Ho un messaggio per te, "persona normale".
Sì, tra virgolette, perché è un'espressione che vuol dire tutto o niente. È anche un titolo autoconferito, riconosciuto solo da te e da quei quattro o cinque gatti che, ai tuoi occhi, sono rappresentanti del mondo intero, pietra di paragone del "dover essere".
Sto parlando con te, che giudichi di sottecchi le colleghe "troppo vistose" e i colleghi "inadeguati". Con te, che vedi come una provocazione qualsiasi accessorio inusuale, qualsiasi hobby o interesse poco gettonato.Con te, che fai commenti ad altissima voce sui mezzi pubblici circa le presunte abitudini dei tuoi tranquillissimi vicini di sedile e cerchi pure di trovare chi ti faccia eco. Con te, che di punto in bianco scrivi a sconosciuti nelle chat dei social media, dando loro degli "psicopatici" (senza renderti conto che l'unico comportamento disturbato, in tal caso, è proprio il tuo).
Con te, che imprechi contro le manifestazioni pubbliche solamente perché "sono sfacciate" o interrompono il tuo "quieto vivere". Con te, che magari piangi o condanni (del resto, condannare è quel che sai fare meglio), quando un ragazzino si suicida per bullismo; ma non sai riconoscere che hai contribuito alla sua morte, alimentando una mentalità che disumanizza i "diversi". (Ma "diversi" da cosa, poi? Diversi da chi vive solo per produrre, consumare e crepare?)
Con te, che non sei come le altre donne, che non sei come gli altri gay, non sei come gli altri neri, non sei [inserisci categoria discriminata a piacere]. E cosa vorrai mai dire?
Con te, che trovi sempre una scusa per denigrare le scelte ambientaliste, animaliste, pro diritti umani, perché per te è "normale" che alcune crudeltà e certi abusi debbano esistere (non sulla tua pelle personale o su quella dei tuoi cari, sia chiaro). Anzi, per te non sono nemmeno crudeltà o abusi: sono gli altri a esagerare, a voler attirare l'attenzione, a inventare fole per disturbarti nel tuo "giusto mezzo". Quel giusto mezzo che, come direbbe Manzoni, hai fissato là dove hai trovato la tua comodità.
Con te, che hai contratto matrimonio e avuto figli solo perché "è normale", non perché te l'ha dettato il cuore. Oppure, che devi sopportare "cent'anni di solitudine" perché nessuno ti digerisce più e non hai nemmeno un granché da offrire.
Ho un messaggio per te: non sei normale.
Sei inconsapevole dei tuoi desideri più profondi, pressati sotto un mucchio di aspettative tue e degli altri. Sei un serbatoio di rabbia, quella in cui si sono trasformati proprio questi desideri: non avrebbero potuto certo scomparire nel nulla.
Giudichi e condanni perché hai vissuto sotto la cappa delle condanne e dei giudizi altrui. Non c'è stato un solo gesto o una sola parola che non siano stati di giudizio più o meno esplicito, nella tua educazione. Non sono mai esistiti i tuoi gusti, la tua personalità, le tue esigenze. Solo un dover essere e uno stare in riga. Non hai empatia o comprensione verso gli altri, perché non hai mai potuto apprendere cosa fossero.
Le persone che ti hanno sempre circondato più da vicino non hanno mai saputo scaldarsi in una conversazione, se non per confrontare il proprio "benessere" e la propria "rispettabilità" con quella altrui. Le ingiustizie sociali e l'infelicità umana le hanno sempre lasciate indifferenti. Non hanno mai denunciato alcunché, se non la "scostumatezza" di Tizio o Caia, loro sventurati vicini di casa. Mai una curiosità scientifica, mai una passione letteraria, mai una fantasia spiccata. Solo il fuoco dell'acredine e del pettegolezzo, con un sottofondo d'infelicità inconsapevole.
Questo è stato il latte che ti ha nutrito. Non ti è mai stata data la possibilità di assaggiare davvero altro, di pensare che potessero esserci alimenti anche più validi. Davanti alla tua insoddisfazione, ti è stato ripetuto che questa è la realtà, devi stare coi piedi per terra. Gli altri stili di vita sono "idiozie", "mode superficiali", "cose da eccentrici". E tu, ormai, ci credi. Ti impegni a odiare tutto quello di cui avresti disperatamente bisogno, perché non puoi averlo. Altri vestiti, altri amori, altri linguaggi, altre spiritualità, altre pietanze, altri libri... non sono per te. Quindi, sono tuoi "nemici". Rischiano di minare la tua presunta "integrità". Se, per caso, hai concepito un sentimento o un gusto fuori dagli schemi che hai assimilato, hai fatto di tutto per mantenerlo nascosto o renderlo "secondario". Perché tu sei "una persona normale".
La verità è che hai paura. Se osassi vivere come, sotto sotto, aneli, l'onda della cattiveria meschina in cui ti hanno allevato si riverserebbe tutta su di te. E tu sai quanto sia enorme, amara, schifosa. Tu stesso/a ti giudicheresti, perché la tua fragile autostima, ormai, si fonda solo su quanto riesci a essere "normale" nel modo in cui ti hanno insegnato.
Non di rado, questo conformismo è il prezzo da pagare per una vita di relativo privilegio.
Ma quanto dura, poi, una vita?
Fossero pure cent'anni, ti sembrerà sempre breve.
Vuoi trascorrere questo fugace periodo nella prigione di un abito grigio, col gusto dell'acredine in bocca? Vuoi passarla ad alimentare la macchina dell'ingiustizia e dell'infelicità?
Non è detto che sia troppo tardi. Dipende solo da te.
Potresti fare quel viaggio, leggere quel libro, vedere quel film, scrivere a quella persona, suonare quello strumento, dire quella cosa, cambiare religione, togliere quella giacca, indossare quella maglietta, entrare in quel locale, scrivere quel racconto... Realizzare quel/la te stesso/a che sta marcendo inutilmente dentro di te.
Oppure, sei così indurito/a nel tuo narcisismo da non voler nemmeno considerare la possibilità di rimetterti in discussione.
In questo caso, trascura pure questo messaggio.
Non è un problema mio.
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