Parte III: Colloqui
2.
Mentre
si avviava, come faceva da anni, verso la casa di Irene Serra, Amedeo notò
qualcosa di simile a nubi bianco-rosate salire dal suo giardinetto. Ciliegi
carichi di fiori. Il giovane sorrise fra sé, al pensiero di quell’austera
maestra di spada così innamorata delle grazie naturali.
Lui
aveva decisamente altri pensieri, in quel periodo. Dopo la laurea in Medicina,
aveva cominciato a esercitare la professione di ostetrico e la sua mansione di
responsabilità – unita alla giovane età – lo rendeva spesso nervoso. Nilde,
invece, era reduce dalla laurea magistrale in Lettere antiche.
Suonò il campanello e gli rispose,
regolarmente, la voce della sua fidanzata. Ma la figura che gli venne incontro nell’ombra
serale, lungo il vialetto, lo rese stupefatto.
Era
lei, certo. Tuttavia, la sua figura flessuosa e dagli abiti scuri irradiava un
atteggiamento che non le aveva mai visto. Una serenità e una chiarezza di
sguardo che parevano pervadere il suo passo leggero e regolare. Il suo volto
guardava con distacco e, allo stesso tempo, ogni cosa poteva dirsi compresa in
esso – come negli occhi della Minerva in gesso, in quella biblioteca dove
Amedeo aveva vissuto le proprie peggiori angosce e le più profonde ebbrezze.
Le
braccia di Nilde lo strinsero, forti, ma senza foga. Mentre lui le carezzava la
schiena, la ragazza gli rivolse un limpido sussurro: «Sarà presto. La prossima
luna piena… sarà l’ultima per mio zio o per me».
[Continua]
Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (14 luglio 2016).
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