Parte II: Il Cigno Bianco e il Cigno Nero
5.
Mentre
Nilde e Amedeo superavano la sottile linea d’ombra dell’amicizia, Isabella era
insonne. La sua finestra era aperta e guardava sul condominio che ospitava, al
pianterreno, l’appartamento di Amedeo. Le sembrava che, in una delle sue
stanze, la luce fosse ancora accesa. “Starà studiando” si disse. Ma non era in
sessione d’esame.
Lo immaginò, allora, insonne come
lei. Sul suo letto perennemente sfatto, si affollavano manuali per la lettura
dei tarocchi, romanzi fantasy, libri di preghiere d’ogni religione. Ovunque,
campeggiavano i suoi coloratissimi dipinti ad acrilico, ispirati alle vetrate
delle chiese. Sulla parete di fronte al letto, campeggiava la locandina di un
teatro, con un vecchio annuncio de Il
lago dei cigni. Il Cigno Bianco Odette danzava sulla carta, perennemente
fissato nella propria posa aerea. Isabella si immaginò danzare come lei, sulla
superficie di un lago cristallino, intriso di una maledizione. Arrivava il
principe Sigfrido a volteggiare con lei. E aveva le efelidi, i tratti marmorei,
i capelli fiammanti di Amedeo. Isabella si ritrovò a lacrimare, non sapeva bene
se per il desiderio o per un nascosto presagio di dolore. Il dottor Michele
Ario le aveva chiesto di lui: “Era molto amico della mia povera nipote”. Una
fitta di gelosia la trapassò. Ma Nilde, la nipote dello psicologo, era morta. Punto. Si odiò, per il
barlume di gioia che aveva provato pensando a quella scomparsa.
Sarebbe andata da Amedeo e gli
avrebbe comunicato la volontà del povero zio di scambiarsi le condoglianze con
lui. Nient’altro.
Inspirò
profondamente l’aroma del bastoncino d’incenso che aveva messo a bruciare nel
bagno minuscolo. Quel profumo la imbevve di solennità e di lutto.
[Continua]
Pubblicato su Uqbar Love, N. 154 (15 ottobre 2015), p. 15.
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