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Le analisi di Vincenzo Calò: Mirko Musas - Le tenebre dell'anima (ed. Sensoinverso)

E’ un romanzo (953 pagine, ma tranquilli, si lasciano leggere eccome!) che scandaglia l’essenza di un individuo che procede lungo il normale percorso di vita tralasciando strane impronte, come se preda di una concezione dell’essere d’affrontare assolutamente; che va a zonzo come a voler raggiungere la parzialità di un’anomalia che riguarda un po’ tutti, riempito di una condizione di quiete presto soffocante, da doversi svuotare a un certo punto per edificare dei desideri. 
Mirko Musas

Tra il sonno e la veglia traspare inizialmente la deliziosa ingenuità di un bambino di nome Mirko (a proposito, va detto che l’autore presenta nulla di autobiografico, che la storia è puramente frutto della sua creatività letteraria), che permette d’impicciare riflessioni in modo tale d’alimentare sembianze in cui il tangibile e il suo esatto contrario si attraggono.

L’abilità nel riuscire a trovare la soluzione ai quesiti più elementari però la comprime in sé al contatto comune, quando viene infastidito da opinioni banali sul suo conto, di persone mai care veramente, e di certo poco serie, che si riassumono nell’ipotesi di esigere per il suo bene la presenza costante di un uomo, per non finire divorato dalle proprie curiosità; nel chiuso di un’abitazione, con la mamma che non prova a convincersi, birbante più del figlioletto che ha piacere di reggere un’omelia cristiana, sentendosi pertanto costretta ad assecondare la creatura che per passare il tempo in estate si diverte a impossessarsi dei sassi marini più lisci, vicini al candore che cerca, raccogliendoli schematicamente, con una desolazione che dipende da un appoggio paterno che non ha potuto mai ricevere, e l’emotività a dipanare il corso degli eventi, invitante da non sapere più come capacitarsi, cosa sia il proibito.

Mirko comincia ad assumersi un aspetto passivo, non essendo ancora in grado di coniugare lo spiccato apprendimento scolastico al rispetto che meriterebbe, specie per come lui riproduce un abuso di godimento dandolo a vedere a nessuno se non a colui che lo sfrutta, dal basso verso l’alto ma con gli occhi negli occhi.

Del terremoto d’Irpinia per esempio Mirko ne cattura il senso di trasporto, l’eccitazione da confidare a una fantasia fatta a uomo e chiamata Ricky, ma quando l’istinto animale gli batte al posto del cuore, si accorge di non poterlo trasmettere, e si mette a succhiare le sue stesse lacrime, in un silenzio da misurare per sempre, seguendo insegnamenti di regola così bene d’allentarsi affettivamente, in una Napoli portatrice di passioni.

Vi sono testi di canzoni pop scelti per descrivere con mestizia di particolari l’andatura di Mirko, ad aprire gli anni, ripresi uno dopo l’altro come diari sofferti, con periodi scritti senz’alcun riferimento stilistico; crudelmente, per il bene della verità, della propria natura umana che sconta osservazioni circa la fede cristiana che lo disorienta capovolgendone lo spirito santo, con le conoscenze che si evolvono, ma che rimarranno striscianti come piovre da sbattere sulla testa del primo soggetto da castigare che ti viene in mente, nell’adolescenza, nella quale i coetanei (e non solo) di Mirko si lasciano letteralmente rapire dalle sue interpretazioni, mordi & fuggi, degli amorosi sensi, e sottomettere da un tornaconto personale, rivendicativo, per spadroneggiare a dispetto sia dei buoni maestri di presunzione (come lo è una mamma) che dei cattivi compagni d’avventura. 

