Passa ai contenuti principali

Vincenzo Calò intervista Lucrezia Maggi


Generalmente, quando ti trovi a comporre,  come ti vedi all’inizio, nel mentre e alla fine? Un testo è giusto correggerlo in buona sostanza s’è poetico? 

lucrezia maggi indelebile poesie

La gioia e la bellezza di scrivere sono enormi, ma nel mentre, quando mi trovo a comporre versi o storie, può capitare che ci possano essere grandi momenti di scoramento, giornate in cui non mi esce niente o in cui quello che scrivo mi pare brutto. Quando mi sento così, mi alzo e faccio altro. Torno al lavoro o, se sono in casa, indosso il grembiule e armeggio ai fornelli, oppure, il più delle volte, mi fiondo tra le pagine di un libro. Non insisto a scrivere cose che non sento, cose che non mi emozionano. La pagina deve chiamarmi. Oggi il mondo viaggia a una velocità diversa dal passato e le stesse parole ora viaggiano veloci come frecce, non sono più gocce che cadono lentamente nell’anima. Maneggiarle con cura, questo si deve. Senza fretta, con rispetto e dedizione. Alla poesia è concessa una sorta di licenza poetica, in questo ambito l’intervento di correzione dovrebbe essere dunque più delicato, quasi timoroso, svolto sotto la precisa e inalienabile indicazione dello stesso poeta, proprio per non snaturare o intaccare il valore di stile dei componimenti.
La poesia può lasciare il segno più per la forma che per i contenuti ?
La poesia è l'arte di rappresentare ed esprimere fatti e sentimenti e più specificamente con parole esposte secondo un ritmo determinato attraverso le quali il poeta piega la lingua alle sue particolari esigenze, violando i consueti codici comunicativi. Con la sua poesia, il poeta può voler trasmettere la sua personale visione del mondo e della vita, le sue emozioni, le sue esperienze, da cui il lettore può trarre, a sua volta, suggerimenti, insegnamenti, emozioni. La poesia non si legge solo con gli occhi. Si sente, dentro. O, più semplicemente, si ascolta.


