Passa ai contenuti principali

Leggendo “Pleistocenica” di Giuseppe Calendi…


giuseppe calendi pleistocenicaOgni volta si combatte per sopravvivere; e trattasi di un principio attivo per le civili aggregazioni purché nessuno si tiri fuori da esse, svalutando l’autenticità pendente su preziosi beni di consumo, su raffigurazioni ad arte ravvivanti i luoghi più reconditi, e su strumenti che comportano storicamente sorte e riconoscenza. 
L’autore romanza, e fin dall’inizio non è affatto una casualità, dato lo scopo di trascinarci in epoche remote, per metterci al corrente su attività e tradizioni riguardanti la gente appartenente alla preistoria, stabilendo un percorso, e andando perché no un po’ oltre l’immaginario.
Emergono allora meticolosamente dei dettagli, circa soggetti che comunicano in maniera impensabile (con l’uso della parola!), suscitando interesse, e con sullo sfondo il continente nero, una terra primordiale, coltivata da individui arguti e testardi nell’affrontare difficoltà estremizzate dal terrificante cambio dell’atmosfera nei millenni a seguire, che tuttora continua a selezionare le migliori anime, quelle da avere in dotazione per scansare la morte in definitiva, senza stare a sognare tristemente qualcosa di nuovo.
L’animale, se minaccioso va coinvolto per iniziare a lottare nel profondo delle angosce, sfoderando i muscoli per comprendere la fertilità della natura, il diritto a difenderci che viene messo a repentaglio solo da chi lo ha ma non se lo merita, e che oscura da sempre quello confacente alla parità dei sessi… preistoricamente costretti a far fuori gl’inesperti se non addirittura degli affetti, a tradire cioè il creato da predatori, allo scopo di rendere visibili degli esseri più deboli, quelli che si concedono in pasto.
Dalle zone costiere, d’altronde, si potevano cogliere elementi essenziali per sviluppare utensili e quindi dare il là alla produzione del bene comune, invocando Dio come portatore di fortuna… senza comunque perdere di vista certi dettagli, proprio quelli che esteticamente rimandano al carisma, al potenziale del singolo individuo, specie nell’intuire il momento giusto per stabilirsi altrove, roba insomma da dover credere nell’umanità ch’è meravigliosa se pensante, e di conseguenza in un mondo da salvaguardare senza che si tradisca il domani.
Per identificarsi in un soggetto rigenerante non bisogna tralasciarne l’aspetto, che curioso è dir poco… per essere felici poi serve mantenere l’idea di tacere estremamente facendo gruppo per catturare una bestia e nutrirsi, a tal punto da dimenticare d’avere un figlio, il più innocente da far crescere, avanzando nella più fitta vegetazione comunque non dispersiva viste le tracce lasciate da precedenti cacciatori, uomini magari divenuti immortali, entità che quando sono di cattivo umore accennano al maltempo schiarendolo in corso d’opera… consapevoli che ci vuole sapienza, ossia l’umiltà che si ottiene sgonfiando l’ego per privilegiare il collettivo d’appartenenza.
Le minacce sono talmente evidenti d’allentare la tensione in un attimo univoco, e magari mentre il Ricordo diventa amorevole come un dono floreale, tanto da non credere a delle rivendicazioni esemplari giacché cariche di negatività, roba da richiedere la cura completamente al naturale per sopravvivere, quando piuttosto la serenità andrebbe trasmessa sì portentosamente ma non dettando legge (e con la mascolinità spiazzante l’immaginario dovendo somigliare a degli animali in odore di accoppiamento per catturarli).
L’umanità col passare del tempo è riuscita a fermarsi per ingrandirsi e progredire, in una versione sempre più colorata… sono sorti complessi urbani, da legare assumendo una vastità di potere a patto di non cessare con la sperimentazione e la ricerca, dovendo vivere sensibilizzando la libertà di veduta, volendo migliorare senza che ci si adagi sugli allori, quali sarebbero in ordine d’espansione la Terra, il bene comune e l’universo, bensì cominciando a muoverci lungo un percorso da fare assolutamente per riprenderci.

·         Giuseppe Calendi è nato a San Benedetto del Tronto il 6 Gennaio 1966. 
giuseppe calendi

Sposato con due figli, lavora come operatore sociosanitario presso una Comunità Socio Educativa Riabilitativa.
Ha partecipato ad alcuni concorsi letterari, ottenendo un Riconoscimento Speciale alla settima edizione del Premio Letterario Alda Merini, tenutasi nel 2014 a San Benedetto,  con il racconto “Estate 93”; e un Attestato di Merito alla terza edizione del Premio di Narrativa, Teatro e Poesia “Il buon riso fa buon sangue” dell’associazione culturale e teatrale “Luce dell’Arte”, con il racconto “Aula 17”.
Ha all’attivo anche alcune poesie più altri brevi racconti di cui due in forma di saggio romanzato nati dalla sua passione per le scienze naturali e dedicati al tema dell’evoluzionismo; tra quest’ultimi  spicca “Il discepolo di Darwin”, presente nel numero 29 della collana Racconti curata dalla casa editrice Pagine.
Con il racconto “Il Dio dell’inverno” ha ottenuto una segnalazione di merito al settimo Concorso Letterario Città di Grottammare organizzato dall’ass. Pelasgo 968.
Tutti i racconti sopracitati fanno parte, insieme ad altri, della raccolta “Introspezioni” autopubblicata nel 2016.
Nel Giugno dello stesso anno, all’interno della raccolta  “A.A V.V. – Racconti in libertà” della Historica Edizioni, come premio conferito dal Concorso Letterario Stampalibri.it, compare la versione del racconto di “Ekon, il signore di Blombos”, la quale, dopo un successivo completamento, diviene un capitolo del romanzo breve “Pleistocenica”, pubblicato dalla casa editrice Antipodes di Palermo.


Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italiana: i