Ed è così che un singolo peccato volle mutarlo apposta in gioviale dimenticanza, sostenendo follemente il falso, non provando più pietà per i suoi timori, senza travisare però i fenomeni di costume, vere e proprie scusanti recuperabili per monitorare la capacità comunicativa e assicurarsi specialmente l’intesa emotiva con una ragazza di nome Rossana, l’unica conquista che non si è mai fatta completamente assorbire… forse, mentre Mirko inanellava valutazioni scolastiche spesso al di sopra delle già gagliarde aspettative, anche se malvolentieri, avendo notato che si stava rendendo bello esteticamente come pochi, da spendersi per esperienze entusiasmanti, irrazionali, alla faccia di una situazione sociale che non concepisce la gioia di vivere apertamente.

La sorpresa di risultare indipendente, con una sfrontatezza nel servirsi dell’effetto che ne scaturisce, lega gli elementi della natura oggettiva, che si focalizzano solo grazie alla maturazione dell’essere umano, utilizzabile come un termine di paragone fra solitudini similari, e agonizzante all’istante, quando il solito incubo si ripropone nel ragazzo, con le fattezze di una donna che a fissarla si cade automaticamente nell’abisso della seduzione, di un mestiere quasi, di cui una volta appresi i trucchi non se ne esce più, e il primo che capita a tiro può finire dunque ad ammalarsi di Mirko, di un inguaribile profanatore, che non si rivelerà solitario affatto.

Il giovane in fondo si lascia tutelare da Ares, un tizio che la sa fin troppo lunga, che sembrerà mantenere non solo il suo mondo in pugno, confortandolo e scomparendo all’occorrenza, ridestando il fascino del male con accenni a un imprinting culturale in attesa di venire recepito globalmente, accettato alla fin fine, come se niente e nessuno fosse concesso al caso.

Lo sconcerto riguarda la dimestichezza nel gustarsi il peggio che possa accadere a coloro che ti hanno tarpato le ali (l’essere calpestati da Mirko), con lucidità e costanza, sbaragliando così i limiti che in questo romanzo sembrano imposti dai perditempo ritenuti tali perché non ribadiscono il benché minimo vizio capitale; scoprendo però che la libertà te la ricavi da solo, senza stare fermi (percependo della complicità ma anche solo i presupposti per raggiungerla, dagli esponenti dell’insormontabile!)… e, cosa ancor più devastante per l’insieme che mai ti apparterrà, ci riesci con la piccola grande dote dell’intuito, a trapassare un’espressività prosopopeica, dettata dalla pigrizia del non andare oltre l’immagine di Cristo, a quel che ti promuovono, che sei quasi costretto a consumare per stare poi male generalmente.

E’ stupefacente richiedere un’alternativa al creato (ch’è il più utile dei limiti?), di nascosto, a una persona di cui non ci si può fidare (in cui ti vedi a curare l’intimo acconsentendone lo sputtanamento superfluo e giocoforza spropositato, per un interesse che non ha eguali) purché ti ricordi di chiamarla Dio, da perfetto menefreghista, bevitore di trasparenze che risuonano sinistre, che ti toccano senza tregua.

Mirko si lascia sedurre dalla curiosità, non riconoscendone i limiti, non sapendo cogliere un segnale propositivo; così all’improvviso si riaccende, estasiato da un punto di approdo, distaccandosi prontamente dalle solite premure affettive che riceve, con l’istruzione sempre più accattivante e i viaggi terreni da fare su un’esclusiva inquietudine a comando, come a crescere in maniera del tutto indolente.

Il ragazzo prova a immaginare di chiedere alla vita solamente l’indispensabile, ma basta poco per affondare nel piacere di affrontarla, volendo evadere in cuor suo, certo oramai che con la disciplina e il raziocinio si diventa veramente liberi e supremi per essere osannati; spremendo le meningi, quando i nervi stanno per crollare, affinché il nemico di turno possa essere travolto da ondate di energia negativa, senza badare ai danni sentimentali che arreca, rafforzandosi anzi con le debolezze altrui ma da lui motivate, tra le previsioni circa un domani infernale.

La scrittura del romanzo a tratti l’autore è come se la “elevasse” a una sceneggiatura hard, con il protagonista paurosamente predisposto nell’approccio fisico, non riuscendo mai a rimediare il principio di un’attrazione reciproca che va oltre, sollecitando una divinità che riflette il riscatto umano, ma come minimo anticristiana.

