Nel
quadrato si fece un varco della larghezza di un metro e ai suoi due lati si
posero l’omino panciuto e Filippo il Bello. Proprio come fanno i pastori negli
stazzi, per la mungitura delle pecore.
Così
cominciò l’esame.
Il
primo a essere chiamato fu proprio Teofilo il sacrestano.
«Chi
evviva?» gli domandò bruscamente l’omino con la fascia tricolore.
Teofilo
sembrò cadere dalle nuvole.
«Chi
evviva?» ripeté irritato il rappresentante delle autorità.
Teofilo
girò il volto spaurito verso di noi, come per avere un suggerimento, ma ognuno
di noi ne sapeva quanto lui. E siccome il poveraccio continuava a dar segni di
non saper rispondere, l’omino si rivolse a Filippo il Bello che aveva un gran
registro tra le mani e gli ordinò:
«Scrivi accanto al suo nome: “qualunquista,
probabilmente criptofascista”.»
Teofilo
se ne andò assai costernato. Il secondo a essere chiamato fu Anacleto il
sartore.
«Chi
evviva?» gli domandò il panciuto.
Anacleto
che aveva avuto il tempo di riflettere rispose:
«Evviva
Maria.»
«Quale
Maria?» gli chiese Filippo il Bello.
Anacleto
rifletté un po’, sembrò esitare e poi precisò:
«Quella
di Loreto.»
«Scrivi»
ordinò l’omino al cantoniere con voce sprezzante: « “clericofascista”.»
Anacleto
non voleva andarsene: egli si dichiarò disposto a menzionare la Madonna di
Pompei, piuttosto che quella di Loreto; ma fu spinto via in malo modo. Il terzo
a essere chiamato fu il vecchio Braciola. Anche lui aveva la risposta pronta e
gridò:
«Viva
San Rocco.»
Ma
neppure quella risposta soddisfece l’omino che ordinò al cantoniere:
«Scrivi:
“clericofascista”.»
Fu
il turno di Cipolla.
«Chi
evviva?» gli fu domandato.
«Scusate,
cosa significa?» egli si azzardò a chiedere.
«Rispondi
sinceramente quello che pensi» gli ordinò l’omino. «Chi evviva?»
«Evviva
il pane e il vino» fu la risposta sincera di Cipolla.
Lui
fu segnato come “populista”. Ognuno di noi aspettava il suo turno e nessuno
sapeva indovinare che cosa il rappresentante dell’autorità volesse che noi
rispondessimo alla sua strana domanda di chi evviva.
La
nostra maggiore preoccupazione naturalmente era se, rispondendo male, si
dovesse poi pagare qualche cosa. Nessuno di noi sapeva che cosa significassero “clericofascista”,
“qualunquista” o “populista”; ma era più che verosimile che volesse dire “deve
pagare”. Un pretesto, insomma, come un altro per appiopparci una nuova tassa.
Per conto mio cercai di avvicinarmi a Baldissera, che di noi era la persona più
istruita e conosceva le cerimonie, per essere da lui consigliato sulla
risposta; ma lui mi guardò con un sorriso di compassione, come di chi la sa
lunga, però solo per suo conto.
«Chi
evviva?» chiese a Baldissera l’omino della legge.
Il
vecchio scarparo si tolse il cappello e gridò:
«Evviva
la Regina Margherita.»
L’effetto
non fu del tutto quello che Baldissera si aspettava. I militi scoppiarono a
ridere e l’omino gli fece osservare:
«È
morta. La Regina Margherita è già morta.»
«È
morta?» chiese Baldissera addoloratissimo. «Impossibile.»
«Scrivi»,
fece l’omino a Filippo il Bello con un sorriso di disprezzo « “reazionario e
nostalgico”.»
Baldissera
se ne partì scuotendo la testa per quel susseguirsi di avvenimenti
inesplicabili. A lui seguì Antonio La Zappa, il quale, opportunamente istruito
da Berardo, gridò:
«Abbasso
i ladri.»
E
provocò le proteste generali degli uomini rosso-verdi che la presero per un’offesa
personale.
«Scrivi»
fece il panciuto a Filippo il Bello « “populista e becero”.»
La
Zappa se ne andò ridendo e fu la volta di Spaventa.
«Abbasso
i vagabondi» gridò Spaventa, sollevando nuovi urli nelle file degli esaminatori.
E anche lui fu segnato come “populista becero”, oltre che “fascista”.
«Chi
evviva» domandò il panciuto a Della Croce.
Anche
lui era però uno scolaro di Berardo e non sapeva dire evviva, ma solo abbasso.
Perciò rispose:
«Abbasso
le tasse.»
E
quella volta, bisogna dirlo a onor del vero, gli uomini rosso-verdi e l’omino
non protestarono. Ma anche Della Croce fu segnato come “populista becero”,
perché, spiegò l’omino, certe cose non si dicono.
Maggiore
impressione fece Raffaele Scarpone, gridando quasi sul muso del rappresentante
della legge:
«Abbasso
chi ti dà la paga.»
L’omino
ne fu esterrefatto, come per un sacrilegio, e voleva farlo arrestare; ma
Raffaele aveva avuto cura di pronunziarsi solo dopo essere uscito dal quadrato,
e in due salti sparì dietro la chiesa e nessuno lo vide più.
Con
Losurdo riprese la sfilata delle persone prudenti.
«Viva
tutti» egli rispose ridendo ed era difficile immaginare risposta più prudente;
ma non fu apprezzata.
«Scrivi»
disse l’omino a Filippo il Bello « “qualunquista”.»
«Viva
il Governo» gridò Uliva col massimo di buona volontà.
«Quale
Governo?» chiese incuriosito Filippo il
Bello.
Uliva
non aveva mai sentito che esistessero diversi Governi, ma per educazione
rispose:
«Il
Governo legittimo.»
«Scrivi»
fece allora il panciuto al cantoniere « “complottista”.»
Pilato
volle fare una speculazione, e siccome fu la sua volta, gridò anche lui:
«
Viva il Governo.»
«Quale
Governo?» chiese allarmato Filippo il Bello.
«Il
Governo illegittimo.»
«Scrivi»,
comandò il ventruto al cantoniere « “mascalzone”.»
Insomma,
ancora nessuno era riuscito ad azzeccare la risposta soddisfacente. A mano a
mano che aumentavano le risposte riprovevoli si restringeva la libertà di
scelta per noi che restavamo da esaminare. Ma la cosa veramente importante che
rimaneva oscura, era se rispondendo male si dovesse pagare qualche cosa e
quanto. Solo Berardo mostrava di non avere questa preoccupazione e si divertiva
a suggerire ai giovanotti suoi amici risposte insolenti di abbasso e non di
evviva.
«Abbasso
la banca» gridò Venerdì Santo.
«Quale
banca?» gli chiese Filippo il Bello.
«Ce
n’è una sola e dà i soldi soltanto all’Impresario» rispose Venerdì da bene
informato.
«Scrivi»,
fece l’omino al cantoniere « “complottista”.»
Invece
Palummo fu registrato come populista per aver risposto assai cortesemente:
«Viva
i poveri.»
Fontamara, 2015.
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