"Lucianna Argentino - Le
stanze inquiete (La Vita Felice
ed.)
Lucianna desiderava
che rimanessero indelebili delle microesperienze ricavate per più di un decennio
riscontrando la gente quando fa la spesa; provando a ricordare
principalmente certi esseri, detti “umani”, che per forza di cose si sono
avvicinati a lei, così presa da ciò che appuntava delicatamente, ch’eccedeva in formato tascabile, da una
veste professionale.
Questa poetessa era
ignara del personaggio che gli si poneva davanti, conscia semmai del fatto
ch’era vicina a toccare una condizione privata, immaginare una vita ch’esigeva
senza ammetterlo magari dignità, premura e cortesia; col pudore che di tanto in
tanto esce fuori, sortendo brillantemente l’opportunità di riprendere a
osservare, e quindi a reinventare l’anima, concentrandosi concretamente sulle
cose pregne d’assenza, ligia al dovere nel compiere una qualsiasi attività,
purché chiunque riesca a trattenersi l’Io, per il bene del suo, tra le teorie
segnalatrici dell’assoluto.
Con Lucianna è intenso aspettare di cogliere tra righe
d’orizzonte la tangibilità che ci attornia, sentendo di una poesia l’originale dimora, barcollando sulla linea di
demarcazione che scinde il linguaggio dall’incanto.
Il parlare in maniera anomala ma totalizzante del periodo
passato in un supermercato, in un ambito occupazionale non entusiasmante in
fondo, comporta anche il limite, il segno di una lesione carnale, che guarda
caso motiva la composizione dell’autrice; nervosamente provata sì, però vigile
nello scorgere l’imperativo personale, che vale eccome la pena assumersi, tra il particolare che ci attualizza e
l’impressione che ci armonizza.
E’ importantissimo
vedere l’esistenza che serbiamo, e decidere con fare convinto e continuo
davvero di riprodurne il significato tramite il piacere di ritenersi utili; e
con quella forza di tacere, da elevare in gloria, che lega la poetessa
all’umanità senz’alcun inganno, pur essendo difficile lasciarsi trascinare
dall’ispirazione quando è semplice invece definirsi artisti della parola,
apprendendo e basta, pur senza impartire lezioni millantando una laurea.
D’altro canto, chi
non è in grado di assorbire una comunicazione non può mai verseggiare!
La certezza che permanga dell’essenza volgerebbe al
patimento, con cui ci distinguiamo tra l’umanità e l’appartenenza terrena, come
a tutelare delle debolezze, lungi dalla bellezza di un contatto.
Un verso ridà coraggio per proseguire, ma con della
sincerità che non ci riporta all’inizio di ogni avventura, se siamo sprofondati in un’epoca inconcludente, se stiamo a vagare per
della buona sostanza, nella stressata fisicità del tempo; a riprova dell’elemosiniere
che implora per del dialogo deturpabile di respirare una bella giornata.
“nel corpo stanco delle ore”
La quotidianità la si
colma dimostrando d’esserne all’altezza, ricaricando gl’individui con la
spensieratezza d’intuito, affinché ci si rincuora (e non v’è legge che tenga),
specie dal disconoscere l’immagine di un affetto imprescindibile, dal rischio
di risultare avari di spirito e quindi in preda ai quesiti stupidi che si
rendono subito dei tormentoni di successo.
Trasmettere positività è fantastico se te lo evidenziano
mentre le ore si fermano alla narrazione di una malattia che scava coloro che
s’intestardiscono per della cattiva sorte, così orgogliosi della propria
identità da richiedere nient’altro che favori.
Indifferenti magari all’oscura emotività di quando si è
immaturi, perché si aspira alla bontà
d’animo senza cercare di vivere un percorso; recuperando i pensieri in via
di esaurimento, sul punto di piangere, di suscitare sdegno da bestiole che si sentono
in potere di svolazzare, facendo scoprire determinanti nozioni scientifiche a
proposito del pianeta Terra, da cui non ci distacchiamo mai.
Lo scrivere di
Lucianna si accalora se dall’intento apposito se ne trae refrigerio, ne vale
l’onestà che tutto fa tornare, di chi tenta di condividere un pensiero;
soprattutto con una pargola che la scruta per poi confessarle quanto sia
determinante la sua presenza di un attimo e poco più, teneramente, spuntando
tra certi giovani che preferivano giocare senza venire al mondo per non subire
dei volgari rimproveri.