Per ottenere il massimo Mirko sembra che sciolga ogni impedimento a costo di… avere poco o niente da custodire; senza preoccuparsi tanto delle cause come delle conseguenze, percepisce un potere più unico che raro, in serbo, infrangibile per l’amore che non nutre chiarendo un pensiero su quel che accade all’esterno, prendendosi invece tutto il tempo di scorgere la minima opportunità favorevole per sfoderare dell’intelletto e incantare sessualmente; cercando dunque di farsi male il meno possibile con le persone di contrasto a lungo andare, ingrato fino a raggiungere la perfezione dell’essere (tutelata dapprima in maniera al dir poco criminale, tenendo d’occhio Mirko, e incentivando al contempo l’osservazione nei suoi riguardi), con un atteggiamento tale da riconvertire il rischio perenne di veder cedere la terra sotto i piedi in un attributo invidiabile.

Il protagonista vive braccato da misteri che lui stesso agevola, che appena avvertiti ritorni a essere incapace d’intendere e di volere, ma avendo accettato d’imbattersi in una sorte precisata da esponenti ostili, di cui n’è ignaro; divertendosi a fare l’ingenuo, con un prezzo da pagare nella sua pelle che va strappata, posseduta, senza pensarci, dacché l’impensabile forse è già di per sé una perversione.

I progetti da realizzare non appartengono affatto a un comune mortale, d’altro canto è come se si esigesse l’accettazione delle malefatte in un qualsiasi momento di disperazione, credendo di portare una veste immacolata ma sfiancante.

Come se fosse una cosa da niente concentrarsi sulle immagini del passato, ben catalogate, e lasciare che il caso animi gli eventi, sopportando le fasi di scoramento, e quindi cali fisici impressionanti, a causa della fatica di risultare agghiaccianti; invogliato dalle rassicurazioni di un vate del male che non sono mai scontate, da romanzarci sopra (cercando possibilmente di anticipare nulla), insistendo a intensificare il rapporto tra religione e scibile, tra illusione e realtà, mediante una insinuazione stratosferica su ciò che accadrà, ma ch’è già imperante dentro molti esseri umani, ammaliati dall’impalpabile impegno preso per suggellare il perenne surclassando le consuetudini che magari ci rendono passivi e sofferenti dispregiatori dei moti rivoluzionari; non potendo osare nel richiedere una dimensione nuova, a differenza di Mirko si presume, quest’ultimo coinvolto come nessun’altro dal potere dell’occulto e da una notazione similare: che molte donne sono vergognosamente attratte dagli uomini che sono tutto fuorché gentili!

Occhio alle descrizioni prettamente d’indole turistica, che emergono in maniera sistematica, mentre nella lettura pulsano ancora quelle riguardanti le ammucchiate fallocentriche o le torture insanabili “nei riguardi” degli esseri indifesi, enfatizzate in chiave satanica spacciandole come sapienti immersioni nell’evoluzione umana, che Dio non le sostiene perché “mentalmente chiuso”!

D’altronde il male non sembra conoscere sosta, si consolida nelle fattezze di un’angelica ragazza in intimo odore di profanazione, che impone chissà quale via di salvezza a Mirko che la sogna spesso e malvolentieri, che sempre più di rado riflette sull’entità che lo detiene, su come sia giusto o no condannare Satana, che risale dagli abissi della coscienza individuale per alleviare un insieme di patimenti fornendogli serenità e un amor di famiglia all’occorrenza, invece che Dio, calatosi sulla Terra per infierire su Gesù identificandolo in un’ambizione troppo approssimativa per sentirsi sempre e comunque incolumi.

Resta il fatto che deve prima o poi tenere testa in solitudine a un obiettivo imperscrutabile qual è uniformare il mondo, pretendendo la sua anima manco fosse un jolly d’inestimabile, fondante capriccio; perciò lo si rimette in soggezione, così tanto che Mirko si convince di trarne profitto senza darlo mai a vedere, liberandosi quando lo si vuole dalle responsabilità, godendo come un burattino letale, che si accorge malamente di quanto sia importante e piacevole nella normalità tendergli la mano, frantumargli lo specchio delle vanità.

