; da un’epoca di eroi distrutti dall’umanità conservabile,
e che si sfogano: roba da far commuovere, raffinante le gocce di sangue, e che
libera per orgoglio nuovo una serie di emozioni.
Chi muore resta in
superficie, nient’affatto asciutto, e le sue membra fanno silenzio,
appassionando ulteriormente i comuni mortali.
Scompariamo alla
faccia dell’Attualità, inconsapevoli delle conseguenze arrecanti ai nostri
successori dagli eventi negativi, per considerare il nostro respiro,
affezionati a qualsiasi passione premeditata, implorando semmai della serenità
dimenticata tra le colpe immacolate essendo partorite dalla Solitudine.
Il successo lo si
nutre dopo averlo radicato perbene nel dubbio, con una visione direttamente
proporzionale alla decisione presa per baciare il Domani sfocato per non aver
fatto guarire ottimamente le volontà che non ci riguardano, nella mancanza di
tutele per una fede almeno da depurare.
Ci si sveglia per addormentarsi, senza perdere di vista il
Sole, difatti non bisogna trasgredire ciò per badare all’effervescenza di un
insieme di persone.
Levarsi all’alba e coricarsi al tramonto:
non sono altro che le due azioni umane che fanno da parentesi alla vita
di tutti.
Il giorno va vissuto
intimamente per animarlo, a costo di distaccarsi dalla normalità, di aleggiare
per un principio solidale che nessuno riesce più a cogliere con piacere.
L’individuo s’immobilizza per propria fertilità, in attesa
dei rumori, di modulazioni di frequenza incantevoli, che si originano
esclusivamente dall’irraggiungibile quotidianità dimorante tra i nervi, nel
pessimismo.
Per navigare in sé, occorrono mezzi di trasporto da
custodire pacificamente, per naufraghi traccianti vie resistenti al calar delle
tenebre, che credono di esistere nonostante il male di vivere.
Ecco che il poeta si autoconvince circa l’incomprensione
scaturita dal suo pregio, per una dimensione nuova, aldilà degli tsunami
dell’anima, con l’innocenza di chi accelera responsabilmente, versando ogni
cosa per terra con l’umiltà di chi va incontro alla propria memoria; per
ricominciare a pensare a come possono ferire i cambiamenti di un’esistenza da
riscoprire sempre.
Una fisicità dotata di sensibilità serve per stare
tranquilli a dismisura, per ascoltare l’evolversi di una corrente che
immalinconisce date le distanze, in virtù di un linguaggio sprecato dopo averlo
studiato e rinnovato.
Il dolore per chi non
c’è più viene percepito in primavere celanti rifugi che alla vista sembrano
inutili, dacché autentici.
Le nubi comprimono le strutture residenziali, lo scorrere
della vita per conto proprio e quindi in fondo ferma, oltre che le pietre
perduranti, a invadere quasi i percorsi fin troppo naturali per risalire le
vette; mentre nelle vicinanze delle bestie riposano a lungo, la comunicazione
si rende superflua vivacizzandola con fare accecante, e così non possiamo fare
a meno di sperare nel precariato, che ci si accorga del tempo che passa, per
contemplare quello che ci riserviamo, smussando magari le malattie,
esprimendoci in modo solare; per il bene della poesia insomma…!
Ma quello che rimane è la pace del silenzio.
Resta un mutismo infrangibile, e di questo sono fatti
gl’itinerari immensamente consumati con un cammino viziato, elevato
all’inosservanza; che ci rendono la muscolatura palpabile di un essere fragile,
fino ad accettare delle riserve trascritte su un semplice, effimero diario, ma
che non vede l’ora d’essere letto.
Concludo affermando
che ho notato, d’incanto, che la conseguenza fatale di un gesto comune può
essere descritta ancora, spesso, in pochissime parole armonizzanti; che per il
resto, concependo uno stile poetico che va più o meno sul classico seppur la
forma sia libera, v’è un’immedesimazione da condividere, anche al lascito della
Storia (e dei suoi personaggi intrisi d’anonimato, dall’eroismo da
sottintendere), di un elemento, radicale, che si sta riproponendo, spesso
tragicamente, ma senza riuscire a far clamore.
Vincenzo
Calò
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.