Una scena da: "La locandiera" di C. Goldoni. Fonte: Proximares.it |
Dopo il “Tartufo” di Molière, i manerbiesi hanno degustato un altro capolavoro della
commedia: “La locandiera” di Carlo Goldoni (1753). Il Politeama l’ha
programmata per il 9 marzo 2018. L’ha inscenata la compagnia “Proxima Res”, con
la regia di Andrea Chiodi (disegno luci: Marco Grisa; scene e costumi:
Margherita Baldoni; musiche: Daniele D’Angelo; con: Caterina Carpio, Tindaro
Granata, Mariangela Granelli, Emiliano Masala, Francesca Porrini). La
Biblioteca Civica ha ospitato una serata d’introduzione allo spettacolo. Essa
era firmata, oltre che dal Comune, dall’Associazione Amici della Biblioteca di
Manerbio e dal gruppo di lettura “Libriamoci”. Il 7 marzo 2018, “La locandiera”
è stata così presentata dalla lezione della prof.ssa Annamaria Bertoni.
L’inizio ha illustrato due particolarità della messa in scena curata da
“Proxima Res”: un tavolo, che, con la sua perenne presenza, definirà il “sopra”
e il “sotto”, il “detto” e il “non detto”; bambole che richiameranno il gioco
preferito di Goldoni, quello che fece probabilmente nascere la sua passione per
il teatro.
La prof.ssa Bertoni ha
contestualizzato “La locandiera” nel suo secolo: quello dell’arte volta
all’indagine del “vero”, senza orpelli ed esagerazioni; quello
dell’affermazione della borghesia produttiva contro l’aristocrazia
parassitaria. Carlo Goldoni (Venezia, 1707 - Parigi, 1793) non fu un
rivoluzionario; ma fu uomo del suo tempo, nella critica alla nobiltà,
nell’esaltazione della vita laboriosa e onesta, nel realismo artistico.
Goldoni è ricordato per la sua
riforma del teatro. All’epoca, era ancora viva la “Commedia dell’Arte”: la
professione attoriale concepita come capacità di improvvisare, basandosi su un
canovaccio e su tipi fissi (le famose “maschere regionali”). Goldoni abolì
gradualmente le maschere. Richiese agli attori di imparare la parte a memoria.
I personaggi acquistarono una fisionomia psicologica complessa.
La prof.ssa Annamaria Bertoni presenta "La locandiera" a Manerbio (BS). |
Nella
“Locandiera”, il ruolo della protagonista è ritagliato su misura dell’attrice
Maddalena Marliani. Questa era specializzata in ruoli di servetta: pungente e
seducente, capace di gabbare i padroni. La locandiera Mirandolina è, appunto,
una donna senza blasoni, dal grande senso pratico, in grado di burlarsi dei
nobili che aspirano ai suoi favori o che la disprezzano. Non più giovane,
laboriosa, indipendente: sembrerebbe un’ideale di borghese e di donna
emancipata. Peccato che nasconda un lato oscuro, sottolineato dall’autore
nell’introduzione alla commedia: è una seduttrice seriale. Non perché sia
attratta dalle sue prede (non ha bisogno di uomini e lo ribadisce più volte),
ma per affermare se stessa. Per di più, osa farlo in nome del genere femminile
(Atto I, scena IX). Nonostante si decantino la “freschezza” e il “brio” delle
opere goldoniane, esse non sono prive d’un fondo feroce: i rapporti fra i
generi, così come quelli fra le classi, sono all’insegna della lotta. Una lotta
sotterranea, non dichiarata, ma che non manca di far le sue vittime.
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