E’ nel tempo del cristiano discredito, l’ottocento, che la congregazione a cui si affida, la Verae Lucis, tuonò a tal punto da coinvolgere i poteri più influenti, gettando le basi per un predominio assoluto, con l’elaborazione di tragedie comuni, orgasmiche, nell’ego di un giovane che si potrebbe sciogliere osservando una potenziale compagna di vita, ma che invece sembra che non tramonti, facendo proprie definizioni a un livello di memoria irraggiungibile, tutelandosi da una situazione emotiva resa minacciosa, che t’invita a cambiare aria, alla commozione suscitabile da un cenno d’intesa che si lascia inquadrare.

Certi periodi narrativi irrompono nella struttura del testo, seppur brevi, acuendo dei legami col passato all’istante, facili e quindi in sospeso, senza perdere di vista un riferimento alla portata di tutti, nonostante lo si offenda a forza di offrirsi a una straordinarietà ben nascosta in sé, con il gusto d’interpretarla, così intenso da dover sincerarne la mania di possesso, come uno stratega dall’intelletto controvertibile.

I successi nella vita di Mirko splendono ma scottano, come se lui fosse stato costretto a elevarsi di sproposito, a soffrire dei comandamenti che appaiono sconclusionati, che per annullarli ci si deve concentrare di contro, dimenticando il proprio essere, con una cattiveria che semina concretezza, che non allude a una svolta spirituale, per la quale comunque si deve sapere che Dio non persiste, mentre il maltempo invoglia all’amore incondizionato.

Curioso come si rimedi alla trasgressione seguendo magari il festival della canzone italiana con la mamma, ma la normalità resta insipida nonostante rassereni l’anima, come a pretendere di corrispondere passivamente agli eventi, di fare bella figura sbuffando a una massa d’opinioni che non rimbalza, non vedendo l’ora di afferrare l’istinto animale.

Il buonsenso non si riesce a distinguere, debellabile dall’ingiustizia trascinante, ma senza la fede, qualunque sia, si va da nessuna parte.

Sotto una direzione incantevole, Mirko fatica a frenarsi negli “a tu per tu”, col disorientamento inesorabile una volta accesa un’opzione, senza poter più tornare indietro, inebriato da come vengono favorite le sue private ambizioni, riassumibili in un astro che, sfrecciante nel cielo, non può fare altro che attrarre l’umanità intera; da un imprescindibile atto diabolico, che comporta l’emozione da coniugare al presente, il pensiero da scacciare, circa l’eventualità di piacersi appieno e per sempre, d’assumersi un impegno con dedizione,  lasciata svanire; senza scambiare l’implorazione costantemente rivolta a una forza sovrumana, di modo ché te ne impossessi fino a mutare mentalmente ma soprattutto fisicamente, per il suo ricordo.

L’attività sessuale è come se fosse obbligatoria seppur priva di valori e quindi inaudita, con i litigi di coppia in particolare a incentivarla, così distanti dal pudore da non accorgersi d’essere degli assassini, di consacrare in positivo personaggi negativi per la storia cristiana, nelle viscere contorte di una città come Roma, suggellante l’apocalisse terrena, in vista del capovolgimento di ogni significato, momenti di lucidità in cui si rientra con la sensazione di essere filmati per venire ricattati al minimo cenno di bontà, successivamente.

Le lezioni di Ares consistono nel prestare assoluta attenzione all’oggi per fare razzia del domani senza mai dare nell’occhio, reintegrando sferzate sataniche tramite la commercializzazione di prodotti e stili di presa popolare, rendendosi simpatici nei confronti dei soggetti che soffrono la solitudine non sapendo cosa volere dalla vita, perlopiù rimasti delusi per la mancata realizzazione di un ideale perlomeno; sulla Terra che spaccatasi ha generato 3 forme di esigenza: l’attivismo spregevole, il controllo di questi e il massimo riserbo affinché la gente in gran parte possa venire strumentalizzata, incattivendola artisticamente e dichiarando il falso, ossia attribuendo tutte le colpe possibili e inimmaginabili ai terroristi islamici per esempio.

