Nel
programma di Storia degli studi classici, figura una raccolta di assaggi di
vari “piatti forti”: Umberto Eco, Remo Ceserani, Marco Santagata, Mario
Vegetti, Alfonso Traina… C’è anche una tartina di Valerio Massimo Manfredi: De imperio, dieci paginette. Così, ho
finalmente dato un’annusatina anche a questo antichista re-inauguratosi
scrittore. Non che ne sentissi troppo appetito… Di letture sono finanche obesa.
Il mio comodino non è mai orfano di carta. Figuriamoci se potrei correr dietro
a tutte le meteore del mercato librario… Ho fatto uno strappo alla regola con Twilight, giusto per non restare
indietro in vampirologia. Ma di Antichità classiche già mi rimpinza
l’università. Un romanzo “pop” non avrebbe potuto aggiungere un granché.
Infatti, non è che Manfredi sia
stellare, come scrittore… Ha una conoscenza impeccabile della storia e
dell’antiquaria: e vorrei ben dire… è il suo mestiere. Ma, per il resto, fare
il romanziere è come fare il cantante. Puoi essere intonato (e ci vuol poco);
ma, se non hai una voce, un timbro, un certo-non-so-che a differenziarti dalla
schiera, nessuno ti ricorderà come eccelso. Ti impilerà sulla polvere d’uno
scaffale e passerà ad altro.
Anche questo dialoghetto De imperio fra Annibale e Scipione non
lascia retrogusti in bocca. “L’autore padroneggia perfettamente l’argomento,
crea un buon plastico”. Dopo aver detto questo, però, non si trovano vibrazioni
nel ritratto dei personaggi; il dialogo sull’impero riassume, senza pathos, teorie politico-storiografiche
note negli atenei; Annibale pare un vecchio pirata da televisione e Scipione
sembra aver appena ritirato la toga dalla tintoria.
Pazienza…
Ciò di cui
ti sono grata davvero, caro Valerio Massimo (con un nome così, non si può che
diventar classicisti), è d’aver reso gustosi per il grande pubblico mattoni che
esso, di solito, lascia sul vassoio intatti. Per diffidenza, perché “è roba da
intellettuali” (ma cos’altro è un uomo, in fondo?) o “è noiosa”. Sarebbe noioso
vedere come, dall’impero di Roma, siamo passati al Sud d’Europa? Sarebbe così
astruso vedere come l’imperialismo nostrano si sia tirato la zappa sui piedi,
pur fecondando di latinità terre con ben altro succo?
Io direi
che, di questo, non bisogna incolpare il libro della Storia, ma la sua
copertina. Problema che tu hai risolto a molti. Dopotutto, grazie, Valerio
Massimo.
Non capisco perché Scipione continui a rivolgersi alla stessa tintoria: poi si lamenta perché gli inamidano anche le mutande... :)
RispondiEliminaAhia... le mutande inamidate sono un brutto affare... xD
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