Benvenuta nuovamente Rosi. L’Attualità t’ispira per scrivere, imprescindibilmente?
Grazie Vincenzo, felice di essere ancora
tua ospite. L’attualità mi ispira certo, ma solo nei tratti che mi colpiscono
particolarmente. Nel caso specifico, del mio ultimo romanzo Ora più che mai edito dalla Placebook Publishing &
Writer Agency, il quotidiano è presente!
L’azione comincia il 29 febbraio 2020, con la pandemia alle porte, la vita di
migliaia di persone sconvolta nel giro di poche settimane… ma non voglio fare
troppi spoiler. Diciamo che scrivendo al presente, adottando il periodo che
vivo come mia cartina di tornasole, ho trovato congeniale immergermi
nell’atmosfera che tutti, in svariati modi ovviamente, abbiamo vissuto. Creando
però una storia d’amore, perché d’amore scrivo principalmente, ma anche di
fratellanza, di amicizia, di valori profondi.
Quale
tratto distintivo ti affascina navigando il genere umano?
L’Umanità, quale esplosione di bellezza
e di variegate sfumature! Amo soprattutto coloro che non si arrendono
all’ovvio, che tendono una mano, che non cercano i riflettori a ogni costo
(come fanno invece i peggiori, con quel rovescio della medaglia che un po'
tutti abbiamo incontrato nel viaggio della vita… ovvero quelli che calpestano
in modo subdolo, nascosto, camuffato); chi non ha “Santi in Paradiso”, giusto
per intenderci!
Il
tuo carattere muta viaggiando o perdurando in un dato posto del mondo?
Fino all’adolescenza sono stata una
viaggiatrice, ogni tre anni in media cambiavo casa, scuola, amici, città,
atmosfere, suoni, colori. Posso dire che il mio carattere si è formato proprio
allora,
incontrando tante diversità: di
pensiero, usi e costumi. Credo sia stata la mia vera fortuna, se oggi posso
dire di avere una mente aperta e proiettata verso il prossimo probabilmente,
anzi no sicuramente, è dovuto a questa mia caratteristica. Il fatto è che
l’animo viaggiatore rimane ed è ancora oggi la nota più colorata del tempo che
attraverso.
Con
quale aggettivo, e perché, mi descriveresti un elemento qual è la Memoria nel
tuo caso?
Abbino alla Memoria il termine
Nostalgia: non è raro che io mi fermi a ricordare e senta quasi tangibilmente
il profumo, la sensazione, il colore di un dato periodo del passato. Mi spiego
meglio: potrebbe essere un giorno d’inverno in Umbria a fine anni ’60, mia
madre è lì nella grande cucina
della nostra casa che aggiunge legna
nella stufa, aprendo con un lungo uncino di ferro i cerchi concentrici del
piano infuocato e riposizionandoli con perizia. Io sono con lei vicino a una
finestra dai vetri ghiacci, guardo un pettirosso che becchetta delle briciole
sul davanzale… e sono felice. Oppure… è un giorno di primavera, anni dopo, con
i peschi fioriti e i prati sconfinati ai miei occhi adatti a correre, nelle orecchie
ho le mie urla di gioia mischiate a suoni di musica festante che esce da un
radiolone, e la felicità è completa. Appunto, Nostalgia!
Nel
corso dei tuoi romanzi tieni fede a un unico genere letterario? Sei un fiume
d’inchiostro impetuoso?
Ecco, io avrei voluto essere una
giallista, Agatha
Christie sarebbe il mio mito. Poi,
tantissimi anni fa, un famoso editore milanese mi disse che sì sapevo scrivere,
ma assolutamente non avevo i
“tempi” del giallo! Ci ho messo anni per
digerire questa cosa ma ho ascoltato anche il resto del suo consiglio, “Scrivi
di sentimenti, è quello il tuo mondo!”. E così ho cominciato con All’amore non si
sfugge, di seguito con Un borgo nel
cuore e ancora adesso con Ora più che
mai.
Però non disdegno un pizzico di suspense
qui e là e una manciata di mistery quando serve!
Come
si riarmonizza l’Amore, magari attraverso le parole, e perlopiù familiari? Una
verità sgarbata risulta sempre deleteria?
Non riesco a essere sleale con chi mi
legge, sono come mi sento di essere. Se una verità è cruda, che lo sia! Le
azioni eccessivamente smielate non convincono me per prime figuriamoci, e cerco
e spero di trovare sempre nuove variegature per un sentimento che altrimenti
sarebbe trito e ritrito, noioso. Togliendo di mezzo le ipocrisie ma senza
cercare il sensazionale a tutti i costi, giusto per colpire. Se colpi ci sono e
ne metto sono colpi al cuore, che danno vita e a volte la tolgono, impietosamente.
I
personaggi nei tuoi romanzi si schiariscono per mezzo dei dialoghi?
