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La vergine di ferro - II,2

Parte II: Il Cigno Bianco e il Cigno Nero



2.

Qualcuno suonò alla porta. 

«Vado io!» disse Amedeo, alzandosi dal tavolino del cucinotto. «Anzi, Nilde, è meglio se tu vai a nasconderti in camera… Finché nessuno saprà che sei ancora viva, sarà meglio non farti vedere in giro». Lei gli rispose con un cenno d’assenso ed eseguì.
            Alla porta, c’era una ragazza dai grandi occhi chiari, ombreggiati da lunghe ciglia e pieni di un lume infantile. Portava i capelli biondi raccolti in uno chignon e indossava un abito candido ornato di finte piume. Al polso, le tintinnavano braccialetti argentei ornati da pendenti a forma di cigno.
            «Ciao, Amedeo!» disse al ragazzo, con un sorriso entusiasta. «Domani pomeriggio, ti andrebbe di andare a visitare il Labirinto nella chiesa di S. Michele Maggiore?»
            «Mi dispiace, Isabella, ma sono già andato a vederlo» le rispose cortesemente lui. «Grazie dell’invito.»
«Di niente!» ricambiò lei e se ne andò, facendo tintinnare i braccialetti nel cenno di saluto.
«Ecco, quella era proprio una che non avrebbe dovuto sapere niente di te» chiosò Amedeo a Nilde, non appena ebbe richiuso la porta. «Era Isabella, una che ha cercato più volte di farmi iscrivere ai corsi di mnemotecnica di tuo zio. È buona come il pane, ma un po’ troppo ingenua… e, soprattutto, infatuata persa di tuo zio, per l’appunto».
Nilde si rabbuiò. All’amico, sembrò che lei stesse per dire qualcosa. Ma, poi, lei tornò al tavolo della colazione senza aprir bocca.

[Continua]


Pubblicato su Uqbar Love, N. 151 (24 settembre 2015), p. 46.

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