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Il consiglio agli editori: “L’amore e la cioccolata”, di Sandra Romanelli

"Amando, ti circondi di quell’umanità da surriscaldare, viene fuori un moto dell’anima che si spiega da sé, resistente al crollo dei valori, ossia un abbraccio, per ricominciare daccapo a esistere, da perfetti ingenui.

Per esempio, in una ragazza di nome Milena, stava maturando una certezza, qual è quella di non significare una necessità per gli altri, da intensificare volontariamente. 


Una necessità in realtà del tutto privata, tanto da suscitare forme d’autolesionismo.

D’altronde se le cortesie non si ricevono di frequente allora sopravvaluti il soggetto che casualmente te le ricorda, e specie nella personale consumazione di una bevanda squisita, dolce, ma che scotta; girata e rigirata riflettendo su di un’esperienza passata, con la goffaggine a sminuire la persona che incorpori in primis, e successivamente le relazioni sociali.

Milena aveva bisogno d’accorgersi del suo vuoto per aspirare di nuovo alla volontà di centrare delle illusioni e realizzarle, trasferendosi in un posto lontano dalle sue radici; pregando per il suo bene disatteso specie dai genitori che addirittura sentivano d’essersi tolti un peso che ogni giorno li assillava.

Le buone compagnie per Milena si dovevano racchiudere d’ora in avanti in un’entusiasmante alcova, al contrario di come si comportava in passato, di ciò che perdeva di vista vagando esteriormente, per delle pretese amorevoli alle quali mancavano le fondamenta, il coraggio insito alla narrazione di quella volta che da piccola si bruciò per gustare della dolcezza che si rivelò invece profondamente amara; innocentemente, senza venire più compresa, da una mamma soprattutto, che la ritenne incapace d’intendere e di volere.

Cosicché a Milena le rimase un trauma indecifrabile, che lentamente la lacerava a ogni responsabilità sul nascere, come se fosse stata l’artefice in particolare della solitudine di una persona naturalmente indispensabile per l’evolversi di una vita.

E amando che si guarisce, e trattasi di una condizione esistenziale che si somministra spontaneamente con l’agire materno, che un’amica fidata qual era Silvia rievocava; arrivando addirittura a far immaginare a Milena nuovamente la tendenza di un uomo come Massimo ad approcciarsi a lei nonostante le opportunità di conoscerlo meglio non fossero mai state colte.

Milena di tanto in tanto si rendeva conto d’essere attraente e pazza, suscitando più di un interesse per esempio a un soggetto che si chiamava Giulio, con cui decise di mettersi poi insieme senza ascoltare stavolta la voce del cuore; come a esigere protezione e conforto a priori, alla cieca, certa di provare un sentimento illuminante.

Per fortuna quel covo strapieno di dannati pensieri, in cui Milena ingiustamente soffocava, e ch’era la sua ragione, venne scosso da un amico, Paolo, a scanso dell’aggravante promossa da Giulio che intanto e in fondo continuava a non volersi bene, inducendo la ragazza a trarre delle conclusioni improprie dagl’inviti sul nascere, affrettati circa un legame impossibile da consolidare se non si vuol riconoscere e rafforzare le altrui esigenze; tipo quella che consiste nel ritrovare il benessere terreno scavando nelle atmosfere di un tempo passato, sorvolando l’infanzia sottaciuta.

Milena pian piano cominciando sul serio a badare alle impressioni che conteneva, per splendere come un dono della natura, percepì finalmente la depressione che la inseguiva e che sembrava annientarle l’entusiasmo ancora da calibrare, puramente teorico.

Aveva come un automa riempito il tempo, quel sacco di pelle, di emozioni che pur accese risultavano impercettibili per non dire invisibili... emozioni che riversò su Massimo, al momento di desiderarsi ardentemente, e in una misura maggiore dell’auspicato, giacché Milena stava realizzando l’illusione che rasentava l’inimmaginabile, temprata nello spirito da un compagno che si esponeva con la naturalezza dei piccoli, straordinari gesti, dal quale era bello dipendere, fino a che nei suoi pozzi d’umore, senza fondo, lui non accettò più di calarsi per seguirla.