Eppure Mirko si sente di dover proteggere sua figlia, a costo di non dare più retta a Lucifero che, a differenza di Cristo, non perdona, gettando i suoi seguaci in una malattia incurabile, uno stato d’inconsapevolezza tale da non intuire una guerra per decretare cos’è giusto e sbagliato.

Talvolta bisogna mettere in ballo le più intime predilezioni, rischiando di tralasciare delle aspirazioni sollecitabili dall’esterno, divorando cuori d’esseri umani, innamorati, senza quella paura di sorprendersi di sé, di come la forza di volontà possa trarre in inganno, fin dalla venuta al mondo, quasi impossibile da tutelare.

La verità sconcerta per quanto ci si giochi sopra, tornando in società a provocare l’origine di una dipendenza eterna tramite figure e oggetti consueti, mentre Mirko rimedia mostruosamente la concezione di un potere inespugnabile, sfuggendo dalle mani di Ares, di un maestro che prova per lui un sentimento vietato, qual è l’amore.

Migliorare la condizione spirituale è da ossessi, ciò arreca una discriminazione incancellabile, rideterminando atrocità senza alcun diritto di replica, sugli affetti più cari.

Ai segni del demonio, sulle parti del corpo più intriganti, ci si affida, sostenendo anche che Gesù in croce, in un momento di sconforto, richiese la grazia a Satana… tanto vale allora estrapolare dal riserbo la libertà d’esprimersi, magari per tutta una sessualità discutibile, e sfoderarla!

La narrazione comunque si razionalizza, prevalentemente nella forma di un thriller fantastico, e rinsalda tematiche diverse con l’ordinaria capacità di riprendere personaggi che sembravano non avessero più a che fare con il romanzo, parallelamente a quella straordinaria d’intensificare l’aggiunta di alcune comparse; arrivando a commuovere riportando la desolazione di una bambina che non riesce a raffigurare la madre nel suo immaginario, come a delucidare sulla dimestichezza di taluni nel manomettere delle informazioni per assorbire favorevolmente le sorti del mondo, quindi stimolando il lettore a respirare a pieni polmoni una naturalezza di gesti incompiuti.

Ares usando Mirko ricostituisce rapidamente la Terra come un inafferrabile stratega dell’orrore, rivoluzionandole l’assetto politico con il filtraggio per le segnalazioni riconducibili alla sua religione, senza evidenziare realmente le cose, la forza del denaro che si dispiega per completare la rassicurazione circa delle alleanze indispensabili, arricchite usufruendo volgarmente ed eccessivamente in privato della sopraffina arma della seduzione.

Si dipana così una dittatura rievocante il nazismo, si venera un uomo perfetto, tanto convincente quanto affascinante alla luce dei misteri circa il suo passato del tutto personale, praticamente capace d’ipnotizzare a distanza e d’impadronirsi di conseguenza dei fatti oggettivi, finché… la stranezza dei sentimenti non gli tende una trappola qual è la solitudine, e ci si dimentica della fine del mondo ch’è proporzionale al ritorno del bene, ma soprattutto ch’è impossibile conoscere i segreti di Dio.

Coloro che volevano innalzare Lucifero, il suo progetto in cui l’attualità, finito di leggere il testo, rispecchiandosi mi rabbrividisce, ebbene rimangono imprigionati in una fenomenologia universale che suscita tragedie sorde; cosicché la gente affronta nuovamente la morte, sorpresa a richiedere l’aiuto di Dio, di un’entità amorevolmente caritatevole.


Gli occhi si riaprono in un tempo imprecisato, per fissare il peccato d’esistere. 

Vincenzo Calò

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