Quante
volte l’abbiamo sentito dire? La “società liquida”… la “società del caos”… il “postmoderno”…
In questo mese, a un incontro sul problema del gioco d’azzardo in Lombardia, è
stata intavolata la questione. Gli Stati nazionali, le Chiese e i partiti
vacillano in credibilità e autorevolezza. Il che equivale a dire che tutti i
prodotti della modernità vacillano.
«Ecco che si può stare un poco in
pace!» sbufferà chi non ha mai potuto soffrire indottrinamenti e moralismi.
Invece no. Perché sono proprio i naufraghi a tenersi spasmodicamente alle
tavole fradice della loro nave. E, pur di non mollarle, sono disposti anche a
far annegare coloro che si trovano vicini. Tant’è che stanno tornando di moda
le parole onore e puttana. Quest’ultima è da intendersi in
senso lato, ovvero “persona senza valori morali, che bada solo al proprio
profitto”. Il punto è che, non esistendo più enti morali incontrovertibili,
tutti si dettano da soli l’onore e la coerenza che fan loro comodo, usandole
per tritare le gonadi al prossimo. Specialmente se hanno subito lo stesso
trattamento da parte di altri. Un segno dei tempi. O, forse, sono io che ho
pessimi gusti in fatto di amici.
Comunque, visto che sto cominciando
a guadagnarmi qualche soldo pubblicando articoli, non è mancato chi mi ha detto
che in quanto giornalista, sono una puttana,
perché ho bisogno di molti contatti e non bado alla gente che frequento. È capitata
una cosa del genere anche a una mia ex-collega presso il mensile universitario.
Avendo osato intervistare coloro che
hanno aperto un circolo di CasaPound a Pavia, si è sentita dire che “ha fatto
pubblicità ai fascisti”. Già, perché non c’è differenza tra informazione e
propaganda, per i “postmoderni”. Pazienza se costei era una delle più palesi
antifà che io conoscessi.
O “puristi” di tutto il mondo,
fatevene una ragione: il dovere del giornalista è quello di sentire più campane
possibile e di mettere le mani sulle fonti col minor filtro. Il che significa
che la sua moralità consiste nell’esatto contrario della vostra. Lo stesso
discorso vale per l’amore romantico: se ne infischia delle convenienze, delle
inimicizie e spesso pure della morale. Se non siete d’accordo, fate a meno di andarlo
ad applaudire nei teatri. O di sventolare the
colors of true love.
Nel troiaio generale, comunque, una
cosa è palese: gli unici modelli di una certa grandezza sono proprio le
puttane.
Quelle
meravigliose come le eroine dell’Antico Testamento. Come Ester, che salvò un
popolo intero per aver avuto lo stomaco di tacere e il coraggio di parlare al
momento giusto. Come Giuditta, che rinunciò temporaneamente alla propria immagine
di santa per rompere un assedio ed evitare uno sterminio per sete.
Tamar
si prostituì col suocero, per ottenere quella discendenza che i maschi della
sua famiglia le dovevano. Quando questi lo seppe, ritirò la condanna a morte
contro di lei e riconobbe: «È più giusta di me» (Gn 38, 26).
Le
puttane ascoltano molto, parlano poco e sanno tutto. Raab (Gs 2, 1 ss.) trova in
questo modo un Dio e l’incolumità per sé e la sua famiglia – che lei non
dimentica.
Non
troverete mai una buona puttana che tradisca i segreti, che parli alle spalle o
che giudichi. Le puttane non riempiono roghi, gulag e camere a gas.
Sono
in grado, come la Malerba di Giovanni Verga, di piantarsi tranquillamente in faccia al Cristo, alla legge, a tutti quei visi arcigni,
colla sicurezza di chi ha visto in maniche di camicia gli sbirri e i doganieri (“Un
processo”, in Vagabondaggio, 1887).
Sono le uniche a poterlo fare, perché vaccinate contro ogni ipocrisia e convenienza.
Le
puttane sono misericordiose. Quando qualcuno si rivolge a loro, non gli fanno
domande: pensano solo a risollevarlo dalle sue debolezze. Porgono l’altra
guancia ai malumori e ai difetti, perché sanno che siamo tutti fatti di carne e che l’unico modo di arrancare sulla
barca dell’esistenza è accettarsi l’un l’altro. Si prendono gli insulti di chi, per una vita, si è lamentato del
bigottismo altrui. Per loro, nessuno è indispensabile, ma tutti sono preziosi.
Non comprendono davvero come si possano sacrificare i sentimenti e la dignità
di una persona per una bandiera o una dottrina.
Le
puttane hanno saputo fin dall’infanzia cosa siano l’etica e la religione. Ne sono
state ingozzate. E tutta la loro vita è una fuga da quei fantasmi. Ma,
cacciatili dalla porta, li vedono rientrare dalla finestra. Ecco dunque che
svelano, a sprazzi, un rigore mai morto. Lo sfogano nel rifiuto di ogni
ingerenza nel loro cuore, nella loro spiritualità e nei loro interessi
intellettuali. Se qualcuno cerca di trattenerle con la forza o con i sermoni, fanno
di tutto per sfuggirgli – o per atterrarlo. Se amoralità è questa, è la stessa
del pesce che si dibatte disperato nella rete.
Quando
fanno del bene, lo fanno in modo caotico, per istinto o passione, più che per
obbedienza. Ma lo fanno senza riserve. È la loro Legge Suprema.
Quando
sentono qualcuno parlare di “assenza di morale” o “perdita di valori”, non
capiscono nemmeno cosa intenda. Per loro, i principii sono sempre quelli: Tutto quanto volete che gli uomini facciano
a voi, anche voi fatelo a loro; Non giudicate e non sarete giudicati; Leva
prima la trave dal tuo occhio e, poi, potrai togliere la pagliuzza da quello
del tuo fratello; Chi ferirà di spada, perirà di spada; Non ciò che entra nella
bocca dell’uomo, ma ciò che ne esce lo rende impuro. Davvero non capiscono
come ci sia bisogno di discuterne. A pensarci bene, somigliano proprio a quel mangione e beone, amico di pubblicani e
peccatori, che fu crocifisso dai sapienti e dai puri.
Tutti
le insultano e tutti ne hanno bisogno. Perché non possono permettersi di gestire quello di cui le puttane si
fanno carico. Dopotutto, questa è la caratteristica di ogni società perbene, da
quando esiste il mondo.
Se, nell’era postmoderna, torneranno una verità e un’etica degne di questi nome, esse nasceranno proprio dalle puttane. Agli altri, rimarranno i relitti. Buon pro faccia loro.
Se, nell’era postmoderna, torneranno una verità e un’etica degne di questi nome, esse nasceranno proprio dalle puttane. Agli altri, rimarranno i relitti. Buon pro faccia loro.
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