Parte III: Colloqui
7.
I
tre ragazzi oltrepassarono la chiesa romanica di S. Francesco Grande, rossastra
sotto la piena luna primaverile, e si immisero in Corso Carlo Alberto. Amedeo
si sforzava di sorridere agli amici; ma Ernesto e Alessandro sapevano che
quella non sarebbe stata una serata come tutte le altre.
A loro, il giovane aveva detto che
la sua ragazza doveva fare un’operazione
rischiosa. Non avevano idea che si trattasse, piuttosto, di un duello con spade giapponesi. Amedeo sorrise
amaramente fra sé. Raccontandolo, sarebbe sembrato un film di Quentin
Tarantino.
Quando
avevano programmato di uscire insieme come se niente fosse, Ernesto aveva
studiato la faccia di Amedeo, con un fare tra l’inquisitorio e il preoccupato.
«Guarda che non è mica obbligatorio, se non te la senti…» aveva avvertito. «No,
no!» aveva scantonato lui. «Sarà meglio se non starò a pensarci su…»
Così, anche quella sera, i tre percorsero il pavé di Strada Nuova, fra
gli studenti in libertà – tutti più giovani di loro, ormai; attraversarono
Piazza della Vittoria; s’infilarono nella porta dell’irish pub “Il Broletto”, sotto l’ala dell’edificio omonimo.
Avevano trovato un tavolino rotondo
con tre sgabelli, in una delle salette illuminate da candele elettriche e
rigorosamente rigonfie di avventori. Alessandro aveva preso le ordinazioni per
conto di tutti e aveva avviato la conversazione sulle solite cose: il lavoro
sempre precario, qualche chimera di fortuna all’estero, le scaramucce con le
fidanzate. L’impiego di Amedeo come ostetrico era solitamente fonte di lazzi
immaginabili; ma, quella volta, il terzetto se li risparmiò.
Lui, da parte sua, ascoltava i due
senza intervenire. Fissava il piano bruno del tavolo, come se vi vedesse
riflessi i propri pensieri. Sei anni di fidanzamento. E di sogni.
Strinse il bicchiere di birra che
gli era appena stato recapitato dal cameriere e la sensazione ghiacciata parve
dargli una sorta di sollievo. Il Fante di Coppe. Isabella, la sua dirimpettaia,
gli aveva detto che quella era la figura dei tarocchi che lo rappresentava di
più. Sospirò, mentre inghiottiva la prima sorsata amarognola.
[Continua]
Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (23 agosto 2016).
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