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Caro, "vecchio" San Faustino

Altri festeggino pure San Valentino. A Manerbio, la vera festa è il giorno dopo il 14 febbraio, ovvero la memoria dei santi Faustino e Giovita, patroni dei bresciani. La chiesa intitolata a loro, secondo mons. Paolo Guerrini, era originariamente l’antico ospedale della pieve manerbiese, ricompreso all’inizio del IX sec. nella dotazione fondiaria del monastero fondato a Brescia dal vescovo Ramperto presso la basilica di S. Faustino (“Manerbio, la pieve e il Comune”, Brescia 1936, p. 123). Non a caso, la chiesetta è posta in luogo periferico, lungo quello che fu il percorso di coloni vescovili e viandanti: qui, potevano trovare ospitalità. La sua presenza è anche un segno di identità del quartiere Breda, i cui residenti, alla fine del ‘500, preferivano avere un loro luogo di culto, invece che recarsi più lontano, alla chiesa parrocchiale. 
            Dei santi Faustino e Giovita non si sa molto, al di fuori dell’alone di leggenda che li circonda. Fratello e sorella, sarebbero vissuti all’epoca dell’imperatore Adriano (76-138 d.C.) e morti martiri. Sono rappresentati in modo quasi identico, in abiti di diaconi o di soldati. Curioso è il fatto che la metà di febbraio, anticamente, fosse il periodo dei Lupercali: festa della fecondità dedicata al dio Lupercus e alla compagna Luperca, ma anche ai gemelli Romolo e Remo: forse soppiantati dai “gemelli” cristiani? 
Dellino Farmer
            Fatto sta che, a Manerbio, da secoli non si rinuncia a festeggiare il 15 febbraio con la tradizionale fiera. La tarda mattinata e il primo pomeriggio sono stati dedicati all’aspetto religioso, con tanto di Messa solenne officiata dal novello sacerdote don Alessandro Savio. Il pomeriggio, due bancarelle, una di giocattoli e una di dolci, hanno ricordato il vecchio ruolo commerciale delle feste paesane. Il Vespa Club ha contribuito con leccornie nostrane: cotechino, trippa, croste di formaggio abbrustolite, uova sode, torta “sbrisolona”. Ma la ghiottoneria più ambita sono stati, come sempre, i “móndoi”: una particolare qualità di castagne, essiccate e cotte in un brodo aromatico dalla ricetta segreta. I volontari hanno organizzato anche la consueta pesca. Il momento più atteso, però, era l’albero della cuccagna. Da momento di sogno e sfida per contadini poveri, è divenuto uno sport. A Manerbio, si sono sfidate, come al solito, squadre amatoriali. Hanno vinto le Gatte Randagie, ragazze di Isorella e Visano, seguite dai Fara One: squadra maschile proveniente da Fara Olivana (BG), come suggerisce il gioco di parole, e che ama condividere salami e salsicce vinti in un banchetto con la Cooperativa di Bessimo. La gara è stata seguita da una dimostrazione dei Grassi Ostinati, squadra di professionisti: per la gioia degli astanti, hanno riversato a terra i sacchetti di caramelle che pendevano dal palo. Il loro nome è un riferimento al grasso che unge ogni vero albero della cuccagna e alla costanza dei loro allenamenti.
            Sul posto era presente anche Dellino Farmer, il rapper dialettale innamorato delle campagne bresciane: accompagnato da un cameraman, ha documentato l’edizione 2017 della sagra. Il suo impegno gli è costato la possibilità di assaggiare i prelibati “móndoi”, andati a ruba prima della fine del servizio. Un motivo in più per ripetere la festa l’anno prossimo.



Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 118 (marzo 2017), p. 4.

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