Qualche minuto a letto, col quaderno ad anelli e la stilografica, intanto che si sedimentano i pensieri –e i due panini demoliti in un attacco di fame ormonale. Sono grata a F., che mi ha regalato questa serata al Teatro Fraschini di Pavia. L'Italiana in Algeri: “dramma giocoso in due atti, di Giocchino Rossini, su libretto di Angelo Anelli” (1813). Il 15 novembre
F. aveva
deciso di vender cara la pelle per la postazione più comoda in loggione. Perciò,
siamo arrivati al Fraschini con mezz’ora d’anticipo. Lungo le scale, lui si è
lanciato in una corsa matta e disperatissima. E io dietro, a cercar di
riguadagnarlo. Era destino che il pubblico dovesse ridere, ancor prima che
iniziasse lo spettacolo.
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Accarezzo
la spalla di F. Chissà cosa pensa di me
come “Italiana in Algeri”. Poco importa. Mi concentro sulla scena. Lì, i nostri
connazionali fan bella figura. Fuori dal teatro, incroceremo le dita. Mi piace
pensare che, nella baldanza di Isabella, ci sia un po’ di quell’allegro marziale dell’Inno di Mameli. Di
quell’incoscienza creativa che tiriamo fuori in alto mare (e che vada un po’
oltre Beppe Grillo o il revival anni ’20-’40,
speriamo!). “Quanto vaglian gl’Italiani al cimento si vedrà.”
Fotografie di Pierino Sacchi.
Fotografie di Pierino Sacchi.
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