“Il
duca sorrise, guardando la foresta.
-
Funziona - disse. - La gente mormora contro le streghe. Come sei riuscito a
farlo, buffone?
- Battute, zietto. E pettegolezzi. La gente è
già abbastanza disposta a credere comunque ad essi. Tutti rispettano le
streghe. Il fatto è che nessuno le ama in modo eccessivo. […]
Lord Felmet […] si sedette sul
trono. Per la prima volta vi si trovava proprio a suo agio.
La
duchessa gli si sedette accanto, appoggiando il mento su una mano, osservando
con attenzione il buffone. Questa cosa lo preoccupò. Sapeva sempre in che acque
si trovava con il duca, si trattava soltanto di aspettare finché la sua pazzia
non fosse riprecipitata allo stadio di allegria, ma la duchessa lo terrorizzava
davvero.
-
Sembra che le parole siano estremamente potenti - disse lei.
-
Lo sono sul serio, mia signora.
-
Devi avere condotto dei lunghi studi.
Il
buffone annuì. Il potere delle parole lo aveva sostenuto attraverso gli inferni
della Corporazione. I maghi e le streghe usavano le parole come se fossero
attrezzi perché avvenissero determinate cose, ma il buffone riteneva che le
parole fossero cose esse stesse a pieno diritto.
-
Le parole possono cambiare il mondo - rispose lui.
Gli occhi della donna si restrinsero.
-
L’hai già detto prima. Ma io non sono ancora convinta. Sono gli uomini forti a
cambiare il mondo - disse lei. - Gli uomini forti e le loro opere. Le parole
sono soltanto come la glassatura su una torta. È ovvio che tu pensi che le
parole siano importanti. Tu sei debole, non hai nient’altro.
-
La vostra signoria si sbaglia.
La
grassa mano della duchessa tamburellò con impazienza sul bracciolo del trono. -
Farai meglio - replicò la donna - a essere in grado di giustificare la tua
affermazione.
- Signora,
il duca desidera abbattere le foreste, non è così?
-
Gli alberi sparlano di me - sussurrò Lord Felmet. - Li sento sussurrare quando
esco a cavallo. Dicono bugie sul mio conto!
La duchessa e il buffone si
scambiarono una occhiata.
-
Ma - continuò il buffone - questo tipo di politica ha incontrato una feroce
opposizione.
-
Cosa?
-
Alla gente non piace.
La
duchessa esplose. - E che importa? - ruggì. - Siamo noi a governare! Faranno
quello che diciamo noi o verranno condannati a morte impietosamente!
Il buffone ballonzolò, piroettò e
agitò le mani in modo conciliatorio.
-
Ma, amore mio, finiremo per restare a corto di sudditi - mormorò il duca.
-
Non ce n’è bisogno, non ce n’è bisogno! - disse il buffone in tono disperato. -
Non avete assolutamente alcun bisogno di farlo! Quel che state facendo… - fece
una pausa per un istante mentre le labbra continuavano a muoverglisi
velocemente… - voi state investendo in un progetto ambizioso e a larga scala
per incentivare l’agricoltura, fornire impiego a lungo termine per le segherie,
aprire nuovi terreni per lo sviluppo e ridurre la probabilità di banditismo. […]
-
Interessante - disse lei. - Ma le tue parole possono anche cambiare il passato?
Il buffone ci pensò un po’ su.
-
Anche più facilmente, ritengo - rispose. - Perché il passato è quello che la
gente ricorda e i ricordi sono parole. Chi sa come si è comportato un re mille
anni fa? Ci sono soltanto narrazioni e storie. E, ovviamente, recite.
-
Ah, sì. Ho visto una recita, una volta - disse Felmet. - Un branco di tipi
ridicoli in mutande. Tante grida. Alla gente piaceva.
- Mi dici che la storia è quello che viene
raccontato alle persone? - chiese la duchessa. Il buffone si guardò attorno
nella sala del trono e trovò il ritratto di Re Gruneberry il Buono (906-967).
-
Lo era davvero? - chiese lui
indicandolo. - Chi lo sa, adesso? Buono a fare
cosa? Tuttavia rimarrà Gruneberry il Buono fino alla fine del mondo. […]
-
Mettiamo il caso - intervenne la duchessa - che ci fossero altre questioni
soggette a controversia. Questioni di registrazione storica che siano… state
velate.
-
Io non l’ho fatto, tu lo sai - disse velocemente il duca. - È scivolato ed è
caduto. È stato proprio così. Io non c’ero nemmeno. Mi ha attaccato. È stata
legittima difesa. Proprio così. È scivolato ed è caduto sul suo pugnale per
legittima difesa. […] - Taci, marito - schioccò la duchessa. - Io so che tu non
l’hai fatto. Io non ero lì con te, come puoi ben ricordare. Sono stata io
quella che non ti ha messo in mano il pugnale. - Il duca rabbrividì nuovamente.
- E adesso, buffone - disse Lady Felmet. -
Stavo dicendo, io credo che esistano questioni che dovrebbero essere registrate in modo corretto.
-
Caspiterina, come il fatto che voi non c’eravate? - chiese il buffone, in modo
brillante. […] Se le parole sono come docili agnellini mansueti, allora il
buffone le vide scappare via allegramente nello sguardo a lanciafiamme della
duchessa. […]
-
Buffone? - chiese lei.
-
Signora?
-
Sai scrivere una commedia? Una commedia che faccia il giro del mondo, una
commedia che venga ricordata ben dopo che le dicerie sono scomparse?
-
No, signora. Si tratta di un talento naturale.
-
Ma tu puoi trovare qualcuno che ce l’abbia?
-
Ci sono persone del genere, Signora.
-
Trovane una - mormorò il duca. - Trova la migliore. Trova la migliore La verità
salterà fuori. Trovane una.”
TERRY PRATCHETT
(1988)
Da:
“Sorellanza stregonesca”, in Il mondo del
Disco. La seconda trilogia, Milano 1992, Arnoldo Mondadori Editore, pp.
554-557. Traduzione di Antonella Pieretti.
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