Emergevano brividi di un’anima in pena, che la ragazza accusava andando avanti, privata anzitempo di una destinazione, spinta da nessuno se non dalla memoria a cui si aggrappò, ripescando un appunto concesso dalla ex di Massimo; quella Maria da poter rintracciare, che si poteva rivelare come l’ultima accessibile fonte d’umana salvezza.

La lettura di questa storia invoglia a sfilare da un qualsiasi fatto le relazioni sentimentali che lo compongono, dure da stabilire, per una sorpresa significativa a forza di ripensarci, con la fragilità nel progredire e sancire pulsazioni armoniche per gli altri, che magari s’erano dimenticati di avere impartito proprio loro nozioni di questo genere, nei modi più svariati… lezioni di vita, che se hai avuto la fortuna di apprendere in tenera età allora stai sicuro che si materializzerà regolarmente dell’estro creativo, per suggestionare con l’innovazione, ovvero con la felicità di respirare il buono di chiunque possa capitarti a tiro.

Per fortuna ci si ridesta, per fissarci concretamente negli occhi e volerci bene, sciogliendo così dei macigni di pensiero latente, consci d’avere affianco una persona che prova piacere ad accogliere, che ascolta umilmente.

Il racconto di Sandra Romanelli richiama alle rivendicazioni per dell’onestà di base affettiva, per non capitolare come degli strumenti di svago, drammaticamente in possesso di esseri simili a noi, approfondendo piuttosto con delle chiare disamine da sfoderare, sapendo che si è giustamente ingenui, che fare del bene ci migliora… riconoscendo insomma che comunque si rimane sempre legati a delle proprie creature, e poco importa come lo si dimostri, perché il distacco in tal caso è apparente, arreca un dolore che tornerà utile.

Le umane creature si plasmano e si evolvono decisamente ascoltando il cuore senza porgli alcun limite, altrimenti la più crudele delle strumentalizzazioni si manifesta in un niente.

I mutamenti, gli sviluppi a dir poco sorprendenti, in essere, ebbene, sono stati desiderati da una Milena come tante, che sull’orlo del precipizio ha chiesto al creato, e ottenuto, di emozionarsi ancora, sconfiggendo il terrore di rimanere smarriti; un elemento in grado di metterti sulla cattiva strada, ovvero di distaccarti dal pensare che un bisogno condizionato sia in grado di nuocere a qualsiasi individuo che ti si presenta.

L’entusiasmo, che dipende esclusivamente dalla percezione dell’intensità di un singolo respiro, non ha termini di paragone, incanta e basta, quand’è che persistono dei sentimenti a ripianare della materiale povertà.

Capita dunque che un vissuto sia composto da passionali residui, per apprendere subito le amorevoli concessioni, da perfetti increduli ma in buona compagnia.

Poco male se il tempo incalza, l’importante è sapere prima o poi d’avere una dote come quella di stravolgere l’umana esistenza attorno, cogliendo il rimedio a una malattia dall’origine di ogni tipo di necessità.

Di certi limiti, coi quali l’ego ci caratterizza interiormente, ne possono soffrire i nostri successori, considerato che trasmettiamo a costoro un’idea dell’amore discutibilissima, mentre piuttosto si dovrebbe prestare rigorosa attenzione agli attimi in cui l’affetto ci rischiara… e Milena s’era messa a inseguirlo per anni e anni, fino a riuscire a scovarlo in una maniera inimmaginabile, tanto da convincersi di alimentare d’ora in avanti dolcezza per gli altri, senza incallirsi su di un proprio dolore, che piuttosto andrebbe appurato per dare forma nient’altro che all’idea di ricominciare a vivere, e cullarla."


                                                                                                                          Vincenzo Calò

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