Il
Pedibus di Manerbio ha da poco visto la propria versione autunnale, dal 28
settembre al 30 ottobre 2015. Presentare ai bambini delle scuole elementari la
bellezza del camminare non è semplicissimo, in detta stagione. Tuttavia, i
volontari contattati dal Comune si sono impegnati per non far mancare colori e
giochi neppure sotto le minacce di pioggia. In particolare, ha visto un seguito
l’iniziativa “Nel mezzo del cammin…”, nata per commemorare il 750° anno dalla
nascita di Dante Alighieri. Stavolta, l’attenzione si è spostata su un’altra
figura: un contemporaneo di Dante, più vecchio di lui di qualche anno; come lui
poeta toscano, ma di Siena e… di ben altra pasta. Si tratta di Cecco Angiolieri
(1260 – 1313?). Questa fermata del Pedibus ha preso il nome dall’incipit del
suo sonetto più famoso: “S’i’ fosse foco”.
Guidati da una neolaureata in
Lettere, i piccoli hanno potuto vedere che la poesia non è solo solennità, ma
anche gioco, sberleffo, vita quotidiana. Al posto dell’Aldilà cristiano,
l’inferno e il paradiso delle buone bevute, delle perdite al gioco, degli alti
e bassi dell’amore. In luogo dell’angelica Beatrice, la litigiosa Becchina. Il
tutto presentato in modo assolutamente innocente, come un cartone animato.
Ancora una volta, l’esposizione si è avvalsa di disegni a pennarelli: più
complessi di quelli vignettistici riservati a Dante, che ricalcavano la matita
di Marcello Toninelli. Cecco era rappresentato come un giovane azzimato e
variopinto, che sognava un verso poetico. Sull’altro lato del cartone, i
simboli delle sue tematiche: un fiasco col bicchiere, gli occhi adirati di
Becchina circondati da cuoricini, una coppia di dadi.
Ai bambini, è stato chiesto di
immaginare cos’avrebbero fatto se fossero stati forze della natura – ripetendo
il gioco di fantasia che è alla base di “S’i’ fosse foco”. È stato un piacere
constatare che le loro risposte non si discostavano molto da quelle date nel
sonetto, che loro non conoscevano. Potenza del lunedì mattina.
Il terzo era il più semplice, ma
anche il più gradito dai partecipanti: un mini-torneo di dadi, con l’alternanza
turbinosa di vincitori e vinti. «Al tempo di Cecco, questo era il gioco degli
uomini nelle osterie… chi perdeva, doveva pagare da bere. Qualcuno si ritrovava
senza soldi, per questo, come succede oggi nei bar coi videopoker» spiegava la
conduttrice del gioco. «Ma noi, che siamo più bravi di Cecco, giochiamo solo
per divertirci».
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 102, novembre 2015, p. 20.
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