Sbaglio o molti si sentono talmente forti nello scrivere da diventare fragili alla lettura come all’ascolto degli altri?
Tutti sono scrittori, tutti sono critici, nessuno legge più, pochi tendono l'orecchio all'ascolto dell'altro. Personalmente, credo di essere più lettrice che autrice, per quantità di pagine lette rispetto a quelle finora scritte. Leggo tantissimo, sin da quando ho imparato a farlo. Amo sia la poesia che la prosa, acquisto tantissimi libri e li leggo tutti. Le pagine che leggo mi sorprendono, mi arricchiscono, mi sono indispensabili. Quelle che scrivo mi sono necessarie, ne ho bisogno ma… non mi riesce semplice esprimermi al riguardo. Possono essere buone oppure no. Sono una lettrice esigente, con la mia scrittura lo sono di più. L'altro, non mi è indifferente… la mia sensibilità non me lo permetterebbe. L'ego ipertrofico degli scrittori non mi appartiene.
Gli editori stanno a…? Non credi che per guadagnare uno scrittore debba fare spettacolo, possedendo ulteriori doti?
Gli editori, che non hanno per missione il bene dell’umanità e della letteratura ma quella, legittima, di fare comunque commercio, ragionano così: la poesia non vende, la poesia muore sugli scaffali delle librerie, non rende, “Ti pubblico ma poi il problema è tuo, arrangiati”. Come dare loro torto? Certo, al giorno d'oggi, uno scrittore, un poeta poliedrico e versatile, che possiede ulteriori doti artistiche, potrebbe essere di grandissima utilità “alla causa”. Dare spettacolo di sé durante le presentazioni di un libro, muoversi con disinvoltura su un palcoscenico, promuovere ad hoc la propria immagine, per esempio, credo siano cosa buona e giusta per molti. Io non la ritengo cosa indispensabile, personalmente non mi troverei a mio agio in queste vesti. Per indole preferisco le quinte alle luci della ribalta. Fosse per me, non li presenterei nemmeno in pubblico i miei libri. Lo faccio perché devo ma non mi entusiasma. Dopo la pubblicazione di un libro, il mio desiderio sarebbe quello di scomparire dietro le mie parole, lasciare che il  loro destino si compia indipendentemente da me… ma che fai, una creatura tua l'abbandoni così? No, te ne prendi cura, comunque.
Teoria e pratica nel tuo caso agiscono in contemporanea? La precarietà ti dona ? Per contemplare un posto nel mondo è indispensabile radicarcisi?
Ciò in cui crediamo, ciò che tratteniamo e a cui ci aggrappiamo, ciò che presumiamo di essere, non è ciò che veramente siamo… è una situazione, una condizione momentanea, qualcosa che cambia a seconda del tempo e dello spazio in cui ci muoviamo. Siamo tutti precari, di passaggio. Per contemplare un posto nel mondo non è affatto indispensabile radicarcisi.
Ma sei certa che sia possibile ancora innamorarsi di un uomo?
Si dice che l'innamoramento sia un sogno quando lo si vive, una magica sinfonia che fa palpitare il cuore, fa sentire un’attrazione fortissima che dà crampi allo stomaco e scombussola il nostro consueto modo di pensare e di agire. L’amore non era - e non è tuttora - esprimibile attraverso ragionamenti, ritengo che amare sia la fiamma e l’impeto della virtù umana. In una società in cui la tecnologia avanza velocemente, in cui la ragione è dominatrice dell’uomo, non amare è comunque pura follia. Sono in tanti a pensare che l’amore sia solo piacere fisico, effimero per la sua durata ma è bene ricordare che trattasi di un sentimento naturale, come un’erba che nasce spontanea, cresce e s'insinua indipendentemente. Inutile sottrarsi.
La tua solitudine è paragonabile a…? L’epoca moderna ci sta annientando, e magari perché non c’ispira granché? E se non è così allora cosa ci resterà della suddetta?
Io credo che la solitudine sia principalmente uno stato dell’animo, può essere la nostra più grande nemica o la nostra più grande amica. Quando non la riconosciamo come strumento prezioso per connetterci a un livello superiore, la solitudine può diventare non salutare, farci del male. Personalmente, alla luce della consapevolezza e dell’esperienza, io non mi sento mai sola, né cerco la solitudine a tutti i costi. La maggior parte delle volte  mi sento semplicemente libera, mentre cammino e mi muovo da sola, quando leggo, quando scrivo, quando medito. Semplicemente, il mio pensiero non è focalizzato su cosa possono pensare gli altri di me, di loro e del mondo. Sono aperta alla relazione con l'altro ma senza concentrarmi unicamente su di essa. Ascolto i messaggi della natura, guardo i colori di un tramonto, mi prendo cura dei miei pensieri positivi e cerco di tenere a bada quelli negativi che si insediano nella mia mente in modo inconsapevole, portandomi, talvolta, a vivere una realtà virtuale che mi distoglie dal momento presente. Preferisco vivere con lentezza ogni singolo giorno, l'epoca che viviamo viaggia a un ritmo troppo veloce, spesso ci perdiamo il gusto delle piccole cose. M'ispira la bellezza e, fortunatamente, lo stesso caos delle anime e tutta la vita che mi gira intorno.
… “Indelebile - Cose di noi e sanguinamenti sparsi” (Controluna Edizioni di Poesia)
La Maggi percepisce poeticamente qualcosa che si muove aldilà dell’aspetto materiale, di consistente, che sfugge dalla evidente carnalità per caratterizzare un flusso passionale nelle vene.
Ecco allora che la curiosità lega parole non solo da leggere, catturati da un’impressione dannatamente amorosa, in preda a un tormento che arreca dell’inadeguatezza a fior di pelle ma senza annullare la cortesia insita a gesti prossimi a un ritrovarsi.
“A te che sai
a te che più tra tutti mi sei simile”.
Alla lettura di queste poesie viene bandita la passività, i componimenti si rinfrescano in ragione di un contributo istantaneo, del tutto amichevole.
Capita molte volte che la vita si manifesti di colpo, e nel caso di Lucrezia avviene dovendo soddisfare la voglia di poetare ogni cosa che le stia a cuore.
Del resto serve pazientare per approdare dappertutto, e rasserenarsi in definitiva, cioè sapendo sognare per far sì che si appurino delle riconoscenze spontanee.
Il rumore insito allo Spirito fa venire delle buone idee, e trame di nuove storie si sviluppano, come dei baci lesti a convincere soggetti da vivere lungi dalla crudeltà, avendo modo di bonificare i paesaggi del cuore.
