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L' "Ercole amante" di Cavalli al Teatro Ponchielli di Cremona

Il Monteverdi Festival, oltre al compositore eponimo, ha omaggiato altri grandi della musica barocca. Il 27 e il 29 giugno 2025, il Teatro Ponchielli di Cremona ha dunque proposto l'Ercole amante di Francesco Cavalli (Crema, 1602 - Venezia, 1676). Una regia moderna e acuta che ha stupito piacevolmente, come quella de Il ritorno d'Ulisse in patria. Era firmata da Andrea Bernard, assistito da Tecla Gucci Ludolf. Le scene erano di Alberto Beltrame (assistito da Giulia Turconi); i costumi di Elena Beccaro (assistita da Emilia Zagnoli), le coreografie di Giulia Tornarolli, le luci di Marco Alba. La parte musicale era affidata all'Orchestra e Coro Monteverdi Festival - Cremona Antiqua. Al clavicembalo, dirigeva Antonio Greco.

Ercole amante di Cavalli: genesi e contesto


Cavalli compose l'Ercole amante per le nozze di Luigi XIV di Francia con l'Infanta di Spagna Maria Teresa d'Asburgo. Il matrimonio fu festeggiatissimo, non solo perché regale, ma anche e soprattutto perché portava la pace fra due vicini burrascosi. L'Ercole amante di Cavalli (su libretto di Francesco Buti) poté però essere rappresentato solo due anni dopo, il 7 febbraio 1662, al Teatro delle Tuileries. 
Il soggetto mitologico permetteva di accostare lo sposo Luigi XIV a un grande eroe, destinato a nozze divine. Eppure, nonostante il motivo encomiastico dichiarato nel Prologo, il nocciolo del melodramma è costituito dalle contraddizioni e dai conflitti del matrimonio. 
Due sposi in abiti nuziali si guardano tristemente, in un ambiente lussuoso, ma in penombra. Un modo per alludere alla coppia scoppiata al centro dell' "Ercole amante" di Cavalli.



Ercole amante: un eroe che non sa amare


Chi è Ercole? È l'eroe della forza per eccellenza. Risplende finché si tratta di lottare con le belve e sopportare immani fatiche. Ma, quando si tratta di affetti, lo stesso smisurato vigore che ha ereditato dal padre Giove diviene un malus. Più che amare, Ercole desidera, pretende e conquista. Ecco, dunque, che non può sopportare il "no" di Iole, la giovane principessa a cui lui stesso ha ucciso il padre. Ecco perché non si cura né dei sentimenti della moglie Deianira, né di quelli del figlio Hyllo, legato a Iole. Una passione così cieca e smodata non può che avere esiti tragici, come c'insegna anche la cronaca contemporanea.

La regia di Andrea Bernard al Teatro Ponchielli di Cremona


Al Teatro Ponchielli di Cremona, il regista Andrea Bernard ha colto il trait d'union fra i molti personaggi del complesso dramma: il matrimonio. Ercole (Renato Dolcini, basso) è sposato con Deianira (Shaked Bar, soprano). Ma, ormai, tutti i suoi pensieri sono per Iole (Hilary Aeschliman, soprano). Aveva già chiesto la mano di quest'ultima al re suo padre. Ma lui, per rendere felice la figlia, aveva preferito fidanzarla con Hyllo (Jorge Navarro Colorado, tenore). Ercole aveva risposto uccidendo il re.
Iole continua a respingere le avances del brutale eroe e ad incontrarsi segretamente con Hyllo. I loro amori fanno scoprire la forza di questo sentimento a un giovane paggio (Maximiliano Danta, controtenore). Deianira, sconsolata, si affida ai consigli del fedele domestico Licco (Danilo Pastore, controtenore). In tutto questo, intervengono anche le divinità, come in ogni mito che si rispetti. Venere (Paola Valentina Molinari, soprano) favorisce le brame amorose di Ercole; Giunone (Theodora Raftis, soprano) si schiera invece con Deianira e coi due giovani innamorati. 
Una giovane sposa è triste, mentre due uomini alle sue spalle la fissano: un'allusione a Iole, contesa fra Ercole e Hyllo.


Questa trama, che nulla ha da invidiare alle soap opera più intricate, è stata ambientata da Bernard durante un moderno ricevimento nuziale. Il Prologo ha visto i due sposi litigare e dividersi, sotto gli occhi imbarazzati degli invitati. Questi hanno risposto al disagio intonando discorsi encomiastici, con tanto di realistica goffaggine al microfono. L'aspetto caustico e tragicomico dell'Ercole amante era riassunto in questo inizio. Del resto, Ercole (col nome greco di Eracle) era già un personaggio tragicomico in un'altra opera sul matrimonio, l'Alcesti di Euripide. Ma questa è un'altra storia.
Momenti di umorismo erano disseminati anche per il resto del melodramma. Si pensi al flirt fra il Paggio e Licco, nonché alla stessa interpretazione queer di quest'ultimo: elegantissimo e sbarazzino allo stesso tempo, nei suoi abiti da signora. Irresistibile Venere: come descrivere la sua grazia rococò venata di sfacciataggine?
Ma più notevole ancora è stato l'espediente di un teatro nel teatro, per fare da portale fra il regno degli uomini e quello degli esseri sovrannaturali. Da qui, non uscivano solo gli dei, ma anche l'ombra di Eutyro, padre di Iole (Federico Domenico Eraldo Sacchi, basso): lasciava senza fiato con le sue movenze da zombie, tra i fumi e le fiammelle di un buio cimitero. Le divinità, invece, indossavano costumi da teatro barocco: immortali e congelate nel tempo quali erano, ma anche pronte a trasformare qualsiasi situazione in un gioco scenico, fatto di trucchi e stratagemmi. In un mare in tempesta, pronto a inghiottire il disperato Hyllo, Giunone è arrivata in vasca da bagno e Nettuno (Federico Domenico Eraldo Sacchi, basso) si è presentato mentre le Nereidi gli radevano la barba. Per loro, in fondo, quel gioco di forze immani era mera quotidianità. Perfino i Venti dispettosi rincorrevano il Paggio navigante impugnando... pistole ad acqua.
Come si è conclusa la vicenda? Insperabilmente bene, ma a caro prezzo. Non sono tuttavia mancati né il lieto fine per gli innamorati, né l'apoteosi di Ercole: pessimo uomo, ma eroe indimenticabile. Ci piace ricordarlo nell'Olimpo, sposato con la Bellezza. Intanto, sulla Terra, il bouquet di Iole è volato fra le mani... di Licco. Segno di un ulteriore coronamento romantico, mentre sono risuonate nella memoria le parole di Nettuno a Hyllo:

Amanti che tra pene  
ogn'or gridate ohimè:
perché bramate di morir, perché?
Ah non negate mai fede alla spene.
Per chi vive il ciel gira,
e non sempre un sospira,
anzi lieto è tal'or chi mesto fu,
ma per chi more il ciel non gira più.

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