Camicia garibaldina nel Museo Zenucchini di Manerbio |
Il
25 luglio 2018, è avvenuto un altro degli incontri culturali denominati “Piano in casa - Musica e parole per ville e giardini”. L’iniziativa era firmata dal
Comune di Manerbio, dall’A.N.P.I. locale (sez. G. Bassani) e dal Sistema
Bibliotecario della Bassa Bresciana Centrale. Un altro dei loghi in locandina
era quello del progetto “Magazzino Merci Manerbio”, volto al recupero
dell’omonimo edificio presso la stazione. Il luogo prescelto era il museo privato della famiglia Zenucchini, nell’abitazione adiacente alla Torre Civica.
Questa dimora fu anche Casa Municipale e Sede Vicariale della Repubblica di
Venezia.
Stavolta, in luogo del “piano”
enunciato nel titolo, c’era una chitarra: più adatta ad eseguire i brani
risorgimentali e le canzoni partigiane proposte durante la serata. I pezzi
erano stati scelti per la concordanza col contenuto del museo Zenucchini:
cimeli di storia italiana dall’Ottocento alla Seconda Guerra Mondiale. Il breve
concerto è stato tenuto all’aperto in via XX Settembre 2B, accanto alla Torre
Civica. A suonare e cantare era Isaia Mori. Ha cominciato con la “Rêverie” di
Giulio Regondi (Ginevra, 1822 – Londra, 1872) e con i “Recuerdos de la
Alhambra” di Francisco Tárrega (Vila-real, 1852 – Barcellona, 1909).
Quest’ultimo è stato eseguito con la tecnica del tremolo, che ottiene effetti
sonori simili a quelli del mandolino. In tal modo, è stato reso omaggio alla
temperie culturale del secondo Ottocento, nella quale erano compresi i canti
successivi.
Del 1860 era “Camicia rossa”, nota
canzone garibaldina. “Fuoco e mitragliatrici” (1915-1916) rimandava invece a un
episodio della Grande Guerra: quello della “Trincea dei Raggi” (o “dei Razzi”),
che i fanti della Brigata Sassari conquistarono con un assalto alla baionetta,
alle pendici di Monte San Michele. Contrariamente da quanto ci si potrebbe
aspettare da una canzone militare, essa esprimeva più il lutto per la perdita
di tanti “fratelli” che non un sentimento combattivo. “Addio padre e madre
addio” (1916) proseguiva su questa scia, dando voce al rimpianto di chi doveva
partire per la guerra. Ancora più forte, in tal senso, era il contenuto di
“Gorizia, tu sei maledetta” (1916 ca.). “Dalle belle città (Siamo i ribelli
della montagna)” (1944), un canto creato dalla III Brigata Garibaldi “Liguria”,
ha spostato il focus dalla Prima Guerra Mondiale alla Resistenza. “La
Badoglieide” (1944) era un brano satirico contro il generale Pietro Badoglio: esso
esprimeva le accuse di opportunismo politico che gli venivano rivolte dagli
antifascisti non monarchici. Sono seguite le proverbiali “Pietà l’è morta”
(1944, di Nuto Revelli) e “Bella ciao”. La conclusione, però, è spettata a “La
guerra di Piero” (1964) di Fabrizio De André: non c’entrava alcunché col
patrimonio delle canzoni popolari su Risorgimento, guerre mondiali e
Resistenza, ma condivideva con esse il clima di condanna del sacrificio umano.
Isaia Mori |
Durante
la serata, ai convenuti è stata offerta l’anguria, spiegata come “cucurbitacea
antifascista per eccellenza”: perché la sua dolcezza si trova nel rosso e
bisogna sputarne… il nero.
È seguita, naturalmente, la visita al museo di casa
Zenucchini, contenente (fra gli altri cimeli): un manichino vestito della
camicia garibaldina, cuccette destinate agli internati militari italiani nei
lager, acquerelli su cartoline di recupero (con cui i prigionieri ritraevano il
paesaggio dei suddetti lager), foto d’epoca. La singolarità del museo era la
possibilità (da parte dei padroni di casa) di ricondurre ciascuna parete al
ricordo di una persona cara. Non certo una cosa allegra, ma un modo immediato
per ricordare che la Storia ci tocca da vicino.
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