Passa ai contenuti principali

La Caccia Selvaggia: Odino fra i bresciani


caccia selvaggia odinoAnche se le temperature sembrano prendersi gioco della stagione, le notti saranno più lunghe e buie. Il quadro naturale parla di paura… Ma di cosa avevano paura i bresciani “di una volta”? Uno degli orrori divenuti fiaba popolare è la Caccia Selvaggia. In Madóra che póra! Storie e leggende della Valle Trompia (2015), Giovanni Raza elenca quindici nomi vernacolari di questo mito, diffuso da Scozia e Germania fino a diverse aree del Nord Italia. Con qualche variante, ricorre questo schema: in un’ora tarda e insolita, si odono rumori di caccia in lontananza; un incauto chiede agli ignoti cacciatori di portargli una parte della preda; il giorno dopo, ritrova un arto umano inchiodato alla porta, come dono. 
            Raza ricollega questa “Caccia Selvaggia” a quella condotta dal dio germanico Wotan (forma continentale del nome di Odino). Wotan/Odino è arrivato nei pressi di Brescia plausibilmente per via dei Longobardi: la voce corrispondente su Treccani.it, Dizionario di Storia (2010), li descrive infatti come dediti al culto di questa divinità magico-guerriera. Sul medesimo sito, la voce “Odino” di Bruno Vignola - Enciclopedia Italiana (1935) descrive proprio la “caccia selvaggia” condotta dal dio nelle notti tempestose e formata da schiere di anime defunte.
            La radice del nome risale a un germanico *wodanaz e a una radice *u̯at-, che comprende anche il «furore» in genere (antico alto ted. *wuot, ted. wut): “Wōdan” su Treccani.it. Wotan/Odino, insomma, è l’impeto trascinante, che ispira il combattimento, ma anche la profezia, l’estasi, l’avventura, la poesia. L’Edda Maggiore, raccolta di carmi composti fra IX e XIII sec. in Norvegia, Islanda e Groenlandia, lo menziona più volte. Nel canto detto Völuspá (= “Profezia”), Odino interroga una veggente sul destino degli dei e della terra: quel destino su cui nemmeno lui ha potere e che gli riserva una sorte tragica. Famosissimo, nell’Edda Maggiore, è anche lo Hávamál: un monologo in cui il dio narra la sua acquisizione dell’alfabeto runico, attraverso il sacrificio di rimanere appeso al tronco dell’albero dalle radici sconosciute (il frassino Yggdrasill, strutturato come una mappa del cosmo). Tutto quanto abbiamo scritto circa Odino nell’Edda Maggiore è reperibile in: Jorge Luis Borges - María Esther Vázquez, Letterature germaniche medioevali, Milano 2014, Adelphi. 
dio odino wotanPer via della sua mobilità e della sua intelligenza, Wotan/Odino fu fatto corrispondere dai Romani a Mercurio, sull’esempio di Tacito (cfr. Letterature…, p. 116, e “Odino” su Treccani.it). Perciò, il mercoledì, in inglese, è Wednesday, cioè Woden’s day, giorno di Wotan.
            Figura affascinante, non manca però di suscitare terrori, dato che è pur sempre l’ispiratore della furia selvaggia: quella dei berserkir, guerrieri in preda all’estasi e simili ai lupi mannari. L’aspetto “demoniaco” di Wotan/Odino è accentuato nelle leggende bresciane sulla “Caccia Selvaggia”, che risentono dell’ottica cristiana: un dio diverso da quello biblico e, per giunta, portatore d’invasamento, non poteva che essere assimilabile al diavolo. Ecco perché, per i bresà dè ‘na ólta, non era il caso di fare i baldanzosi, davanti al suo passaggio… E perché chi temeva la Caccia Selvaggia si rivolgeva al prete.
Noi, che non crediamo più negli spettri (vero?), non correremo probabilmente a cercare preghiere e amuleti. Ma rimane un monito, davanti alla bellezza di una passione trascinante: essa porta saggezza e progresso solo se ci si sa inchiodare al solido legno della concretezza e del rispetto per i viventi. Altrimenti, i nostri fantasmi potrebbero portarci nel loro mondo, rivelandoci la nostra parte assassina.

Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 139 (dicembre 2018), p. 18.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio