Leonardo Manetti …
Leonardo Manetti è nato a Firenze il 12 giugno 1981.
Laureato in viticoltura ed enologia, è un imprenditore
agricolo che ha seguito le tradizioni della sua famiglia, proseguendo
l’attività dell’azienda agricola “Sagrona”,
nata negli anni ‘70.
Ha sempre vissuto a Greve in Chianti, partecipando alla
realtà socio-culturale del paese, soprattutto a quella della Società Di Mutuo
Soccorso.
Le sue passioni sono il suo lavoro, i viaggi, fare teatro e
scrivere poesie.
Ha partecipato a diversi concorsi e rassegne di poesia,
ottenendo numerosi riconoscimenti.
Nel 2013 ha ideato il suo blog, Chianti Poesia.
Al contempo è uscito il suo primo libro di poesie “sChianti” (ed. Tempo al Libro), e con la
pittrice Claudia Cavaliere ha costituito il progetto di pittura e poesia “Quando la poesia colora la pittura”.
Ciao Leonardo… una domanda a bruciapelo: un segno dei tempi a cui non
puoi rinunciare?
Sicuramente Internet. Nonostante tutti gli aspetti negativi
correlati al maggior protagonista dell’età contemporanea, sono senza dubbio
maggiori i vantaggi che si sono avuti dal suo avvento e dalla sua diffusione
capillare. Internet è accessibile da quasi tutti e ha permesso di condividere,
diffondere e conoscere notizie vere e reali in poco tempo e su grandi distanze,
a qualunque persona di poter esprimere un proprio pensiero e sperare che
qualcuno lo legga, e avere un’occasione in più per farsi conoscere tramite
blog, social network e siti. Inoltre ha permesso di abbassare le spese
destinate alle comunicazioni, tenere più facilmente contatti lontani tra le
persone, ed è sempre a portata di mano, uno strumento sempre consultabile.
C’è differenza per te fra mettere ed emettere un ordine?
Beh sì, consiste nell’effettuare un ordine!
Quand’è che un successo diventa socievole?
Io associo l’espressione del successo alle dottrine non
convenzionali, e quindi per me un successo è sempre socievole. Per me un
successo, anche se in realtà non è così, non può prescindere dal valore, dalla
creatività, dall’originalità, dall’amore per la vita in generale e dalla
condivisione genuina tra le persone.
Chi ti piacerebbe intercettare, e perché?
Giulia Michelini, la mia attrice preferita… per sapere dove
ha il prossimo appuntamento. Di conseguenza la raggiungerei per incontrarla!
Come vivi le tue parole?
Le parole che mi escono spontaneamente, sono quelle che io
metto in versi. Le lascio per molto tempo sospese in aria e poi arriva il
momento in cui sento il bisogno di metterle per iscritto, sono piccoli pensieri
dettati dal cuore. Queste parole escono dall’inconscio in determinate
circostanze, emozioni, stati d’animo o accadimenti, e sicuramente il posto dove
vivo, il Chianti, è così bello che fa la sua parte come i valori genuini e
semplici che la mia famiglia e il mondo contadino hanno saputo trasmettermi.
Per me è stata dura fare uscire le poesie e quindi le parole dal cassetto,
perché sono qualcosa di molto personale, e questo significa mettersi a nudo… ma
anche perché pensavo di non essere all’altezza e, a dirla tutta, lo penso anche
ora! I poeti veri sono altri.
Non si smette mai d’imparare a leggere?
Oggi si legge sempre meno, soprattutto se si parla di
poesia. Nel mio libro ho cercato di non fare una semplice raccolta di poesie,
ma di ripercorrere in poesia il viaggio delle due tappe più dolorose ma allo
stesso tempo gioiose della mia vita: un incidente e l’amore, intervallate da
poesie legate alla mia terra che fanno da cornice alle realtà che si presentano
nella vita di ognuno di noi all’improvviso. Ma per raggiungere più persone,
anche per caso, penso che la poesia e l’arte in generale debbano andare
incontro alle persone. Le mie poesie sono uscite dai libri per arrivare in
luoghi non convenzionali a loro, un bar e un bocciodromo, come ho fatto nel progetto
con la pittrice Claudia Cavaliere “Quando la poesia colora la pittura”, quadri
in tecnica mista con le poesie scritte sopra, e come farò in qualche altro
progetto che ho già in mente.
Ti ricordi più di sognare o di risvegliare?
Risvegliare. Il poeta, o meglio, una persona con una
sensibilità speciale, come mi ritengo, vive in un bellissimo mondo a sé e forse
anche un po’ immaginario che è la poesia. Ma è anche un grande amante della
vita in tutte le sue forme, ed è molto reale. Io cerco di scrivere dei versi
che raccontano la vita vera con lo stesso stupore e l’innocenza di quando siamo
bambini, cercando di risvegliare quel fondo fanciullesco che tutti gli uomini
dovrebbero mantenere qualunque sia la solennità delle loro cariche. I bambini
sono sinceri e non temono nulla, i grandi, per timore di creare situazioni
sconvenienti o per semplice convenienza, mentono e sono falsi.
