Una
mattinata d’agosto, in una piccola città, ai tavolini esterni di un caffè. Lei – una neolaureata di quasi ventisei
anni, appena uscita dalla biblioteca civica – è corsa a salutare due vecchi
amici. Due ragazzi da oratorio, irrinunciabili
presenze ai campi-scuola parrocchiali, quando lei era adolescente. Davanti a loro, tazze vuote di cappuccino. Uno
è un ragazzo di poco più giovane di lei; l’altra,
una sua coetanea, che ha sposato il fidanzato storico ed è coronata da un bel
pancione di sei mesi circa.
«Ecco… non sapevo di questa bella
notizia!» esclama lei, a questo
proposito. «Eh… per sapere certe cose, devi venire qui, nella tua ***» commenta
il ragazzo.
«Effettivamente,
in questo periodo, risiedo qui in pianta
stabile…»
«Ah!»
Cominciano
gli scambi di buone nuove: altri
matrimoni (più o meno attesi), lavoro, viaggi in programma, consigli per la
cura della pelle.
«Sai
già se sia maschio o femmina?» domanda volubilmente lei all’amica incinta.
«Non
ancora» risponde questa, accarezzandosi il pancione.
«Meglio.
Del resto, tu non sei di quelli che sono ossessionati dalla questione…»
«Già,
davvero!» esclama la mamma in attesa. «C’è gente che fa cose ASSURDE… Non
appena conoscono il sesso del bambino, gli preparano la cameretta tutta in azzurro, o tutta in rosa… Dico io: a cosa serve? Un neonato nemmeno vede di
che colore sia quello che ha intorno… non si fa certi problemi…»
«Ecco»
chiosa lei. «Casomai sentissi parlare
di binarismo, sappi che è esattamente
questo».
La
gestante ammicca: «C’è anche nei negozi…»
«Già.
Chissà perché, poi…» prosegue lei. «Per
esempio: non ho bisogno di una penna a sfera pensata appositamente per le signore. Ho cinque dita
esattamente come lui» (e indica il giovanotto) «e posso benissimo scrivere con
le stesse biro». (Casomai qualcuno pensasse che si tratta – a proposito! – del sesso degli angeli, il riferimento è
questo).
«Io
avevo le stelline sulla finestra, da bambino…» rimembra l’unico maschio della
situazione. «Beh, quello ci può stare!» approva la futura mamma. «Magari,
quando si è piccoli e si ha paura del buio…»
«O
le apine sulla culla!» ride lei. «Anzi,
io avevo gli uccellini. I miei
genitori avevano già indovinato i miei gusti».
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