Il “fenomeno Twilight” ci ha abituati a vederli come un
sogno adolescenziale. Ma i vampiri hanno una storia assai meno rassicurante e
che travalica la fiction. Essa è in mostra alla Triennale di Milano, sotto il
titolo “Dracula e il mito dei vampiri” (23 novembre 2012 – 24 marzo 2013).
L’anno scorso è caduto il centenario dalla morte di Bram Stoker, il “padre” del
noto personaggio. Da qui, probabilmente, l’idea dell’iniziativa, organizzata in
collaborazione, oltre che con La
Triennale , con il Kunsthistorisches Museum di Vienna.
L’allestimento è stato curato da Alef, lo stesso staff che ha lavorato a Pavia,
per la mostra di opere di P.A. Renoir.
L’esposizione è articolata in nove sezioni, che tracciano
un percorso dalle origini alla modernità, dalle tenebre alla luce. In apertura,
il trailer di Bram Stoker's Dracula, diretto da Francis Ford Coppola (1992).
Un film che fece tabula rasa dei cliché già affermati, rintracciando
l’ispirazione storica del protagonista e puntando sulla qualità dei costumi.
Per l’appunto, la mostra ospita un omaggio a Ishioka Eiko: la costume designer
che rivestì i personaggi, ispirandosi alla natura e a Gustav Klimt.
Subito dopo, i ritratti secenteschi di Vlad III Dracula,
voivoda della Valacchia (1431? – 1476?). Stoker si ispirò a questa guerriera e
controversa figura, per creare il proprio vampiro: da cui la convinzione che la
creatura sia tipicamente transilvanica. Vampir, in realtà, è un termine
serbo-croato. La credenza è tanto radicata nei Balcani da suscitare tuttora
psicosi collettive: del 29 novembre 2012 è l’articolo Vampiri terrorizzano la Serbia, sul sito La Voce della Russia . Ma allo
spettro sono state attribuite anche origini scandinave, tedesche, egizie.
La documentazione esposta a Milano porta in epoche e
mondi in cui s’incrociavano il raccapriccio per fenomeni legati alla
decomposizione, allucinazioni dovute a malattie, convinzioni religiose. Si
pensi al “Diavolo sotto vetro”, proveniente dall’Austria. Poi, i “morti
viventi” o i Nachzehrer (“mangiatori di sudario”). La sezione “La realtà
dietro il mito” è stata curata da Margot Rauch.
Dalla
storia e dall’antropologia, si passa ai precedenti letterari di Dracula
(1897). Sono esposte le prime edizioni di The Vampyre di J. W. Polidori
(1819) e Carmilla di Sheridan Le Fanu (1872), nonché locandine di spettacoli
teatrali a tema. Sono offerti al pubblico gli appunti e il “diario perduto” di
Stoker, oltre alla prima edizione del suo romanzo, con dedica manoscritta alla
madre. La sala successiva ospita “Le casse di Dracula”: box in legno contenenti
altrettante mini-sezioni. In una, l’opera e la voce dell’ Arch. Italo Rota si
calano nei panni d’un vampiro che arreda la propria dimora. Un’altra invita a
spiare dal buco della serratura “Il bacio del vampiro”, antologia di scene
cinematografiche. Il critico Gianni Canova ha allestito “Morire di luce”, serie
di tre schermi su cui sono proiettati brani filmici, intercalati da citazioni
eloquenti. Anche le pareti ostendono frasi d’autore. Una linea del tempo
traccia le diverse percezioni di questa figura nelle varie epoche:
materializzazione dell’inconscio, flaneur metropolitano, emblema dell’eros,
rilettore della Storia o uomo fra gli uomini. Sono una sequenza storica anche i
costumi della “Donna Vamp”, creazione del cinema e della fotografia (fine XIX –
inizio XX sec.). Giulia Mafai spazia fra teatro e mondanità, approdando al
burqa, come polemica verso una cultura che “risucchia” la personalità. “La moda
e i vampiri” propone un contributo fotografico de “L’Uomo Vogue”. Il percorso
si chiude con un omaggio a Guido Crepax, il fumettista che “succhiava” la vita
altrui, per rifonderla nelle tavole. Alla Triennale, si terranno perfino cinque
giornate dedicate alla promozione delle donazioni di sangue (iniziativa AVIS).
Tutte tappe d’un percorso in cui il Vampiro, nelle sue
varie declinazioni, si rinnova come pretesto per parlare dell’Uomo.
Catalogo: Dracula e il mito dei vampiri, Milano, 2012,
Skira.
Inchiostro (Pavia), n°123, febbraio 2013, pag. 17
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