La
Mostra del Giocattolo Antico, in corso all’ex-bocciodromo di Manerbio dal 29
settembre al 14 ottobre 2018, ha fornito l’occasione per una conferenza: “La
funzione educativa di giochi e giocattoli liberi da stereotipi” (10 ottobre
2018). La relatrice era Laura Mentasti.
La
sua esposizione ha preso inizio dalla domanda canonica che si sentono spesso
rivolgere coloro che desiderano acquistare un balocco: “Da maschio o da
femmina?” Come scegliere, dunque?
Secondo la pedagogista Maria Montessori (Chiaravalle, 1870 - Noordwijk, 1952), il gioco è il lavoro del
bambino: ovvero, la sua occupazione essenziale e irrinunciabile. Lo psicologo
Jean Piaget (Neuchâtel, 1896 - Ginevra, 1980) lo considerava una finestra sullo
sviluppo e uno strumento per il medesimo: osservare un bambino che gioca
permette di capire molto di lui; tale
attività è anche un modo per soddisfare suoi bisogni essenziali.
Il gioco è fisico, simbolico (“far
finta di…”), di imitazione (per sperimentarsi in un ruolo adulto), di gruppo
(comprendente interazione e rispetto di regole), costruttivo (costruire
oggetti, sviluppando il pensiero consequenziale e abbozzando una conoscenza
delle leggi fisiche). In altre parole, richiede l’attivazione di tutte le
capacità costitutive di un essere umano.
La divisione rigida fra giocattoli
“da maschio” e “da femmina”, nei grandi negozi, pone una serie di problematiche
in questo senso. Tale rigidità mortifica la pulsione alla sperimentazione e
all’uso di fantasia: vieta idealmente di variare tipo di giocattolo, di varcare
una barriera invisibile fra ciò che è “appropriato” e ciò che non lo è. Si
avvale di un’attribuzione di colori per genere (rosa = femminile, azzurro =
maschile) che non ha niente a che vedere coi bisogni naturali dei piccoli.
I
balocchi rosa, guarda caso, sono spesso collegati all’accudimento, alla casa e
alla bellezza; quelli celesti alle armi, alla competizione, alla forza. La
Mentasti ha nominato una famosa casa produttrice che è arrivata a differenziare
in base al genere persino le costruzioni. Significativa è la proposta di
giocattoli scientifici: un “piccolo chimico” adatto a esperimenti complessi non
prevede neppure un tocco di rosa sulla confezione, riservato invece ai set per
la produzione di saponi profumati e bombe frizzanti. Mentre vengono osannate
Samantha Cristoforetti e altre donne di scienza (ha fatto notare la relatrice),
si propongono alle bambine esperimenti che valorizzano più la loro bellezza che
la loro intelligenza. Cosa che, fra l’altro, implica una sessualizzazione
precoce, una fissazione sull’avvenenza che (in età prepuberale) non ha molto
senso.
Come
riconoscere, allora, un buon giocattolo? La Mentasti si è ricollegata a quanto
detto in precedenza per sottolineare l’importanza della creatività e della
scelta del piccolo. Se deve sviluppare l’autostima e le proprie facoltà
fisiche, mentali e sociali, è importante che il balocco permetta di
sperimentare ruoli, inventare mondi, usare le mani e che sia condivisibile con
gli altri. Ciò implica una rivalutazione dei materiali semplici e di recupero,
come quelli mostrati nelle sezioni “povere” della Mostra: avanzi di
falegnameria, cucchiai di legno, scatole vuote… Non è raro che i bimbi
accantonino giocattoli sofisticati, per il piacere di manipolare curiosi (e
innocui) oggetti di casa. È augurabile anche che venga ripresa l’abitudine di
giocare (a palla, a “mondo”…) con i coetanei nei parchetti, per stimolare la
socializzazione. La serata ha infatti contenuto anche un monito contro
l’asocialità, la sedentarietà e lo scarso sviluppo psicomotorio causati da una
troppo precoce dipendenza da tablet e altri oggetti elettronici.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N.138 (novembre 2018), p. 20.
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