Non c'è gente più vuota, inaffidabile ed istrionica di chi ha il culto della normalità. Non c'è un solo dettaglio della sua vita che non sia studiato in funzione dello sguardo altrui, sulla base di stilemi dettati (più o meno subliminalmente) dall'ambiente circostante.
Si tratta di una curiosa mascherata alla rovescia, basata sul nascondere e l'appiattire il più possibile. Cosicché non c'è neppure un aspetto goliardico, brillante o gioioso in essa. È tutto un rincorrere il grigio a ogni costo. Guai se i vicini avessero qualcosa di sfizioso da vedere in te. Guai se ti trovassero insolito, originale o anche solo distinto. Perché sei una "persona normale", tu. Non deve essere possibile farti altri complimenti se non quelli sul quanto sei "regolare", "a posto", "tranquillo"... inesistente.
Un fantasma. Un essere già morto.
E, come tutti i fantasmi, la "persona normale" detesta i vivi per invidia. In cuor suo, vorrebbe esprimersi, desiderare, ridere, gridare, mutare aspetto, essere creativa ed estrosa, innamorarsi e mostrare sentimenti... come fanno loro. Ma non può, o - più spesso - pensa di non potere. In realtà, ha paura di vivere. Perché vivere vuol dire anche sbagliare, farsi criticare e perdere (falsi) amici. E la "persona normale" non vuole tutto questo. Sarebbe il suo incubo scoprire di non essere inattaccabile. Preferisce attaccare: a testa bassa, coi paraocchi. Preferisce prendersela con quei vivi che invidia e che girano il coltello nella piaga delle sua menzogna esistenziale, con la loro stessa esistenza.
Continua così l'assai poco divina commedia, con la convinzione (sempre meno genuina) di essere dalla parte della ragione e di essere una persona seria. Come se la serietà fosse il copione per un atteggiamento esteriore, anziché il rifiuto di incoerenze e imbrogli.
Intanto, ticchetta l'orologio del tempo. Si avvicina sempre più il momento in cui la "persona seria" non avrà più un volto, di qualsiasi tipo: il momento di morire, dopo un'esistenza da fantasma. Anche questa è una forma d'inferno.
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