Lucrezia è abile a constatare delicatamente qualcosa che non va nelle persone a lei care, difficile da inquadrare se non si coglie dell’amorevole reciprocità da un dissolvimento decelerato, da una dimensione che si ripercuote umanamente nel profondo.
“Frantumarsi emotivo di animi
contro muri di gomma sofisticata”.
Spente le luci, soltanto una coppia di vite può narrare di un amore da rendere prima o poi incondizionato.
Per la lettura di questi versi ci si fa tesoro di una condizione angosciosa.
“...Perché quando scansiamo
il destino
abbiamo nostalgia di destino?”.
Rimane unicamente il fatto d’assaporare per intero un istante, visto che non ci sono persone che c’intendano a meraviglia, pervase da intrighi inutili, completamente invalidanti.
È come se fossimo condannati all’ingenuità, indotti di conseguenza a comprendere quello che serbiamo, e magari in un gioco di sguardi che allenti i nervi della poetessa.
La passione riempie un ideale d’uguaglianza, coperto da debolezze da esprimere senza far rumore, schiarendo piuttosto l’intento di sapere qualcosa per oltrepassare limiti sfiancanti, seppur sia molto probabile che le diversità verranno sempre fagocitate per della pura curiosità.
La vita compie dei giri folli ma si fa notare, tanto vale convincere chiunque ci capiti a tiro impugnandola senza addolorare, specie in riguardo a delle forme d’amore sconvolgenti, e cioè illuminanti nonostante la verità non si lasci determinare.
“… la ragione vacilla
in buco nero …”.
Urge della continuità, a costo di toglierci ogni cosa di dosso, alla ricerca dell’ispirazione… come degli esseri viventi al microscopio, che, indifferenti al carico di nutrimento che trasportano, puntano indefessi a uno scopo!
Negli abissi del sempre sprofonda un’illusione composta da astri e sogni; prossimi alla notte il tacere diventa languido catturando l’umanità costretta così a riscontrare la propria passività.
Il senso della vista che andrebbe svuotato sembra invece accogliere la decadenza di una riflessione ritoccabile circa esperienze che si rivelano negative, dati dei sentimenti non più infrangibili.
“… fuori dal cerchio delle cose,
sottraendosi all’obbligo
dei teoremi
e
delle forme armoniose
imposte”.
In un riflesso di luce assolutamente relativo si manifestano rette vie, esistenze ch’è impossibile incrociare, e prevale una memoria impossibile da ripulire, a scandire l’immensità di qualsiasi debole inganno.
Il cuore è delicato, occorre averne cura per tornare a divertirci in una maniera sopraffina, senza rinunciare mai all’ascolto dei suoi battiti, per rinnovare il buonsenso indispensabile se si vuol essere felici e ritrovare la memoria stavolta complice, per effetto della luce del Sole.
Secondo la Maggi con la forza di volontà nessuno può soffrire un destino segnato, chiunque è in grado di elaborare una novità per gli altri, e facendosi sentire.
Ora come ora lei deve abilitarsi definitivamente sistemando dei pensieri dentro di sé, dopo che per tanto tempo è stata dietro a termini e figure non ottenendo risultati, ma come se si trattasse di una vocazione quella di cogliere un senso di vuoto, fissarlo e restarne attratta per paradosso.
BIOGRAFIA AUTRICE
Lucrezia Maggi, poetessa e narratrice tarantina, dal 2007 ad oggi, ha al suo attivo numerose pubblicazioni, di poesia e di narrativa. Suoi versi sono presenti in numerose antologie e riviste letterarie italiane.
È presidente e fondatrice dell’Associazione Culturale “Le Muse Project”, ideatrice e organizzatrice del Premio Letterario Nazionale “Città di Taranto”, giunto ad oggi alla tredicesima edizione.
Tra le numerose attestazioni letterarie ricevute, nel 2011, le viene conferito, per la Sezione Cultura, il Premio “Donna Dei Due Mari 2011”, riconoscimento alle “eccellenze territoriali”, con le seguenti motivazioni: “Per l’attività di effettiva promozione culturale e di riscoperta generazionale resa a favore della nobile e distinta Arte della Poesia”.
Il 2013 è l’anno che vedrà accadere gli eventi narrati nel pamphlet “Prima che il tempo ne cancelli le orme”, che l’autrice scrive a seguito della morte di sua madre per malasanità. “Come affrontare quanto accaduto, come dare giustizia alla nostra storia e fare in modo che non capiti ad altri?” queste le domande che si è subito posta Lucrezia, nel corso e in conseguenza al drammatico sviluppo degli eventi. Chiedere un risarcimento? Sporgere denuncia? Il dubbio - o già un’amara certezza - era quello di rimanere inascoltati e ignorati, fino al punto in cui sarebbe stato troppo tardi per agire. 
Il modo migliore era metterci la propria voce e il proprio volto, portando di persona la storia all’attenzione di altre città e di altre persone e personalità. Lucrezia darà così il via ad un tour di divulgazione, in cui il libro, edito a novembre del 2013, sarà portato in numerose città italiane quali Taranto e la sua provincia, Bari, Avellino, Napoli, Salerno, Catania, Roma, Milano.
Numerosi gli incontri realizzati con il prezioso supporto di relatori del calibro degli scrittori Andrea G. Pinketts e Cosimo Argentina, del dott. Santino Mirabella, magistrato catanese, di Alessandro Salvatore, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, del giornalista campano Alfonso Bottone, direttore organizzativo della Fiera del Libro in Mediterraneo che, hanno portato la vicenda dinanzi all’attenzione di un pubblico crescente e sempre più partecipe in quei coinvolgenti momenti di dibattito e dialogo che sono stati, ogni volta, le presentazioni di questo pamphlet.
Nell'aprile del 2015 l’autrice pubblica, per la casa editrice Opposto Edizioni, realtà editoriale indipendente capitolina, "Come solo le parole", una raffinata raccolta di 17 racconti brevi.
Nel dicembre 2016, la seconda edizione di “Prima che il tempo ne cancelli le orme” e il monologo teatrale ad esso ispirato interpretato dall’attore Sergio Mari con le musiche originali del musicista/compositore Filippo D’Eliso.
A gennaio del 2018 l’autrice torna in libreria con la silloge “Indelebile-cose di noi e sanguinamenti sparsi” edito da Controluna/Il Seme Bianco. “Come nel ventre di una madre”, il titolo del suo ultimo romanzo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio