È una
storia proverbiale: Cassandra,
figlia del re troiano Priamo, fu amata da Apollo,
che le diede il dono della profezia. In cambio, avrebbe dovuto concedergli i
suoi favori; ma non lo fece. Dato che costa caro non mantenere le promesse agli
dei, la ragazza pagò col castigo di non essere creduta. Queste vicende si
trovano nella Biblioteca attribuita
ad Apollodoro (libro III ed epitome); le riassume anche Eschilo, nell’Agamennone (vv. 1202 ss.). Ne dà una gustosa versione anche Mariangela
Galatea Vaglio, nel suo blog Il nuovo
mondo di Galatea.
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Giovanni Domenico Cerrini, Apollo e la Sibilla cumana (prima metà del XVII sec.) |
Sarà una mia malattia mentale, ma
anch’io tendo a sentirmi molto vicine le figure dei miti - greci e non solo. D’altronde,
il linguaggio mitologico, per quanto diverso a seconda di epoche e culture,
affonda in una comune capacità umana: quella di parlare per immagini e
narrazioni. Una volta acquisita familiarità con le opere letterarie antiche,
dei ed eroi sembrano quasi parenti.
Apollo,
in particolare, non può lasciarmi indifferente. Un po’ perché era il dio della
poesia e io scrivo poesie. Un po’ perché autori e pittori lo dipingono come un
giovane perfetto e affascinante - e vallo a buttare via! Un po’ perché mi
capita di trovare un che di “apollineo” in talune persone che amo, o di
desiderare pazzamente quella chiarezza d’ingegno e visione che caratterizzava
questa figura.
Soprattutto, mi affascina l’apparente
contraddizione che ritrovo nella sua storia d’amore deluso con Cassandra e che
rileva anche la buona Galatea:
“Tu che sei bella, ma anche intelligente
ed assennata, di quel possibile matrimonio intuisci subito i lati oscuri. Sì,
certo, lui è bello, ed è dio, ma tu, appunto, sei mortale. All’idea di lasciare
la tua casa ed il mondo, infilarti nell’empireo degli dei che da sacerdotessa
conosci bene anche nei loro momenti poco simpatici, ti prende l’ansia. Il
fidanzato, come dono di nozze, ti ha regalato la capacità di prevedere il
futuro, e quel futuro che vedi ti spaventa. Ti senti inadeguata ed inadatta, e
capisci che sarai infelice.Allora, con tutto il tatto possibile,
fai l’unica cosa che ti sembra razionale, confidando che il dio della
razionalità capirà le tue ragioni. Gli dici di no.Apollo, molto razionalmente, si incazza.”
Molto razionalmente, si incazza. (Capite perché
amo questa donna?) Con questa frasetta, è già detto tutto. Tutta l’ambiguità di Apollo, che, non a caso,
era detto Λοξίας: da λοξός, “equivoco, oscuro”. Era l’ispiratore degli oracoli,
enigmatici per loro natura. Oserei dire che è anche il senso di mistero e
stupore che coglie davanti alle manifestazioni di genio (un’architettura
grandiosa, un poema immortale…). Quello che ti fa dire: “Però! Da dove tirerà
fuori certe ideone?”
Ora,
davanti a uno come Apollo, non è il caso di stupirsi troppo. Egli personifica
quell’intelligenza che si trova, volente o nolente, ad essere “più avanti degli
altri”: come si può pretendere di capirla? Di decifrarla fino in fondo? Tutto
quel nitore e quell’armonia matematica, visti dalla prospettiva di chi non ci capisce
granché, sono misteri passibili di diavoleria.
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Evelyn De Morgan, Cassandra (1898?) |
Quanto all’ “incazzarsi”, non è che
alle personalità apollinee questo capiti spesso. Praticamente, non perdono mai
le staffe. Non si arrabbiano per il “cornuto” che le sorpassa nelle strade
strette, per il ritardo del treno o per l’attesa al ristorante. Trovano sempre
il modo di cavarsela senza nemmeno spettinarsi. Davanti alle scappatelle del
partner o alla fine di una storia sentimentale, se ne fanno una ragione. Non
salterà mai loro in mente di farti una scenata telefonica, di ficcare il naso
negli affari delle vecchie fiamme o di rovinare le buone compagnie coi propri
rancori. A noi comuni mortali, non sembrano nemmeno reali.
Solo
una cosa le fa imbufalire tremendamente: i conti che non tornano. Gli anelli
mancanti. I puzzle incompleti. L’apparente incoerenza di un discorso del quale,
al momento, non si trova la chiave di lettura. Tutto ciò che trovano dismisura,
eccesso ed eccezione rispetto a quell’armonia che hanno sempre negli occhi.
Possono quasi ammalarcisi - per un attimo, eh… Troveranno il bandolo della
matassa anche lì.
A
noi miseri mortali, verrebbe talor voglia di prenderle a schiaffi, queste
persone apollinee. Perché non resistono alla tentazione di metterci busti
troppo stretti per noi, di volerci far andare diritti anche sulle nostre strade
curve. Ma non vogliate loro male… Non lo fanno apposta. Sono fatte così. È la loro natura, la loro interna ragion d’essere.