In un didentro che
all’istante ti rigenera il dove da sensibilizzare, che, se ti fermi, contiene
il marcio della fede, da sfoderare sull’estraneo che spazia spiritualmente;
al quale non ha senso chiedere quant’anni ha se ti racconta delle emozioni da
fissare in generale, per consigliare infine di scioglierle, in amicizia, al
soffio di una brezza leggera che ci delucida sulla nostra piccolezza che provoca disgusto se il sentimento che ci
auguriamo non si consolida premeditandolo.
Nel presente l’autrice viene ingannata dovendo spostarci
freneticamente da un riferimento all’altro e viceversa, senza il tempo di
attenderla e persino preceduti da tanti nostri simili; come se bloccati tutti
quanti da un agone epocale, stressante, che determina ogni volta una condizione
attualissima, negativa.
Lucianna esce fuori per quel minimo di dono della natura che
la coglie tutt’a un tratto; come a contribuire alla tutela del particolare, ben
pronunciato, insito a una lingua straniera che non ha senso calpestarla, e con
l’espediente fisico da inquadrare per non rimanere trafitti da una pena di
facciata, circa il vissuto dell’essere diverso da noi, che in fondo non
riusciamo a immaginare.
Chiedersi in
prossimità dell’aldilà se le cose volgono al celestiale è la prerogativa
dell’anziano non vedente che puoi incrociare a inizio giornata, fingendo
d’ignorarla per godersi il bello di una reazione; tra artigli dismessi,
cercando semmai d’evitare di sfoggiarli artificiosamente, come se coinvolti
dalla pigrizia bene intesa dei nostri predecessori.
Ci si ritira dentro
una debole corazza, forti di un olfatto che strugge, rievocante storie
alternative, a pelle, per solcare miserevoli rifugi, mantenendo il buon senso a
livello economico.
La poetessa si lascia trascinare dall’idea che un soggetto
amoroso, a lungo debilitato, ti avvisi della sua dipartita intensamente; mentre
occorreva dormire, assorbendo l’invito apparentemente improprio, all’essenziale
da masticare, giorno per giorno, oltre che quel minimo di quiete da sondare nei
festivi.
Il rapporto con la
fede presto cestinato si rende dolciume da donare senza pensarci, opportunamente;
nella misura di una sorte contraria, la stessa che ti trasmette il povero che
viene cacciato dall’esercizio commerciale, sopra il quale ci si esprime
lussureggiando, senza badare alla coscienza, allo sballo tenuto celato,
all’imbarazzo che traspare se costretti ad ammetterlo; distanti dal pazzo che
compie un atto di fede segnando l’aria, positivo al massimo, così certo della
condivisione di una dote infine.
“rannicchiato in una bolla d’eterno”
Seppur la ragione di chi hai di fronte sia pervasa da vizi
incessanti, Lucianna ricava una dichiarazione sincera, preclusa agli esperti e
agli autoritari; per riempirsi di mondi
da scoprire senza smettere di sbagliare, ma respirando, incentivando
spiritualmente con l’umana tenacia, quella necessaria per riflettersi nei
malesseri sempre più vari e scatenare della sana comunicazione, sciogliere curiosamente
della disperazione incomprensibile, dovuta dalla crudele perdita degli affetti,
per cui si scappa eccome gridando che ciò non può essere vero.
Lavorando pubblicamente
e in modo duraturo alimenti il desiderio di un lato oscuro di te stesso, di
risiedere nella fatica di respirare, per non precipitare nel suono degli
acquisti che devono passare dalla cassa, a sancire il prominente senso di
disaffezione dal genere umano.
E pensare che disponiamo dell’intento di viverci, di un’illusione
divenuta solitaria, come quella di toccare una creatura nuova fino a
dipenderci, dovendo ricordare d’averla vista uscire da noi stessi, per
stabilire silenziosamente cosa scrutare o chi è meritevole di ricevere un cenno
d’intesa; anche se occupato a salvarsi
dai personali movimenti.
Fa niente se non si
viene identificati, perché non siamo in grado di leggerci dentro, girando e rigirando
un groviglio di accessi; così inconsapevoli da non guarire, e rimanere a
suscitare nient’altro che mistero per una dimensione terrena alla quale
serve inculcare più di una preghiera affinché non s’inaridisca.
