Suonare
per crescere? La Civica Associazione Musicale S. Cecilia di Manerbio crede che
sia possibile. A questo scopo, propone corsi per bambini e ragazzi, divisi per
fasce d’età e tipologie di strumenti. Il 31 maggio 2018, al Teatro Civico “M.
Bortolozzi”, si è tenuto il saggio conclusivo dei suddetti cicli di lezioni.
Era presente il presidente della “S.
Cecilia”, Mario Fiorini, che ha salutato i convenuti. I brani eseguiti sono
stati presentati da Davide Mor, maestro di musica d’assieme. Quest’ultimo corso
si occupa di porre le basi di ciò che si fa in una banda: suonare insieme,
affiancando strumenti assai diversi.
I primi a esibirsi sono stati i
bambini del corso propedeutico, diretti da Fabio Berteni. Al flauto dolce,
hanno eseguito motivi come un brano della tradizione inglese, o un calypso
intitolato “Mary Ann”.
Adolescenti erano, invece, quasi
tutti i ragazzi della classe di percussioni. Li ha diretti Enrico Pellegrini.
Fra gli strumenti “insoliti” da loro impiegati, si segnala sicuramente il
triangolo (suonato dal più giovane). Il vibrafono e lo xilofono si sono invece
aggiunti per suonare la famosissima “Cucaracha” messicana. Anche il maestro
Pellegrini si è esibito alla batteria insieme agli allievi. Il pezzo conclusivo
della classe di percussioni è stato un esercizio ai timpani.
La più lunga e curiosa è stata la
parte della serata dedicata al corso di musica d’assieme. Essa era legata da un
filo conduttore: una storia zen dal titolo “L’utilità del sasso”. La
protagonista, per l’appunto, era una pietra: solitaria e triste, perché
convinta che la sua esistenza non avesse senso. Un uccellino passò in volo e
desiderò riposarsi. Intorno, non c’erano appoggi - tranne, appunto, quel sasso.
Dopo che il volatile si fu ristorato, la pietra comprese il proprio ruolo
nell’universo.
Gli allievi di ciascun corso hanno
eseguito due brani. Il primo di ciascuna coppia era stato composto da Davide
Mor e Alessandro Palazzani ed era ispirato proprio alla storia zen di cui
sopra. Il secondo era di provenienza estremo-orientale.
La vicenda dell’uccellino e della
pietra era così suddivisa in: “Into the Wood” (= “Nel bosco”), con suoni che
imitavano vento e pioggia; “Little Bird” (= “Uccellino”); “The Sad Stone” (=
“La pietra triste”); “The Happy Stone” (= “La pietra felice”); un brano
conclusivo che armonizzava e metteva in contrappunto tutti i precedenti.
I pezzi asiatici eseguiti erano
invece canzoni folk: “China Moment” (cinese); “Feng Yang Song” (cinese); “Sakura”
(giapponese); “Ming Court” (cinese); “Arirang” (coreana). Quest’ultima, insieme
al brano conclusivo della storia zen, è stata suonata dagli allievi del corso
di perfezionamento. Essi hanno proposto anche “Laideronnette, impératrice des pagodes” (= “Laideronnette,
imperatrice delle pagode”: marcia veloce tratta dalla suite “Ma Mère l’Oye” (=
“Mamma Oca”) di Maurice Ravel (Ciboure, 1875 - Parigi 1937).
Come suggerisce il titolo, la suite si ispira al celeberrimo libro di fiabe di
Charles Perrault (Parigi 1628 - ivi 1703): “Racconti di Mamma Oca” (1697).
Il finale è stato affidato all’inno
nazionale giapponese “Kimigayo”: brevissimo, ma intenso, augura all’imperatore
un regno di migliaia di generazioni, “finché i ciottoli/divengano rocce/
coperte di muschio”. Giusto per tornare al tema della pietra e al gusto
nipponico per la natura.
La
serata si è conclusa con un’esplosione di coriandoli, nonché con le parole di
Mor: «Non facciamo solo musica: facciamo anche gruppo».
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 133 (giugno 2018), p. 12.
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