Parte I: Labirinti
10.
Quarto
Flashback
La
porta della camera mortuaria si spalancò. Nilde alzò gli occhi dal pavimento.
Nel
bagliore lunare che ritagliava l’ingresso, si disegnava una sagoma maschile
sottile e slanciata.
Amedeo
fissò l’amica. Biancovestita, con la corona dei suoi capelli intrecciati
intorno al capo, levava verso di lui grandi occhi febbricitanti dallo sforzo.
Accasciata, puntava verso terra la mano sinistra, in un’assoluta volontà di non
cedere. L’altra mano non abbandonava la katana – quella che lui aveva notato
nel catafalco. Uno spettro bellissimo e terribile.
«Nilde,
sono io!»
La
rediviva si lasciò sfuggire un sorriso.
Il
ragazzo piombò nella camera mortuaria di cui aveva forzato la porta, sollevò
l’amica e la trascinò in viale Forlanini, dove aveva parcheggiato l’auto. Le
labbra esangui di Nilde ripeterono alcuni versi:
Aquésta me
guiaba
más cierto que la luz de mediodía,
adonde me esperaba
quien yo bien me sabía,
en parte donde nadie parecía.
[Fine prima
parte.]
Pubblicato su Uqbar Love, N. 149 (10 settembre 2015), p. 27.
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