Siamo
abituati a vederla in televisione, con quei tacchini mastodontici e le parate
qualificabili, nel gergo “de noantri”, come “americanate”. Ma la Festa del
Ringraziamento è, soprattutto, una ricorrenza-chiave per comprendere la storia
moderna degli Stati Uniti.
Il “Thanksgiving Day” si celebra
negli USA, l’ultimo giovedì di novembre. Perciò, proprio in questo mese, la LUM
(Libera Università di Manerbio) gli ha dedicato una conferenza. Al Teatro
Civico “Memo Bortolozzi”, il 19 novembre 2014, è stata invitata la dott.ssa
Simona Negruzzo, per esporre un intervento dal titolo: “Il Giorno del
Ringraziamento tra storia e folklore”.
Per quanto riguarda la storia, la
dott.ssa Negruzzo è risalita alla colonizzazione della Virginia, uno degli
Stati federati che compongono gli USA. Il suo nome è legato alla “Regina
Vergine” Elisabetta I Tudor (sovrana dal 1558 al 1603), che mai si sposò. Parlare
della Virginia significa dunque parlare della colonizzazione inglese del
Nordamerica. Nel 1607, il capitano C. Newport vi pose il primo insediamento
stabile, per conto della Virginia Company of London, con il beneplacito di re
Giacomo I Stuart. Nello stesso anno, fu fondato il villaggio di Jamestown,
sotto la guida di John Smith (famoso grazie a una versione Disney non proprio
storica). Le difficoltà e gli scontri degli inglesi coi nativi furono
fortissimi, ma prevalsero gli interessi commerciali. Anche la nota Pocahontas
ebbe una sua parte: nel 1614, si sposò con l’inglese John Rolfe e ciò sancì un
accordo fra coloni e nativi.
Nel 1620, ebbe luogo un altro
evento-chiave: lo sbarco, a Cape Cod, della Mayflower, la nave che recava i
puritani fuggiti dalle persecuzioni religiose in Inghilterra. Sono i famosi
“Padri Pellegrini” (ovvero, “migranti”). Seguaci di una teologia a base
calvinista, erano contrari ai compromessi fra anglicanesimo e cattolicesimo
tentati da Maria Tudor. Il loro integralismo li portò a vedere con diffidenza i
nativi, visti come “in preda di Satana” per il loro rifiuto di cristianizzarsi
e per le pratiche dei loro sciamani. Interessi economici e pregiudizio
religioso porteranno allo sterminio dei nativi d’America. Ma, nell’inverno del
1620, i Padri Pellegrini non sarebbero mai sopravvissuti, senza l’aiuto degli
autoctoni. Furono loro a insegnare agli inglesi quali sementi coltivare e quali
animali allevare. Il capo Massasoit (1580 circa - 1661) della tribù degli
Wampanoag, stipulò col governatore Carven della colonia di Plymouth un trattato
di pace. Il primo pranzo del Ringraziamento, dunque, fu la celebrazione di
questa solidarietà e di questo “miracolo”: un momento di fiaba, prima
dell’incubo.
George Washington emise il primo
Proclama del Ringraziamento il 3 ottobre 1789, per celebrare la Costituzione
appena ratificata. Ma il Thanksgiving Day divenne una festa nazionale col
presidente Abraham Lincoln, il 3 ottobre 1863. Il suggerimento venne da Sarah
Josepha Hale, che individuò in questa festività un richiamo alle radici comuni,
durante la Guerra di Secessione che insanguinava il Paese.
Il
pranzo tradizionale, rigorosamente, va consumato in famiglia. Principe ne è il
tacchino; la ricetta è “segreta” per ogni casa, ma c’è la costante dei sapori
agrodolci. L’accompagnamento è a base di salsa di mirtilli, salsa gravy, puré
di patate. Le patate dolci sono anche servite con zucchero, spezie e burro. Il
ripieno del tacchino è tipicamente a base di ostriche, sulla costa orientale, e
di focaccia al granturco nel Sud. La regina della festa è, invece, la torta di
zucca, frutto di stagione.
Il Thanksgiving Day è anche il
pretesto per grandiose parate dallo scopo eminentemente pubblicitario (famosa è
quella sponsorizzata dai grandi magazzini Macy’s a New York, con tanto di Babbo
Natale). Il giorno dopo, infatti, è il Black Friday, consacrato agli acquisti
natalizi. Che dire? This is America.
Pubblicato
su Paese
Mio Manerbio, N. 103, dicembre 2015, p. 8.
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