Nel
biblico Libro di Daniele, è narrata la storia di Susanna (13, 1 ss.): una donna
ingiustamente condannata a morte, sulla parola di due uomini autorevoli che
l’avevano insidiata. La sua storia è reale oggigiorno, nella vicenda di Asia
Bibi (N. 1971 circa). Donna pakistana del Punjab, cristiana cattolica in un
Paese a prevalenza musulmana, era una lavoratrice agricola. Le sue compagne di
lavoro mal sopportavano quell’ “intrusa”, per di più nominata responsabile. Una
lite attorno alla fonte d’acqua, poi l’accusa: “blasfemia”, che - in Pakistan -
è reato capitale e infamante. Dal 2009, la vicenda penale di Asia si trascina.
Giudici e autorità civili riconoscono la sua innocenza, ma c’è una fatwa (=
sentenza di un esperto di legge coranica) che impegna ogni “buon musulmano” a
troncare la vita della donna. I due testimoni maschi che hanno convalidato le
accuse delle lavoratrici ammettono di non aver udito la bestemmia, ma affermano
che “Asia ha confessato”. Peccato che fosse una confessione falsa, nata dalle
torture e dal logorio psicologico.
Di questo tratta “Libertà per Asia
Bibi” (2015), il documentario curato dal regista e produttore Carlo Infanti.
Parte di esso è stato proiettato a Manerbio, al Teatro Civico “Memo
Bortolozzi”, il 6 marzo 2016. Era presente la vicesindaco Nerina Carlotti,
insieme a Elena Ungari, in rappresentanza della parrocchia locale. Carlo
Infanti era ospite di persona.
Nerina Carlotti ha aperto
l’incontro, ricordando come la vicenda di Asia Bibi sia solo una delle molte che
hanno luogo fra India e Pakistan, dove la delazione e la calunnia sono
strumenti di controllo e intimidazione. Soprattutto in Pakistan, Al Qaeda e il
Movimento talebano fomentano il terrore e le emozioni religiose di una
popolazione incapace di difendersi intellettualmente.
Ad Asia, è stata offerta una
possibilità: convertirsi all’Islam, sposare un altro uomo e abbandonare la
propria famiglia. Non ha accettato. Il suo caso - che fu notato accidentalmente
da una giornalista francese - è così diventato anche un simbolo di lotta per la
libertà di culto e il dialogo interreligioso. Elena Ungari ha citato S.
Caterina da Siena, la quale sottolineò - già nel XIV secolo - che “niuno Stato
si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia”.
Ha citato anche l’enciclica “Mulieris dignitatem” di Giovanni Paolo II (1988).
Invitato a parlare, Carlo Infanti ha
commemorato un altro coraggioso regista: Theo Van Gogh (1957-2004), discendente
del fratello del celebre pittore. Nel suo cortometraggio “Submission” (2004),
mostrò una donna musulmana che pregava. Le sue invocazioni denunciavano le
violenze subite dai parenti maschi. Il film costò la vita al regista.
Ma, anche in un Paese “laico” e
“liberale” come l’Italia, non va sempre tutto perfettamente. Il film-inchiesta
di Infanti su Aldo Moro, “La verità negata” (2008), non è stato distribuito. Le
spese per produrlo sono state riassorbite solo grazie a ordinazioni private di
copie del film.
Quanto ad Asia Bibi, Infanti si sta
personalmente impegnando per aiutarla a fuggire dal Pakistan. A questo scopo,
ha depositato in diversi Comuni una petizione per conferirle la cittadinanza
onoraria. Essa è stata anche messa a disposizione dei manerbiesi. Come
cittadina onoraria, infatti, Asia avrebbe diritto a soggiornare su suolo
italiano. Sul sito www.asiabibi.org , è
invece attiva una petizione per chiedere la sua scarcerazione.
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