Passa ai contenuti principali

iRose: quando il cuore alza la voce

iRose band Quello degli iRose è un pop rock dal sapore romantico. La band romana ha pubblicato l’album omonimo, contenente dieci brani. Essi sono eseguiti dalla voce di Paolo Borgi, dalla chitarra di Riccardo De Angelis, dal basso di Gabriele Persi e dalla batteria di Fabio Latini. 

            Il modo in cui è scritto il nome del gruppo, nonché titolo del CD, ricorda l’iPhone, la “modernità ultimo modello”. Ma, al posto di quel “Phone”, c’è il nome della regina dei fiori, la rosa. L’illustrazione di copertina è strutturata come un logo, una sorta di cuore a metà. Se lo si guarda con attenzione, si scopre che l’immagine è composta da quattro profili che alternano il sorriso alla malinconia. Fra l’altro, in inglese, “I rose” significa “Mi sono alzato”. C’è molta voglia di alzarsi e inseguire sogni, in questo album. Non ho più alibi esprime l’impossibilità di sottrarsi a un amore che sta già dominando l’esistenza… ma per arricchirla, non per schiacciarla. Il treno per l’aurora parla invece della voglia di fuggire da se stessi, o forse di correre incontro a qualcuno… Oltre, sin dal titolo, contiene quello slancio che è la cifra di tutto il CD. Per l’appunto, “appena oltre la salita” c’è una luce: ci si scopre a guardare in faccia il sole, mentre si spiegano le proprie ali, pur rimanendo sempre con la protezione della persona amata (Tra le mie mani). Talvolta, però, portare qualcuno “oltre il limite” significa renderlo vulnerabile.

            A volte, bastano anche i Silenzi, quando si è Insieme. Soprattutto, grazie alla forza di un legame sincero, “il futuro non è un miraggio”. Sempre Di cuori protesi si parla, che siano protesi verso la liberazione dalle pastoie emotive o verso una persona della quale non si può più sminuire l’importanza nella nostra vita. Un Sogno d’amore non sopporta di restare nel cassetto. Il suo compito naturale è quello di trasportarci Tra le nuvole, dove “sento il tuo profumo confondersi al mio”. Sulle nuvole o sulla terra che sia, il contrassegno dell’amore è che fa dire: Sei sempre dentro di noi.



Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio