Quando
mi si domanda quale sia il rapporto tra la spiritualità cristiana e i figuri
che “difendono le radici cattoliche” tramite i mass media, mi viene in mente
questo brano tolstojano: Nessuno potrebbe
certo vietare a un uomo di fabbricarsi una figura di cera e di baciarla; ma se
costui venisse a piantarsi con la sua bambola dinanzi a un uomo innamorato e si
mettesse ad accarezzarla, come l’altro accarezza la donna amata, l’innamorato
se ne sentirebbe certamente infastidito. (1)
Se qualcuno ha bisogno per forza di
trovare in qualche “autorità sacra” la legittimazione della propria mentalità
borghese, faccia pure. Ma non la si venga a spacciare come il massimo ideale
del Cristianesimo. Né mi si dica che sbraitare sotto i riflettori è espressione
di grande fede. Può anche darsi che lo sia, nell’ottica personale di chi lo fa.
Certo, mi rimarrà sempre misterioso il movente di chi recita il ruolo di
fariseo, sapendo d’essere pubblicano. Però, non riesco a collegare questo
atteggiamento con quello del Cristo che amava tanto la solitudine dei monti (Mc
6, 46) e dei deserti (Mt 4, 1; Lc 4, 1); di quel Cristo che rifuggiva le folle
adoranti e che si piegava ad ascoltarle solo perché erano come pecore senza pastore (Mc 6, 34). Quel Cristo che parlava di un Padre
vostro, che vede nel segreto (Mt 6, 4-6; Mt 6, 18); di una “mano destra” che “non deve sapere cosa fa la sinistra”
(Mt 6, 3), perché la virtù non lasci adito alla vanagloria; che guardava con
sospetto i ricchi che facevano le proprie elemosine al suono delle fanfare (Mt
6, 2).
Non parliamo, poi, del culto della
famiglia che è, oggi, il cavallo di battaglia preferito di chi innalza la
bandiera di Dio. Certo, attualmente il
Matrimonio è un sacramento e fa ormai parte a pieno titolo della religione
cattolica. Questo riconoscimento del suo valore non è neppure un fatto negativo
in sé, dato che l’amore coniugale è radicato nella natura umana, nonché
necessario agli individui e alle società. Sarebbe stata sicuramente un’idea
peggiore proporre come vie di perfezione
spirituale soltanto l’eremitaggio, o il cenobio, o il celibato. Ne
sarebbero risultate frustrazione e nevrosi inutili per i moltissimi che non
sono in grado di adeguarsi a questi modelli. Tuttavia, il Cristo dei Vangeli
privilegia il farsi eunuchi per il Regno
dei Cieli (Mt 19, 12). Quando
parla contro il divorzio, non lo fa per difesa delle strutture sociali
esistenti, ma per sottolineare la distanza dei bizantinismi giuridici dalle
radici del matrimonio (Mt 19, 3-9; Mc 10, 1-11). Non parliamo poi del fatto che
questo famoso abboccamento coi farisei avvenga fuori dall’economia sacramentale
cattolica. Il modo in cui il Nazareno parla della famiglia non è dissimile da
quello in cui dimostra il vero valore del sabato e della Legge mosaica nel suo
complesso.
Cristo ricorda bensì il comandamento
di onorare il padre e la madre, ma
per mostrare come i più tradizionalisti del suo tempo fossero abilissimi
nell’eludere la stessa Parola in cui dicevano di credere (Mc 7, 8-13).
Gli Apostoli avevano una famiglia, ma se
ne allontanarono per seguire il Maestro (Mt 19, 27); il quale, dal canto
proprio, badava a dire che chi ama suo
padre o sua madre più di me non è degno di me (cfr. Lc 14, 26). Del resto, i veri parenti di Cristo, a suo dire, erano coloro che ascoltavano la
sua parola e la mettevano in pratica (Mt 12, 46-50; Lc 8, 19-21). La “grande famiglia” dei discepoli come
più importante del legame con quella “convenzionale”. Un atteggiamento
adombrato anche dal famoso mistero dell’Inventio
in Templo (Lc 2, 41-50).
Anche
S. Giovanni Battista, a volte, è chiamato a scendere in lizza. Ricordo due
amabili conversatori, campioni di qualunquismo parrocchiale, che commentarono:
«Il Battista è morto per difendere la famiglia». Anche qui, faccio davvero
fatica a vedere come paladino del familismo borghese uno che viveva nel
deserto, mangiando locuste e miele selvatico (Mt 3, 4) in sacrosanta solitudine
(un ottimo partito per qualunque ragazza perbene, non c’è che dire!). La sua
morte, come tutti sanno, fu dovuta al suo conflitto frontale con Erode Antipa e
con Erodiade, sua moglie illegittima (Mt 14, 3ss.; Mc 6, 17ss.; Lc 3, 19-20).
Certo, il casus belli fu dato dal
doppio adulterio della coppia regale, che era anche una forma d’incesto
(Erodiade era sia cognata, che nipote dell’Antipa). Però, il Battista non si
scagliò contro un costume diffuso. Si rivolse a un sovrano, noto per la sua
politica filoromana e il suo stile di vita ellenizzante, che trascurava le
tradizioni giudaiche nella sostanza. (2) Il suo matrimonio
irregolare, nonché l’incarcerazione del profeta che lo accusava, si sarebbero
collocati fra “tutte le scelleratezze che aveva commesso” (Lc 3, 19), ovvero i
suoi atti di collaborazionismo. Una faccenda di “politica internazionale” che
andava ben al di là del moralismo domestico.
Molti
citano versetti di S. Paolo per umiliare i “sodomiti” (Rm 1, 26-27; 1 Cor 6,
9-10), senza però preoccuparsi più di tanto di informarsi su usi e costumi sessuali del I sec. d.C..
Chissà come ci rimarrebbero, se sapessero che i bersagli di S. Paolo non
avevano un granché in comune con gli uomini e le donne che chiedono di poter
ufficializzare il proprio impegno con un* compagn* dello stesso sesso. Del
resto, ciò che l’Apostolo condanna non è tanto l’orifizio impiegato, quanto il
culto smodato della “creatura” nell’oblio del “Creatore” (ovvero, la schiavitù
dei piaceri carnali): Rm 1, 25. In altre parole, la motivazione degli strali
paolini verso le usanze sessuali “pagane” è la stessa che portò
all’allontanamento dei cristiani da tutta una mentalità in cui erano vissuti
immersi fino al momento della conversione: il culto delle “creature visibili”.
Lo stesso S. Paolo è autore di un bellissimo Inno alla carità (1 Cor 13, 1ss.),
ovvero quell’amore disinteressato e quello spirito di condivisione che egli
pone al vertice dei valori cristiani: “La carità è paziente, è benigna la
carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di
rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male
ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità” (1 Cor 13,
4-6).
Questo
passo non è molto gettonato, sui blog, sui giornali e sui profili Facebook di
chi dice di idolatrare la parola di S. Paolo. Evidentemente, tutte le Scritture
sono sacre, ma alcuni versetti sono più sacri degli altri (per dirla alla
Orwell). Sarei curiosa di sapere come si coniuga questo vertice dei valori cristiani con il livore, la superbia
intellettuale, il sarcasmo, il compiacimento di colpire il prossimo che dilaga
nelle parole dei “paolini di professione”.
Per quanto riguarda S. Paolo e la
morale domestica, egli ci ha lasciato passi famosi: 1 Cor 7, 1ss.; Ef 5, 21 ss.; Ef. 6, 1-4. Va bene: la
traduzione italiana usa la parola “sottomessi/e”, come piace ai nostalgici
dell’ “angelo del focolare” che strofina il pavimento senza fiatare. La usa per
dire: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo” (Ef 5, 21). Ne
conseguono massime non indifferenti: “…ciascuno da parte sua, ami la propria
moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito” (Ef 5, 33).
Anche per quanto riguarda i rapporti fra generazioni, così si traduce la
sottomissione: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore […] E voi,
padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella
disciplina del Signore.” (Ef 6, 1-4). Quella “sottomissione” non è altro che un
prodigarsi gli uni verso gli altri, nella
rinuncia all’egoismo. E, sempre, riecheggia nello scritto paolino il richiamo
al Signore. Ovvero: i rapporti
familiari non come fini a se stessi, come “valore in sé”, ma come vie per
rapportarsi con il trascendente. In vista di questo rapporto col trascendente,
S. Paolo privilegia fermamente il celibato e la verginità, ovvero la rinuncia
alla cosiddetta “famiglia naturale”: “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni:
chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al
Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa
piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la
vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello
spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa
piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un
laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza
distrazioni.” (1 Cor 7, 32-35).
L’ironia della sorte (o la
superficialità di chi difende le proprie abitudini) ha dunque fatto sì che
l’araldo dell’antifamilismo ascetico servisse troppo spesso per esaltare il
quadretto borghese di marito-moglie-bambini.
Chi è, poi, che innalza la bandiera
della “donnina sottomessa, casa e chiesa”? Signore lustre e splendenti, in
carriera, laureate e che non tacciono mai. Quei mariti su piedistallo che
dovrebbero guidarle come dèi in terra non si vedono. In compenso, le
mogliettine sono sempre su Internet, in televisione o sugli scaffali delle
librerie. Molti si domandano quando trovino il tempo di rammendare i calzini al
Marito Signore e Padrone, o di cullare i preziosissimi figlioli mandati dal
Signore. Avrei voglia di acchiappare una qualunque rappresentante di questo genus e dirle: «Madama, la buonanima
della mia trisnonna, che ha allevato sei figli in tempo di guerra, non si
sognava nemmeno di farsi intervistare per questo!»
Ma, chissà… forse, è progresso anche questo. La beghina moderna,
evidentemente, non ha più bisogno di patire sulla propria pelle il peso di ciò
che raccomanda agli altri. Mi scuso d’essere troppo all’antica; mi scuso di
leggere i Vangeli e le Lettere paoline alla luce del contesto che li ha
prodotti. Non c’è più bisogno né di Cristo, né degli Apostoli; al cristiano
odierno, bastano le bambole di cera. Ma, se così è, l’ “autorità” delle sue
dottrine è tutta da vedere.
(1)
Lev
Tolstòj, Anna Karénina, Milano 1989,
Oscar Mondadori, p. 605.
(2)
Per
la politica di Erode Antipa, vedasi: Chiara de Filippis Cappai, IVDAEA. Roma e la Giudea dal II secolo a. C.
al II secolo d. C., Alessandria 2008, Edizioni dell’Orso.
Che bell'articolo. Complimenti!
RispondiEliminaMolte grazie, Gianni. :)
Elimina