Le
lotte fra Milano e Verona furono sostituite da quelle fra Milano e Venezia. La
Serenissima, infatti, aveva esteso i suoi possedimenti di terraferma; nel
1426-1427, conquistò anche i territori di Brescia, Bergamo e Crema.
Il
10 giugno 1440, il Castello di Manerbio, tenuto dai veneziani, fu assediato ed
espugnato da Francesco Sforza, duca di Milano; fu ripreso dall’esercito veneto
nel 1446 e perduto nuovamente poco dopo, mentre le campagne vivevano
nell’incubo delle scorrerie militari.
A Manerbio, pose il proprio quartier
generale a Manerbio il condottiero Iacopo Piccinino (1423-1465). All’epoca, la
nostra città era considerata una sorta di roccaforte della fazione sforzesca e
Piccinino, di recente passato dal soldo di Milano a quello di Venezia, voleva
probabilmente controllare la situazione. Di certo, i rapporti manerbiesi con la
Serenissima non erano… serenissimi. In particolare, la Repubblica di S. Marco,
nel 1484, ridusse notevolmente la Quadra di Manerbio, ovvero il territorio
sottoposto all’amministrazione del Vicario maggiore nominato dal Consiglio
generale della città di Brescia e insediato nella nostra città. Quando scoppiò
la guerra di Ferrara tra la Serenissima e gli Estensi (1482), Manerbio si
destreggiò fra i contendenti in modo a dir poco ambiguo.
Sulle porte del Castello, era
dipinta la biscia viscontea, non il leone di San Marco. Per di più, i
manerbiesi inviarono alcuni intermediari a offrire le chiavi del suddetto
Castello al Duca di Calabria, altro nemico della Serenissima. Come risultato,
furono trattati quali ribelli dalla Repubblica veneta: molti manerbiesi furono
imprigionati a Brescia per due anni, altri mandati al confino.
Il 9 luglio 1484, arrivarono a
Manerbio i soldati del duca di Calabria, primogenito del re di Napoli e nemico
di Venezia (come dicevamo). Pochi giorni dopo, tuttavia, iniziò la tregua che
portò alla pace di Bagnolo, firmata all’osteria delle Chiaviche l’8 agosto
1484. Il duca di Calabria non ne fu felice: sperava in una vittoria e confidava
di poter imporre a Venezia onerose condizioni di pace. Volle prendersi una
rivalsa sulle popolazioni della Bassa Bresciana, in particolar modo su Bagnolo
e Manerbio: a questi impose grossi tributi in denaro e la consegna delle
campane. Dodici manerbiesi dovettero anche essere custoditi come ostaggi nel
castello di Cremona. Secondo la cronaca del notaio Iacopo Melga, gli abitanti
di Manerbio pregarono che fossero risparmiate le campane, per reverenza alla
Madonna. Il bombardiere del duca, già pronto a rimuoverle dal campanile, rimase
paralizzato, finché non si convinse a lasciar le campane al loro posto.
Probabilmente, era il 5 agosto 1484, festa della Madonna della Neve; il
racconto rientra negli aneddoti miracolistici che corredano questa devozione
locale. Proprio davanti all’affresco della Madonna della Neve, nella chiesa
parrocchiale, i manerbiesi pregarono in quell’occasione.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 170 (ottobre 2021), p. 8.
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