Parte II: Il
cielo in fiamme
1.
Quando
Marcello Valenti dovette arrendersi alla sveglia, l’appartamento era in uno
stato pietoso. Il vestito e la parrucca di Greta Sgarbo erano abbandonati su
una sedia, come un bozzolo rotto. Il divano-letto che ospitava due dei suoi
coinquilini era un caos di lenzuola arrotolate e penzolanti a terra. Si alzò
intontito e aprì le imposte. Le sue palpebre lo difesero di scatto dalla luce.
Per sua grazia, non aveva lezione,
quella mattina. Aveva tutto il tempo di uscire dalla trance.
Grattandosi
il pigiama sulla schiena, s’infilò nel cucinotto. Cercò di non mettere troppo a
fuoco le sue condizioni, per non vomitare. Pulì il necessario, sul tavolino e
sul piano di cucina; poi, si mise a far scaldare il latte.
Prese
dalla credenzina un pacco di biscotti già aperto e cominciò a sbocconcellare.
Lo squillo del cellulare lo richiamò
in camera da letto. Sbuffò: di sicuro, si era scordato di spegnerlo, quella
notte. Lo recuperò a grandi passi e tacitò bruscamente la suoneria: «Pronto?»
«Ciao, Marcello! Sono Guido…»
«Cosa
ti salta in mente di chiamare a quest’ora?!»
«Ma…
sono le dieci e mezza di mattina!»
«Appunto.
È presto» sbadigliò Marcello. Si passò distrattamente una mano nei propri
riccioli castano scuro (“Perché indossi la parrucca da drag queen, coi bei
capelli che hai?” era il tormentone dei suoi amici).
«…mi
dispiace!» boccheggiò Guido, tra il dispiaciuto e il meravigliato. «Ti ho
svegliato?»
«Diciamo
che hai finito di svegliarmi. Stavo preparando la colazione».
Si
ricordò del pentolino con il latte. Si fiondò nel cucinotto, col cellulare
incollato all’orecchio, e spense il fornello, giusto prima di cominciare ad
annusare odore di panna bruciaticcia.
Dall’altra parte del telefonino, udì
Guido inspirare a fondo: «Senti, Marcello… devo dirti una cosa».
[Continua]
Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (13 dicembre 2016).
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