Passa ai contenuti principali

Passaggi musicali

Passaggi musicali sotto i portici
della Biblioteca Civica di Manerbio
L’estate sta finendo… e sembrerebbe proprio un luogo comune da musica leggera. Di musica, comunque, stiamo parlando. Perché il Comune di Manerbio ha pensato bene di trasformare il passaggio di stagione in “Passaggi musicali”. Questo è il nome dell’iniziativa curata insieme all’associazione Periscope for Arts. Due sabati, il 26 agosto e il 2 settembre 2017, si sono trasformati in occasioni di aggregazione per i manerbiesi: sotto i portici che precedono l’ingresso della Biblioteca Civica, era possibile ascoltare le esibizioni di violinisti in erba, provenienti da Manerbio e dai dintorni. L’inizio assoluto è stato affidato proprio a una bambina, che ha eseguito brani semplici come “Fra’ Martino campanaro”. Fra le incertezze da principiante e il coraggio di esporsi in pubblico, l’età dei suonatori e la complessità delle melodie è cresciuta, fino ad affrontare pezzi come il celebre “Inno alla gioia”, che è stato suonato da un sestetto. In locandina, comparivano i nomi di Sergio Appiani, Caterina Grandi, Enrica Monfredini, Erik Kocilja, Arianna Zorza. Davanti ai convenuti, durante la prima delle due mattinate, ha preso la parola anche Roberto Cavagnoli: originario di Manerbio, ha conseguito il diploma presso la Scuola Internazionale di Liuteria a Cremona; in questa stessa città, ha il proprio laboratorio di liutaio. Ha illustrato i legni più adeguati per costruire violini: l’acero dei Balcani per la cassa armonica; l’abete della Val di Fiemme per la parte frontale (è più tenero e trasmette le vibrazioni delle corde); l’ebano (duro e poco consumabile) per tastiera, piroli e cordiera. Il legno d’acero è anche abbellito dalla marezzatura, un effetto di chiaroscuro creato dalle sue sinuose venature. 
            Oltre al violino, anche il mandolino ha fatto la propria comparsa (giusto per non perdersi niente dell’italianità musicale). Su di esso, il 26 agosto, Mattia Brusinelli ha eseguito una delle fantasie di G. Ph. Telemann (Magdeburgo, 1681 – Amburgo, 1767)  per violino solo e senza basso. Le corde (del cuore) si suonano in molti modi.


Paese Mio Manerbio,  N. 124 (settembre 2017), p. 6.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italiana: i