6.
Il
dottor Matteo Sacchi sistemò il dischetto nel piattino del lettore e fissò lo
schermo. Le immagini filmate dalla telecamera di sicurezza gli restituirono una
figura bianca come uno spettro, che si trascinava sul pavimento della camera
mortuaria del Policlinico S. Matteo. La figura barcollava, si fermava,
barcollava ancora e, infine, si accasciava. Non gli fu difficile notarne la
somiglianza con la “salma” della giovane Nilde Ario, della quale si era
occupato personalmente.
D’un tratto, il video gli mostrò una
scena decisamente più interessante. La porta della camera si spalancava –
evidentemente, forzata in malo modo, come era stata trovata alla mattina – e un
ragazzo slanciato si profilava sulla soglia. Lui entrava e raccoglieva il
fantasma fra le braccia. Il dottor Sacchi benedisse la nitidezza delle
immagini. Quel volto era scoperto, come se stesse andando a commettere l’azione
più innocente del mondo. E, probabilmente, lo era – innocente e perfino
doverosa. Ma l’anestesista aveva sposato la parte del lupo e, pertanto,
l’agnello era per lui criminale.
Neppure per un momento pensò di
rivolgersi alle forze dell’ordine, però. Avrebbe avuto lui stesso troppe cose
da spiegare. Per esempio, come mai una paziente del suo reparto fosse stata
quasi uccisa da una dose di farmaci calcolata per simulare il decesso.
Soprattutto, quelle prove erano state da lui raccolte per tutt’altro genere di
occhi: quelli dello psicologo Michele Ario. Le immagini del video avrebbero
confermato una congettura da lui già formulata sulla fuga della nipote
rediviva. Il dottor Sacchi, per un attimo, provò rammarico per quell’amico
fedele che stava per pagare una buona azione con un misterioso castigo. Poi,
annegò il proprio moto di virtù nell’ennesimo sospiro.
[Continua]
Pubblicato su Uqbar Love, N. 155 (22 ottobre 2015), p. 22.
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