Nell’estate
meno estate che si possa immaginare, un concerto non può che intitolarsi “Non
ci sono più le mezze stagioni”. Così, infatti, è stata chiamata l’esecuzione
manerbiese delle “Quattro Stagioni”, i primi concerti grossi per violino di
Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741), compresi ne “Il Cimento
dell’Armonia e dell’Inventione”. Gli spartiti uscirono nel 1725, per i tipi di
Michel-Charles Le Cène, ad Amsterdam; Vivaldi, però, disse di averli composti
prima di quell’anno. Sono uno dei primi esempi di “musica a programma”, ovvero
a tema: un esempio di quel gusto barocco per l’ingegnosità, la novità,
l’abilità esecutiva. In questo caso, la bravura del compositore sta nel saper
usare i suoni per riprodurre le atmosfere di ciascuna stagione, coi rumori, ma
anche i colori, i profumi e le temperature.
A Manerbio, le “Quattro Stagioni”
sono state proposte al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, il 19 giugno 2016. La
locandina prevedeva una collocazione all’aperto, nel portico di Palazzo
Luzzago; il clima più fresco del previsto ha indotto a cambiar luogo. Per
ironizzare sul fuori programma, è stato anche mutato l’ordine di esecuzione dei
concerti: l’ “Estate” è arrivata per ultima, come buon auspicio.
L’evento era stato organizzato
dall’Associazione Micrologus, che si occupa anche di educazione musicale in età
prescolare. A esibirsi era l’Ensemble Bazzini, accompagnato dal clavicembalo di
Edmondo Mosè Savio. L’Ensemble è un quartetto d’archi composto dai violinisti
Daniela Sangalli e Lino Megni, dalla violista Marta Pizio e dal violoncellista
Fausto Solci. Per l’occasione, si era aggiunto il violino di Cesare Zanetti. Il
nome ricorda Antonio Bazzini (Brescia, 1818 - Milano, 1897): compositore
bresciano, virtuoso del violino, direttore per anni del Conservatorio “Giuseppe
Verdi” di Milano.
Oltre ai celebri concerti di
Vivaldi, ne è stato eseguito uno di Georg Friedrich Händel (Halle an
der Saale 1685 - Londra 1759), sempre per clavicembalo e archi.
Le presentazioni sono state affidate
alla voce di Luciano Bertoli, che ha anche declamato i sonetti accompagnatori
delle “Quattro Stagioni”: composti forse da un anonimo, forse da Vivaldi
stesso. L’Autunno descriveva l’ebbrezza (non metaforica) per i frutti della
vendemmia e una battuta di caccia. L’Inverno era un tripudio di ghiacci
(insidiosi per il cammino), di venti e di pioggia. La Primavera era impersonata
da un pastorello dormiente accanto al cane e dalle danze delle ninfe. L’Estate
era tutta un ronzio di calabroni nella calura e un fragor di temporali. La
presenza di questi versi, per quanto convenzionali, si inseriva bene
nell’intento di Vivaldi: unire - grazie all’ingegnosità - tutte le arti e le
sensazioni, per gustare le sfumature annuali della natura.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 110 (luglio 2016), p. 6.
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