Parte I: Sorelle
3.
Diana
s’immerse nel vicolo che fiancheggiava la sede delle Poste pavesi. Quel budello
era vergine d’ogni lume. Si lasciò cullare dal buio, dalla calma alcolica che
le aveva donato la serata al “Sottovento”. In fondo, facevano capolino gli
alberi di piazza Leonardo da Vinci.
Qualcosa le urtò una spalla.
«Scusa…»
Si riscosse.
A
parlarle, era stata una voce di soprano leggero. Mise a fuoco la scena.
Nell’ombra,
si disegnava una figura sottile, avvolta in un cappotto assottigliato intorno
ai fianchi. Una testa piccola e tornita, fasciata da una matassa di capelli che
s’indovinavano castano-rossicci, apriva verso di lei occhi umidi e perlati.
Diana percorse l’immagine di quella ragazza fino ai piedi quasi cinesi, stretti
negli stivaletti che li difendevano dalla stagione. Mani altrettanto minute, in
guanti di lana, si levavano in un gesto di giustificazione.
«Nessun problema!» rassicurò Diana
con franchezza, sedotta più da quelle dita aggraziate che dalla cortesia delle
scuse. «Piuttosto, tutto bene? Mi pareva che stessi correndo…»
«No, niente…» Era difficile dire se
l’altra fosse arrossita. Di certo, Diana si stupì della propria indiscrezione.
Non amava far domande, tanto quanto detestava riceverne. Ma, per qualche
motivo, non aveva voglia di troncare tanto presto quell’abboccamento
accidentale.
«Va bene. Occhio ai cattivi
incontri!» concluse, con un sorriso ammiccante. La sconosciuta accennò una
risata e la salutò. Diana seguì con lo sguardo i suoi passetti fini e nervosi,
finché lei non fu scomparsa in via Bordoni.
[Continua]
Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (21 ottobre 2016).
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