Ripartire dalle retrovie, dopo trentatré anni di carriera; "rimettersi in fila", evitando facili scorciatoie carrieristiche: è qualcosa di metodico e preciso - una scienza, appunto. Questo è il senso del titolo dell'ultimo CD del cantautore Max Arduini: La scienza di stare in fila (2019, GDE Records).
Nato a Ravenna nel 1972, cominciò la carriera alla fine degli anni '80, fra Cattolica e Rimini. In Romagna, è noto per aver musicato aneddoti sulla vita del Passator Cortese, ovvero il brigante Stefano Pelloni (Boncellino di Bagnacavallo, 1824 - Russi, 1851).
Il percorso di Arduini si è svolto underground, lontano dalla grande distribuzione. La sua produzione ha abbracciato diversi generi: il rock, il folk, il blues.
Questa varietà e ricchezza si riflettono nell'ultimo CD, vera e propria "ripartenza col botto". Il filo conduttore è una vena malinconica profonda, ma mai pesante, stemperata nel melodioso o nel ballabile.
Quando si fa arte con il cuore, è impossibile scindere le tappe della produzione da quelle della vita. Arduini, per l'appunto, si è musicalmente "rimesso in gioco" dopo due lutti gravi, che l'hanno anche spinto a rivedere le proprie amicizie nel loro complesso.
Di un lutto parla anche il primo brano compreso nel CD, Nina e Gaetà. "Gaetà" è Gaetano "Ghetanaccio" Santangelo (Roma, 1782 - ivi, 1832), il famoso burattinaio. Il suo personaggio principale era Rugantino e a lui, nella canzone, Ghetanaccio confida il dolore per la perdita dell'amata Nina. Anche il più spregiudicato e ridanciano degli artisti ha il proprio pozzo di sensibilità e dolore. Cosicché, nei testi di Arduini, la maschera non è mai menzogna, né risata (non vi ricorda un po' il Corvo di James O' Barr tutto questo?). Lo vediamo bene nel brano di chiusura, Arlecchino noir: uno sbiadito abito rattoppato ricorda un Carnevale esistenziale ormai finito. La canzone allude al film Qualcuno volò sul nido del cuculo (USA, 1975), famosa pellicola sull'inumanità dei manicomi.
Plano impiega invece la metafora dell'aereo militare per indicare la distruzione dall'alto di ogni meschina invidia.
Se Nina e Gaetà era un brano romanissimo, È Ravenna omaggia la città natia del cantautore e la sua lunga storia. Con Salutami Gillespie, Arduini cita invece il bebop e la sua principale figura di riferimento... ma con leggerezza (apparente?) e autoironia.
Mama Laus Deo è invece nostalgico e accorato. Non avrebbe potuto non esserlo, visto che è dedicato alla madre defunta. Il tutto, però, è accompagnato (appunto) da un'alta lode, per la grazia d'aver vissuto accanto a una persona meravigliosa. La conclusione riassume il lutto nel dolce e tremante ricordo della buonanotte materna: l'augurio è che la morte possa essere vissuta così, come un naturale ritirarsi dietro le quinte del buio.
La settima casa è uno dei rifugi e degli incontri che si possono trovare nella vita. Ed è la più bella, perché... non esiste.
La nottata insonne è invece una delle più tipiche, feconde e incantate esperienze da artista. In qualche giorno e Défaillance riflettono malinconicamente sugli incontri che hanno segnato il cuore.
Sciarada... Ignurent! è un monito contro chi, come nell'omonimo gioco enigmistico, si esprime in modo enigmatico, credendo che nessuno possa capire la sua reale personalità. Un bello sberleffo, da parte di chi intende l'arte come verità.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.