La Mattioli con lo strumento della poesia sembra che ricostituisca il senso del tatto per le individuali vicissitudini, in un’epoca che vede i poeti in difficoltà, a causa delle egocentriche ripercussioni, smussabili usando la testa non da soli per provare a cambiare l’atmosfera.
Questa raccolta si evidenzia per della sana modestia nell’esprimere dei concetti, in situazioni da delineare impegnandosi, in virtù di una formazione ricavabile con tutta l’importanza del caso.
La poetessa armonizza degli eventi narrandoli con l’immaginario e la parola snocciolabili da piccoli, nel forsennato corso della vita, che paradossalmente spezza delle visioni, a seguito insomma di sensazionali alti e bassi e dunque alla costante ricerca di una stabilità emotiva; cosicché si alternano ambientazioni portatrici d’ispirazione a un bagaglio d’esperienze da tutelare pensando a tutto spiano, senza pressare il lettore col gergo tecnico, bensì richiamandolo all’ordine con delle motivazioni da determinare per il bene di tutti.
“Sogni, desideri ancora non sbocciati
percorsi difficili
incontri casuali a dirsi
dove ognuno crea e disfa…
… chiarire è necessario
inventarsi e reinventare…”
Leggendo ti rituffi nel respiro emesso, aldilà di ciò che abbiamo realizzato e che vediamo straordinariamente, personalmente… sta di fatto che si sviluppa la posizione di un soggetto venato di candore, col raggiungimento di un quesito dopo l’altro tacendo e ignorando in generale e specialmente a fine giornata, a dimostrazione di quante radici si possano strappare e celare argomentando, deliziando alla maniera di un Pascoli.
“Ogni messaggio lascia una traccia
parole che rassicurano
che chiudono con freddezza o con amore…
… parole senza senso, usate e poi dimenticate…”
La Mattioli dà modo di caratterizzare un avviso di circostanza, non lo rende dunque mai casuale, scrivendo su fogli volanti e non, dubitando sull’aspetto comunicativo in veste classica, affinché non ci si dimentichi della valenza dei ricordi.
Grazie a Paola rifioriscono argomenti che vanno trattati per venire nuovamente considerati a seguito di troppe richieste d’aiuto, con sollecitazioni rigorosamente al femminile.
La poetessa, tracciando languidamente il percorso a un’accusa che scotta nelle mani della gente, si assicura lo sviluppo della parola, intendendo impreziosirla come se sfiorata dall’indispensabile che si manifesta intorno a lei, nel rivisitabile possesso di determinati oggetti.
Quindi senza che si tradisca dell’energia naturale, di cui se ne devono far carico i minori che la Mattioli è solita istruire, per partire dalle basi a incantare semplicemente, e a occupare di nuovo sensibilmente questo mondo, cioè riconoscendo d’avere un talento, qual è quello di lucidare un tacere che non è mai garantito, lasciando il segno all’ambiente che ci circonda, con positività… all’improvviso, fino a rigenerare esclusivamente l’umano dettame.
Paola al cospetto di una panoramica viene travolta dal proprio olfatto, materializzante un entusiasmo che ammalia dei sentimenti ben custoditi, una volta mirato.
La poetessa percepisce sinuosità notturne liberamente, lentamente, allorché si fa giorno con la ragione, per illusioni che faticano a manifestarsi lungo vie contorte, come a causa di appuntamenti fatali, in teoria, tra soggetti che compongono un’opera giustappunto per disintegrarla… difatti bisogna comprendere per darsi una forma e rinnovare il creato.
In questi versi si appura il concetto di gioia, che per la Mattioli consiste nel volersi bene tutelando il proprio essere, con la compensazione di determinate richieste, quelle attribuibili a persone prive della benché minima colpa, che si divertono a stimolare delle trasparenze con l’insorgere di riconoscenze a tutto tondo, dimodoché avvenga l’inclusione tra elementi radicati, che agevolino la memoria all’infinito; nonostante il disagio terreno, prorompente dacché difficile da diagnosticare, fintantoché la realtà viene raggirata da quanto dichiariamo.
Le poesie sembrano ricomporre pezzi di respiro dalle svariate dimensioni, senza stancare, continuamente; perché si può sempre agire per il meglio, e anche se a ridosso della sera, con dei mezzi di trasporto accecanti, in movimento, a meravigliare le strade di un posto che aspetta nuovamente d’essere scoperto, da visi che scalfiscono il cielo, con tutta una spontaneità da sviluppare mai e poi mai banalmente.
Per la Mattioli il contatto a pelle serve per dare dignità reciproca a confessioni del tutto vere, a delle prime volte da raccogliere per celarsi in un cuore ed esistere… per amarsi.
La Mattioli è abile a identificarsi in una bambina che si cela nella muta oscurità, come a scrutare l’esterno a prova d’udito; troppo legata alle origini del bene individuale, tra fitti timori, quasi utili per dire d’essere presenti, ma ch’è un guaio affezionarcisi, se non si ha quella forza necessaria per stare a comprenderli e apprendere così d’avere piuttosto delle doti.
La poetica di Paola rilascia segni sparsi su pagine sciupate dal ciclo delle stagioni, lungo percorsi astrusi, tracciati con parole o raffigurazioni da un maestro del contatto.
“Nessuno si ferma
ognuno pensa per sé
voci borbottano insane parole
cattivi giudizi e pensieri
solitudini sole”
L’autrice si attiva mescolando tasselli, proponibili seppur complicati parlandone a gettiti d’anima, di un valore insito all’affetto dei suoi cari di cui ora n’è carente, di un buon esempio che si rende parziale dunque per forza di eventi, ossia di varie opinioni nel percepire l’umana esistenza; con lo sguardo magari fisso su esseri viventi ma logorati dall’emarginazione che disintegra la temperatura corporea, tanto da dimenticarci degli amori che saremmo in grado di provare se conoscessimo e riconoscessimo i nostri simili, immobili a riflettere su letture ancora d’acconsentire, in un nascondiglio assicurato dalla cultura a misura di sentimento.
I genitori di Paola, un dottore che invitava alla cura della pelle, mentre la moglie si affaccendava a livello domestico, hanno formato questa poetessa severamente, autorevolmente.
Col passare del tempo, a causa d’impegni professionali da dover sviluppare senza battere ciglio, la voglia di poetare si è inabissata in lei, per riemergere, con l’ispirazione dovuta ora dall’assenza della figura materna.
La Mattioli compone parole, guida un insieme di emozioni per stabilire, senza fare rumore, l’esclusività come la straordinarietà del tempo da dare al suo didentro, e armonizzare finalmente della maturità ricavabile con amori radicati e memorie tristi ma scandite con della nostalgia da profumare vivendo in scioltezza; proprio come fanno tutti quei bambini meravigliosamente ignari di questo potere che galleggia nella loro vista, in un mare aperto.
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