“Il
mio estetismo è inscindibile dalla mia cultura. Perché mancare la mia cultura
di un suo elemento anche se spurio, magari, e superfluo? Esso completa un
tutto: e non ho scrupoli a dirlo perché proprio in questi ultimi anni mi son
convinto che la povertà e l’arretratezza non sono affatto il male peggiore. Su
questo ci eravamo tutti sbagliati. Le cose moderne introdotte dal capitalismo
nello Yemen, oltre ad aver reso gli yemeniti fisicamente dei pagliacci, li
hanno resi anche molto più infelici. L’Imam (il re cacciato) era orrendo, ma il
consumismo micragnoso che l’ha sostituito non lo è di meno.
Ciò mi dà il diritto a non
vergognarmi del mio «sentimento del bello». Un uomo di cultura, caro il mio
Gennariello, non può essere che estremamente anticipato o estremamente
ritardato (o magari tutte e due le cose insieme, com’è il mio caso). Quindi è
lui che va ascoltato: perché nella sua attualità, nel suo farsi immediato, cioè
nel suo presente, la realtà non possiede che il linguaggio delle cose, e non
può essere che vissuta.
Il punto è questo: la mia cultura
(coi suoi estetismi) mi pone in un atteggiamento critico rispetto alle «cose»
moderne intese come segni linguistici. La tua cultura, invece, ti fa accettare
quelle cose moderne come naturali, e ascoltare il loro insegnamento come
assoluto.”
PIER PAOLO PASOLINI (1975)
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