E’ impossibile
peraltro fare avanti e indietro in mancanza di uno spazio reale, compiere
dei passi come a non curarsi dell’angoscia che si deve provare all’attrito del
mordente che si perde in bocca, in un attimo.
La richiesta di solarità si reputa effettuata perdendo la
vita a trovare delle modalità di frequenza ambigua e fitta, e rimbalza sul muro
rappresentato da un cliente che si ostina a giustificarsi, ad allontanarsi.
Da una parte della
panoramica il moto degli eventi sembra che si scandisca da sé, svuotati i mezzi
di trasporto e le persone che sembrano irrecuperabili, eppure dei sentimenti
pulsano per la delicata trasparenza del dubbio che si evolve varcata la morale frammentata;
per la paura di maturare, roba che si
considera addirittura un errore dare la vita per rinfrescare delle
responsabilità nei riguardi del prossimo, volendo stare altrove invece che
incassare della presenza adeguata, in un supermercato che stimola al consumo
che non emoziona, chiusi nell’immensità dell’intimo, bene in vista comunque.
V’è dell’eccesso che
disturba la poetessa, una veste da levarle di dosso domandandolo semplicemente
a una persona; consci del bene da volere, quando non si riesce a sentirlo,
potendo rinviarlo di fatto ogni volta, e percepire meravigliosamente fori
d’entrata, di silenzio, magari con la lettura di un discorso passato ma fermo
sulla pagina del diario che non ti aspetti.
Sotto un’entità indefinita Lucianna conserva ricordi
graffiati, compattando oggetti che tornano utili ancora immaterialmente; preda
di corteggiamenti sfuggenti, operati da uomini che devono lottare per non
reputarsi prevenuti, istituendo una regola almeno che sia solidale, come
assicurarsi da sventurati la degustazione di una bevanda calda, offerta da
ignoti.
L’appuramento del
buonsenso contenuto da un individuo lo si rileva controcorrente, smettendo di
verificare fino allo sfinimento il valore del denaro, tanto l’importante è che
a produrlo liberamente sia un conoscente più che fidato.
E poi, s’è indispensabile attrarre non ha senso
accessoriarsi normalmente quando hai da mantenerti; così da farti notare dai perfetti,
dacché naturali, esponenti dell’emotività, quali sono i più piccoli, che ci si
ostina a renderli splendenti con un ragionamento sterile ma incessante, non
puntando sull’incanto che si può tranquillamente reinventare riciclando
materiale non più funzionale.
Invece ci si concentra sull’estetica anche se per via
dell’età non la si vuol pretendere, tradendo
l’intento di sacrificarsi per una giusta causa che nel frattempo peggiora la
considerazione sui disperati che arrivano addirittura a scomparire per farci
stare con l’anima in pace.
La beffa c’invoca
dall’organismo che serbiamo d’impulso, divenendo misteriosa mentre si
aspetta invano qualcosa di nuovo se non di buono, in perenne sospensione
quindi.
Trattasi di un
risentimento generatore di distanze da colmare assolutamente non tralasciando
mai della creatività, per non alimentare in aggiunta traumi per furti dovuti
dall’essenziale che si esaurisce perché non è veritiero, e ritrovarci con le
frequenze cardiache stravolte dalla solitudine che non meritiamo; a faticare,
in un tempo che si attacca sulla pelle, o cazzeggiare semmai, stimolati dalla
luce solare evidenziata di riflesso da un veicolo in sosta.
Negli occhi di certi uomini perdura una triste voglia di
possesso; mentre si sfrutta uno stracciato accertamento fiscale ponendoci
dietro il recapito per delle richieste d’amore non reciproco, e la radio svetta
avvisando di fare attenzione alla guida se hai da goderti delle vacanze o sulla
via del ritorno a casa.
La pazienza a molti uomini non appartiene; e si preferisce
far marcire i polmoni all’aria aperta, se non la spesa solo in presenza di
sconti, con la compagna di una vita a pretendere che non sia comunque il suo
portafoglio ad aprirsi per Lucianna, che si è rimpicciolita come cassiera fino
al generico, per gli altri.
