Parte I: Labirinti
9.
Il
dottor Matteo Sacchi fissava nervosamente una pianta d’appartamento dalle
lunghe foglie smeraldine, nello studio dello psicologo Michele Ario. Sapeva di
cosa gli avrebbe parlato, in quell’appuntamento nella palazzina di via Mazzini.
«Quella che mi hai fatto fare è una
cosa molto grave» riuscì a proferire
Sacchi, con voce strozzata. L’altro non sembrò particolarmente scosso.
«Naturalmente. Ma tu sei anestesista
e conosci il tuo mestiere» replicò, impeccabilmente. «Non ti avrei affidato la
mia Nilde, altrimenti».
«A
giudicare dallo stato in cui è arrivata al S. Matteo, non mi pareva che tu
fossi così benevolente con lei, ultimamente» commentò Sacchi, cupo. Ario ebbe –
solo allora – un impercettibile moto di irritazione.
«Il
medico pietoso fa la piaga infetta» citò infine, con delizioso sarcasmo. «Vale
tanto per i corpi quanto per le anime. In ogni caso, dopo averle fatto
recapitare la cura che le serviva,
non ho certo abbandonato quella sconsiderata. Sapevo che lei lottava tra la
vita e la morte. Dovevo innanzitutto evitare che le venisse voglia di parlare con qualcuno del modo in cui
aveva subito quel trauma cranico, perciò era meglio che lei tornasse a me per
un canale segreto… come una tomba. In più, un’esperienza del genere le avrebbe
sicuramente fatto abbassare la cresta per l’avvenire».
«E… se non si fosse più risvegliata?»
Lo
psicologo si rabbuiò. «In quel caso, il segreto della sua punizione sarebbe stato più sicuro ancora. E io avrei avuto il
resto dei miei giorni per pentirmi di quello che avevo fatto alla mia unica
nipote e figlia adottiva».
Si
voltò, a nascondere un dolore che a Sacchi sembrò perfino sincero. Così fatto è questo guazzabuglio del cuore
umano.
«Dunque…»
riprese Ario. «…hai indotto uno stato di morte apparente grazie ai farmaci,
esatto?»
«Esatto».
«Al
suo fianco, nella bara, hai fatto mettere la sua katana. Esatto?»
«Anche
questo.»
«Nessuno
l’ha rimossa, vero?»
«Ho
sorvegliato personalmente, finché la camera mortuaria non è stata chiusa a
chiave».
«Perfetto».
«Dimmi
solo una cosa, Michele… Perché tenevi tanto a quella spada?»
Ario
fissò l’amico nel profondo degli occhi: «Già gli antichi Egizi sapevano che chi
parte per l’Aldilà non deve scordarsi di portare con sé l’anima».
Sacchi
sospirò.
«In
ogni caso» proseguì lo psicologo «Nilde sarebbe stata portata al luogo di
sepoltura dopo ventiquattro ore passate nella camera mortuaria e io avevo
disposto che fosse collocata nella nostra tomba di famiglia. Se lei non fosse
sparita per conto suo – anzi, per conto soltanto
suo davvero non credo – avrei provveduto io a farla rimuovere per tempo
dalla cassa. Non avrebbe occupato il proprio posto fra i morti che per poco».
Ario
si volse verso la pianta d’appartamento e ne pizzicò gentilmente una foglia.
[Continua]
Pubblicato su Uqbar Love, N. 148 (3 settembre 2015), p. 31.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.