Amo appassionatamente i dialoghi (amo un
bel po’ di cose come vedi!) e provo a renderli chiari, cubitali, senza monologhi
amletici, possibilmente. Poi ci sono le introspezioni descrittive che colmano laddove
il dialogo è mancante o non può arrivare. In Ora più che mai c’è anche musica, un altro modo che ho
trovato per comunicare le emozioni; ne abbiamo ascoltata tanta nel periodo
della primavera scorsa, quella della quarantena per intenderci. Ne ho messa per
riempire il silenzio che rischiava di diventare opprimente, ne ho messa perché
è una delle cose che amo (altro amore ancora), ed è la musica di un giovane
cantautore molto amato dai giovani e giovanissimi, anche se piace anche a me: Ultimo! Ci sono alcuni suoi testi/citazioni sparsi
qui e là… un altro modo per dialogare; le note cantate, la voce che si fa
melodia… l’ho fatto in un impeto di espansione, perché per me la musica è un
ampliamento della cassa toracica, un respiro che riempie spazi non considerati
normalmente, un diverso modo di esprimersi. E quindi posso dire che il mio intento
è quello di far parlare i miei personaggi con la mia voce, con le mie
inflessioni, con il semplice obiettivo del comune discorrere, quello di ogni
giorno.
Secondo
te i riconoscimenti letterari comportano o addirittura accrescono ancora una
forma di rispetto? La via del successo per una scrittrice come te presenta
troppi bivi che possono stravolgere siffatta ambizione?
Finora ho partecipato a un solo Concorso
Letterario - Inchiostro
di mare, alla sua Prima Edizione
Nazionale - e sono arrivata terza per la sezione Narrativa Edita col mio secondo
romanzo Un borgo nel cuore ambientato
nella mia Puglia e in particolare a Monopoli, la città in cui vivo e che amo
infinitamente (altro amore insomma!). La motivazione al riconoscimento mi ha
dato una gioia che non so descrivere, che va ben al di là dell’essere fra i
primi tre… “Un libro che può essere degno di descrivere la Puglia al turista
che si appresta a visitarla”. Più o meno queste le parole usate, che altro
dire, per me è stata felicità! Non so però quanto all’uomo e alla donna che non
legge sia arrivata questa notizia, bisogna fare incessantemente promozione alle
proprie opere… gli scrittori, tranne quegli famosi e son pochi rispetto agli
altri di cui faccio parte, sono da sempre poveri in canna! Quindi ben vengano i
giornali online, i social e via così, come formichine si mette un granellino
sull’altro sperando di farne un mucchietto. Decisamente quindi l’ambizione deve
lasciare il passo alla realtà ma senza fare drammi, ripeto, si va avanti e si
spera che i libri arrivino nelle mani giuste! In tutto ciò non mi vedo
diventare una nuova Isabella Allende,
anche se sognarlo non mi rovinerà certo la vita… e non fuggirò a gambe levate
se il successo proverà a
raggiungermi! Piuttosto gli stringerei la
mano e farei un patto: che la strada la sceglierò io di volta in volta mentre a
lui, al Successo, lascerei qualche riflettore da accendere, di tanto in tanto. Scherzi
a parte, di tutto il mio elaborare e scrivere e creare, di questa nascita che
dalla testa raggiunge il cuore e si propaga a chi mi legge, è il fruitore
ultimo, il lettore, che fa la differenza. La gente, la varia Umanità che mi ha
rischiarato più di qualche giornata, che ha distolto la mia mente da pensieri opprimenti
e che fa pulsare il sangue nelle vene anche per una stretta di mano e per un
grazie vicendevole. A loro il mio inchino e la speranza di vederne sempre di più,
di sentirne il calore in quell’abbraccio che manca come l’aria. Il mio ultimo
grazie a te Vincenzo, insieme a un caro saluto pieno di stima.
… Ora più che mai
Proprio
nel giorno caratterizzante l’ultimo anno bisesto appena passato, all’improvviso
l’ordinario si dissolve, l’umana esistenza rimane trafitta e il terrore avanza
costringendo a mettere i sigilli ai plessi scolastici, ad abbassare le serrande
degli esercizi commerciali.
Un
uomo di nome Sandro per fraterna premura induce Stella e il piccolo Francesco a
trasferirsi nel sud… non c’è verso di risiedere nell’agone meneghino.
La
comunità pugliese si presenta come una speranza, conficcata in un’ambientazione
pittoresca denotate certe strutture, persino di proprietà parentale.
La
sorella e il figlio di Sandro permarranno magari temporaneamente, dovendo
dipendere in primis dall’instabilità globale; sta di fatto che Stella, ch’è
ancora una ragazza, decise, desiderandolo con tutta se stessa un ventennio
prima, di destinarsi a Milano in definitiva, distaccandosi da un trascorso
fatto di esperienze che non le smettono di provocare turbamento, del malessere
di punto in bianco.
Vincenzo Calò
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