Il silenzio, che
consiste nella scarsa propensione al sentimento o peggio ancora nella mancanza
di autostima a priori, viene fulminato dall’accento secco, cupo e distante di
un principio di linguaggio che però vibra e partecipa alla dismissione
improvvisa del brutto dalla psiche.
Si lamenta l’attitudine a donarsi ch’è nulla, quando
tendiamo la mano senza accorgercene, dacché furbi nel falsare le linee di massima
e intrattenere ingiustamente; rifiutando magari una bestiola sgradevole
all’apparenza, ma che sa osservare qualsiasi umano spostamento, comprendendo
meglio di tutti che in base agli anni che si ha la solidarietà può trapanare
fino a raggiungere il midollo osseo.
Il camice che ha utilizzato la poetessa si è consumato
durando a costituire comunque il buon esempio per la bambina che intende
svolgere il suo mestiere di una vita, affermandolo con la tipica ingenuità di
chi dovrà caricarsi di svariate, preziose custodie; specialmente in un ambito,
quello del commercio, dov’è facile scambiare il dare per l’avere, facendo
mostra di sé per forza, per un ruolo d’assorbire, e a fronte dell’anzianità che
diventerà lampante, invincibile.
Gli adombramenti tacciono, uniti per venire calpestati da
irrefrenabili aggeggi, cosicché aspettiamo che volga il sereno, svaniamo nella
sensazione medesima, quando essa ritempra culturalmente un paesaggio e sembra
che c’induca lentamente a provvedere al domani; tra figure favolose che si
concretizzano dialogando, affondando nell’animo quotidiano, della persona
costretta a isolarsi, che riesce a distinguere l’essere dall’apparire in
Lucianna, e indossando più indumenti possibili per non soccombere all’inverno
da scrollarsi di dosso in definitiva con movimenti bruschi e repentini, fuori
dal supermercato.
Entrando od uscendo, la poetessa mira con lo sguardo
gl’interni delle case che non paiono oscurati affatto, per lasciarsi assalire
dalla malinconia, piacevole se la privacy non è scontata, se la consuetudine va
scalfita; specie per la storia di un giovane che si svaga col torpore civile
racchiuso in un insetto svolazzante nella sua stanza, che vuol essere
catturato.
A fine giornata, il tramonto sembra perdurare, resistere al
buio di lì a poco, talmente muto da far prevaricare lo sconosciuto andante, in
un’atmosfera soffocante, affollata; arrivando anche all’irragionevolezza per
motivi al femminile, alla compassione della poetessa nei suoi confronti, senza
costo.
Indicare una persona per aderire al presente sarebbe una
prerogativa se non fosse che occorre verificare il canale attraverso cui
dimostrarlo, e mica a dei prodotti perfettamente sistemati, dato che per i
bimbi un fenomeno di maltempo è vitale, ed è peccato che gli adulti non lo
comprendano.
Le questioni vanno approfondite con un fare religioso
disastrato, perché ci si stanca a provare di descrivere un dono del tutto
naturale, motivandone l’affezione, per sospingere la gente a impegnarsi seppur
sia dura cessare d’esistere lasciando un esempio ancor più buono di quando s’è
iniziato a respirare; da genitori che sappiano tenere a cuore, in tempo, il
destino della loro creatura, aiutandola con fermezza finalmente, provocando
dunque scompiglio attorno, ovvero della sana curiosità.
“quel sollecito di difficile compito
di morire migliori di come si è nati”
La poetessa elabora dell’umiltà con costanza, ed è
divertente chiamarla nonostante le sue riflessioni sbriciolatesi per
ricominciare nuovamente ad armonizzare, e cogliere stavolta il tono adatto per
la sua pecca, sopravanzando i soldi al sussulto che si genera quando si esige
riconvertirli; tra chi crea e chi esegue.
“io coi miei pensieri frantumati
mandati a capo come una cattiva poesia”
Purché si evidenzi
con l’intensità di un approccio il candore del macigno che riponiamo in noi, senza
poi rifiutarlo qualora infastidisca chissà quale andazzo civile, da raccontare
per uno scritto che ostenti nulla, che ci renda consapevoli di ciò che siamo, e
attivi di conseguenza."
Vincenzo Calò
"nel corpo stanco delle ore" Esporsi, sempre: eludere il corpo. Questo l'artifizio del poeta.
RispondiEliminaNon vedo l'ora di acquistare quest'opera. Leoeriu