Ci sono più aiuti volontari od involontari nella società di oggi?
Ci sono più aiuti volontari, oggi l’Italia si regge sostanzialmente
sull’attività dei volontari che coprono tutti i campi, dalla cultura alla
sanità.
In conclusione, quand’è che la letteratura diventa problematica?
Molte volte la letteratura è
troppo sofisticata e lontana dalla verità e dalla natura, alcuni scrittori
sono influenzati dalla troppa cultura e dalle troppe mode. Io preferisco
letture pure e semplici, scritture che sembrano un incanto con parole ingenue e
popolari che mi toccano il cuore, ma credo anche quello della gran parte della
gente comune.
… sChianti (ed. Tempo Al Libro)
La poesia può essere semplicemente composta da attimi di
esitazione deliziati dalla sensibilità di una persona che non molla,
ricominciando a vivere d’incantesimi che si schiudono per gesti cordiali, che
si armonizzano flebilmente.
Versi, quelli di sChianti, consci di una gioia totalizzante,
tutta da tastare, di una fonte d’energia da mirare assolutamente (“ La Luna è come il Sole: prima t’illumina e poi se
ne va ”), che altrimenti scompare in un parlato assente, da rendere
coinvolgente spogliandoci del terrore per un destino che nessuno ci può
assegnare con forza (“ Parole senza suono
ci uniscono all’ascolto ”).
Un singolo atterraggio dall’immaginario è in grado di
riaccendere l’umore di Manetti, quella volontà silente nel richiedere
spiegazioni guardandoci con cura, per appoggiarci reciprocamente,
coraggiosamente (“ Un salvagente senza
timore ”), e venire così ritoccati dai raggi solari che a sorpresa ti
confidano che siamo futuribili, seppur oppressi da nubi che fanno presagire
niente di buono, volgendo praticamente lo sguardo all’insù.
La lettura dell’opera è gravida di una curiosità
fanciullesca, ci riporta a un arcobaleno che non puoi fare a meno di osservare
(“ Esclamo ‘che bello’ ”), mentre il
tempo passa normalizzando, scandito da melodie sincere, in un paesello carico
di valori da trasmettere alle nuove generazioni, che si fa scorgere
amabilmente, naturalmente, tra l’umiltà nel coltivare del benessere e la
speranza di rispuntare allegramente dalla terra, a caratterizzare insomma una
località che si è fatta da sé.
V’è tutta una disponibilità da consacrare… limiti umani,
minuscoli, che si approcciano tra di loro, come se sospesi in aria per poi
ricadere, piano, su una stima floreale; come se il poeta appartenesse a una
quiete che gli permette di concentrarsi sulla sua anima, anche a costo di stare
male e ammutolirsi, con la fisicità da sondare, pericolante.
Emerge tanta preoccupazione (“ Ansia raccolta in vasi bucati ”) che risulta compressa e
oscurantista perché non si condivide il fatto che l’emotività la si possa
ritrovare nelle piccole cose a contraddistinguere l’immensità di ogni
sensazione d’appurare, fino a tenere conto, in modo shakespeariano, magari di
provare amore per una donna che si reputa di per sé ancora estranea (“ Tu vivi tenacemente nel mio cuore ”);
sbizzarrendoti, per poi volgersi all’indietro, a scontare un percorso irto di
ostacoli riconducibili al pessimismo, con lo sconforto visibile, stagnante su
una guancia d’accarezzare, sulla pelle che si incide per dell’inconcludenza da
intendere oggettivamente affinché traspaia e ci si meravigli di un cielo reso
complicato impugnando una sottospecie di cronometro, e assorbendo, come
degl’imperfetti strumenti dell’ignoto, la stoltezza epocale, una variante
episodica sancita tristemente da noi stessi che ci muoviamo maldestramente,
senza aver lucidato il particolare che avvantaggia il buonsenso al cospetto
della memoria comune, intrisa di malafede; da soli, alla faccia dei rumori.
Leonardo Manetti nutre il desiderio di approfondire il
contenuto dei suoi polmoni, quando l’espressività attorno a lui si congela, si
aggrappa a un’indole bestiale, con la comunicazione che si sta allontanando dal
sempre di un termine da sillabare qual è Amore ( “ Le parole sono difficili se scrivono Amore ”) .
L’autore attraverso la poesia risponde a una tragedia sorda,
disinnescata lentamente grazie a degli affetti autentici, che non si smette mai
di riscoprire ( “ La magia della parola ‘StraAmore’
” ); a un incidente stradale che lo ha rimpicciolito per maturare
definitivamente e riprodurre una netta sinergia tra le proprie origini, tra
odori e sapori; un guadagno imperturbabile senza esagerare con le aspirazioni,
ma perseguendo dell’abitudinaria carineria; per cogliere, prima di quel sogno
ch’è la felicità, il piacere di stare in pace per ritenersi giustappunto
innocenti, contenti di possedere della solidarietà intramontabile.
Vincenzo Calò
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