D’altronde, se non ci fossero loro, chi ci darebbe quell’appiglio di chiarezza
e razionalità nei momenti più neri? Chi ci calmerebbe con la parola giusta, o
ci darebbe il consiglio salvatore? A patto di non divenirne succubi, sono
appoggi preziosi. Anche se sembrano tremendamente compiaciuti di se stessi, gli
“Apolli” non lo sono affatto. Sono, anzi, molto
soli. Di quel tipo di solitudine che è toccata a Cassandra.
Pessima idea, quella di unirsi al
dio senza consumare le nozze fino in fondo. La sua intelligenza è divenuta
parte di te, Cassandra; non se ne andrà più via. Ma non è stata coronata dalla
comprensibilità e dal riconoscimento altrui. Le tue parole hanno sempre
ragione, ma non hanno senso alle orecchie di chi dovrebbe riceverle. Un genere
di genio che somiglia pericolosamente alla pazzia.
Scherza
coi cicisbei e lascia stare gli dei. Meglio sposarli definitivamente, quando li
si incontra, o lasciarli perdere. Al limite, ne trarremo una piacevole
chiacchierata. Come questa.
Apollo, come ogni divinità, può essere benefattore, così come distruttore (sempre in un'ottica propositiva ed ordinata comunque).
RispondiEliminaRifletterei su un'altra figura visionaria, ma che non rifiuta affatto il Dio: la Pizia. Presso l'Oracolo di Delfi la Pizia era anche affiancata da sacerdoti di Apollo, la cui funzione era tra l'altro quella di comprendere e "tradurre", quello che la Pizia comunicava. Quindi abbiamo sì, una parte visionaria in diretto contatto con la divinità, ma coadiuvata da una funzione ordinatrice. Del resto Apollo è portatore di luce, e dunque di comprensione.
La questione non è tanto se Apollo abbia punito Cassandra, ma piuttosto: cosa ha implicato per Cassandra rifiutare la divinità?
Lei aveva già ricevuto il dono della profezia dal Dio, ma tuttavia rifiuta il Dio stesso, e dunque potremmo forse dire, ciò che Apollo rappresenta: quella luce e forza ordinatrice su ciò che è altrimenti incomprensibile. In altre parole potremmo dire che Cassandra è artefice ella stessa della propria sorte.
Apollo non è solo il dio della razionalità, ma anche quello del suo opposto, la follia. Ma la follia apollinea non si manifesta, come quella dionisiaca, attraverso l'esplosione e l'esaltazione dell'aspetto fisico dell'ebbrezza, del menadismo, della liberazione attraverso gli istinti scatenati. La follia destata da Apollo è mentale e si manifesta attraverso la poesia nelle sue diverse forme personificate dalle Muse. Nessuno sa spiegare il perché, la motivazione della poesia; nessuno sa come, quando e perché si manifesti. "Deus, ecce deus" è il grido che annuncia la presenza di Apollo attraverso la bocca del vate. Apollo è fratello di Dioniso ed entrambi condividono il santuario di Delfi, l'uno d'estate, l'altro d'inverno.
EliminaApollo è un Dio che purifica (sia fisicamente che spiritualmente) ed eleva le anime, oltre ad illuminare la mente.
EliminaSe si dà uno sguardo ad esempio agli inni Orfici (Apollo, Helios, Asclepio, tutte forme del Dio), possiamo notare come tutta quest'ambiguità in realtà non ci sia. Lui anzi, come viene detto ad esempio nell'inno di Proclo, scaccia e punisce i "kakodaimones" che procurano mali agli uomini, e occorre qui ricordare che il concetto di follia (mania), non avesse mai un'accezione positiva nell'antichità e l'ispirazione poetica non veniva mai associata a questa. In realtà proprio il contrario.
Apollo è "guida delle Muse" e "Re del fuoco intellettuale". Per intelletto non dobbiamo intendere solo la razionalità comunque, ma capacità intellettiva in generale.
Riguardo alle Muse, mi limito a dire che esse vengano chiamate "figlie di Zeus e di Mnemosine/Memoria" e che il Dio del Sonno, Ipnos (che per inciso sarebbe una forma di Hermes), veniva anche detto "il più amato dalle Muse". Quindi potremmo dire che nella poesia abbiamo un forte legame soprattutto tra Apollo, le Muse ed Hermes, e del resto le due divinità, come viene raccontato nell'Inno Omerico, si scambiarono diversi doni legati all'arte ed in particolare alla Musica(etimologicamente: ciò che riguarda le Muse).
Riguardo a Dionyso, aggiungo, in realtà penso che sia opportuno distinguere tra l'estasi Dionisiaca e la follia propriamente detta. Effettivamente se volgiamo lo sguardo ad alcuni miti, come quello narrato nelle Baccanti di Euripide, sembra che piuttosto la follia sia sempre legata ad un allontanamento dalla divinità ed alla tracotanza degli uomini. Secondo Platone gli Dei non sono che buoni, quindi non è che mandino dei mali, piuttosto sono gli uomini che distanziandosi dagli Dei, se li procurano.
EliminaVi linko un paio di brevi articoli interessanti riguardo alla funzione teologica di Dioniso.
https://teologiaetradizione.wordpress.com/.../dioniso-e.../
https://teologiaetradizione.wordpress.com/.../trattato.../