Entrando
nella chiesa parrocchiale di Manerbio, fra gli altari laterali a sinistra, se
ne può notare uno, impreziosito da un drappo in malachite e dalle sculture
settecentesche eseguite da Alessandro e Luca Calegari. Tutto questo fa da
cornice a un frammento di affresco quattrocentesco: una Vergine col Bambino,
nota come “Madonna della Neve”.
La sua festa ricorre il 5 agosto,
anniversario della dedicazione della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.
Una leggenda vuole, per l’appunto, che il luogo fosse stato scelto perché sede
di una nevicata miracolosa. La teologa e giornalista Petra van Cronenburg
riconduce questo genere di leggenda alla continuità fra i luoghi di culto
cristiani e quelli celtici: laddove, un tempo, erano venerate le dee della
natura e della salute, si sarebbe innestato il culto della Vergine (Madonne nere, Roma 2004, Edizioni
Arkeios, pp. 83-87). Per l’appunto, ai miracoli e alle guarigioni è stata per
secoli collegata quest’immagine della Madonna della Neve, nella pietà popolare
dei manerbiesi.
Come già accennato, il frammento di
affresco è ampiamente antecedente l’attuale pieve. Esso fu conservato per
volontà popolare quando, nel 1715, si decise di abbattere la vecchia chiesa
parrocchiale per edificarne un’altra. Nicola Cé, curato dell’altare di S.
Caterina d’Alessandria, riportò nel proprio diario un incidente che riguardò il
venerato dipinto: esso fu custodito nella cappella del cimitero; poi, quando fu
il momento di ricollocarlo nella nuova pieve, la catena dell’argano che reggeva
il frammento d’affresco si ruppe, ma il prezioso carico cadde senza
danneggiarsi minimamente (Nicola Cé, Jus
Sancte Catharine Cum multis aliis Notitijs, foglio 91). L’episodio si
verificò l’1 agosto 1741 e “si tenne communemente per un miracolo” (ibid.). La stessa penna, sulla medesima
pagina, riportò un altro accadimento legato alla fama taumaturgica
dell’affresco: una certa “Lucia moglie di Gioseppe Turinelli”, che aveva perso
la vista d’un colpo, offrì un fazzoletto alla Madonna della Neve e guarì
all’istante.
In un proprio articolo su Il Ponte (N. 1, anno 2010, p. 11), il
manerbiese prof. Delfino Tinelli ricorda un momento storico in cui la pietà
popolare volle vedere un miracolo: il 5 agosto 1484, durante la cosiddetta
“guerra di Ferrara”, le truppe in ritiro decisero di depredare le chiese di
Bagnolo e di Manerbio delle loro campane. A Manerbio, i fedeli erano riuniti
nella pieve per la festa della Madonna della Neve e pregavano affinché la
rapina li risparmiasse. Il bombardiere nemico, salito sul campanile, rimase
paralizzato.
Attualmente, i miracoli tacciono;
come si suol dire, “i tempi cambiano” e i manerbiesi non avvertono più il
bisogno di un “sacro palladio”, così come i loro antenati settecenteschi
avevano dimenticato le dee celtiche sepolte sotto la Madonna della Neve. Ma
l’immagine (ancora una volta) rimane al suo posto.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 111 (agosto 2016), p. 14.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.